De Vinculis In Genere
da Giordano Bruno
dal Sito Web
GiordanoBruno
C'è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una
teoria universale delle cose, per essere in condizione d'incatenare
l'uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l'epilogo. Nella
specie umana è possibile invero scorgere le specie di tutte le altre
cose, soprattutto per via proporzionale o numerica; a modo di
esempio, infatti, alcuni degli uomini si rapportano ai pesci, altri
agli uccelli, altri ai serpenti o rettili, vuoi secondo genere, vuoi
secondo specie.
A ciascuno degli uomini, poi, tocca per accidente
diversità d'uso, di consuetudine, di scopo, d'inclinazione, di
temperamento, di età: e così come favoleggiano di Proteo e di Acheloo, è possibile immaginare uno stesso soggetto in atto di
trasmigrare di forma in forma, di figura in figura; sicché a
vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di
nodi.
Si aggiunga inoltre la valutazione dei modi di vita degli
uomini: i quali sono giovani o vecchi; e, quanto a collocazione
civile, mediocri o nobili e ricchi e potenti e fortunati; e supponi
ancora che siano invidiosi e ambiziosi; o soldati e mercanti ed
altri di tal fatta, posto che sono queste le persone che si assumono
nei vari ruoli della civile amministrazione, dove si adoperano come
mezzi o strumenti, ponendosi quindi la questione del vincolarli a sé.
Non pare, insomma, che vi sia realtà alcuna che sfugga ad una
riflessione sui rapporti civili in questa prospettiva: nella misura
in cui gli uomini vincolano o sottostanno a vincoli o sono essi
stessi vincoli o circostanze vincolanti.
Perciò abbiamo aggiunto
questo intreccio di riflessioni, che s'intitola Il vincolo in
generale.
Le forze che legano, in prospettiva
generale
I. Specie delle forze che legano.
Le forze che legano in prospettiva universale sono il Dio, il Demone,
l'Animo, l'Essere animato, la Natura, la Sorte e Fortuna, infine il
Fato. Questo grande reticolo di vincoli, che copre l'universo e non
può essere designato con unica denominazione, non lega sotto specie
e senso di corpo: il corpo infatti non percuote il senso da sé, ma
attraverso un genere di energia che nel corpo risiede e dal corpo
procede. E questa energia che metaforicamente si designa come la
mano che lega: e questa che, con varia preparazione, si piega ed
orienta a gettare i suoi lacci.
II. Effetti delle forze che legano.
Questa è la forza che legando, come dicono i platonici, adorna la
mente con l'ordine delle idee; colma l'animo con l'ordinata sequenza
delle argomentazioni e coi discorsi ben calibrati; feconda la natura
con semi svariati; dà forma alla materia con la varietà infinita
delle sue situazioni; vivifica, placa, accarezza, stimola ogni
realtà; ed ogni realtà ordina, promuove a vita, governa, alletta,
infiamma; ed ogni realtà muove, e apre, e riempie di luce, purifica,
gratifica, porta a pienezza.
III. Si lega con l'arte.
L'artefice lega con l'arte: poiché l'arte è la bellezza
dell'artefice. Davvero, come torpido e ottuso vede la bellezza delle
cose naturali e di quelle prodotte dall'arte colui che
contemporaneamente non intuisce l'ingegno che tutte le ha poste in
essere e non sente ammirazione per esso. A uno così "le stelle non
narrano la gloria di Dio"'; sicché non a Dio, ma agli effetti di Dio
con anima da bruto) egli dedicherà la sua tenerezza ecc.
IV. L'uomo si lega in molti modi.
Tra le cose che hanno la capacità di legare, un numero maggiore,
come è giusto, lega gli uomini che non gli esseri bruti; un numero
maggiore gli esseri di ingegno più vivo che non quelli più ottusi:
giacché i primi abbondano di facoltà e potenzialità più numerose,
hanno l'occhio volto a più parti, circostanze e scopi,
conseguentemente sono trascinati da impulsi più numerosi.
V. Il senso è mezzano per il vincolante.
Libidine rada e stimolata dal solo impulso naturale lega l'uomo
ottuso. Il suo alimento si limita a poche varietà e grossolane. Non
lo addolcisce il fine parlare, non lo stuzzicano le delicatezze
d'amore, la musica, la pittura, tutte le altre leggiadrie di natura
non lo toccano.
VI. Perché non basta un solo vincolo.
Da più cose, dunque, io sono avvinto, più persone, perciò, sento che
mi avvincono, perché diversi e distinti sono i gradini della
bellezza. Assieme costui da una parte, altri da altra parte, mi
bruciano e avvincono con varia ragione. Se ogni ragione si
agglomerasse su una persona sola, forse per tutti e fra tutti una
sola persona mi piacerebbe. Ma finora ciò non ha permesso natura,
preferendo distribuire separatamente lacci di bellezza, ilarità,
bontà e degli stati diversi e contrari a questi, e offrirli
distintamente e separatamente secondo la molteplicità delle parti
della materia. Accade invero talvolta che uno si incateni ad un solo
oggetto (vuoi per torpidità di senso, cieco e pigro a tutti gli
altri aspetti del reale; vuoi per vigore di un solo legame, che lo
inchiodi e stritoli in maniera tanto esclusiva, che in conseguenza
la sensibilità per le altre cose si allenti, si sgretoli, sparisca).
Ma questo capita raramente e a pochi: come ad alcuni, che per
speranza di vita eterna o per certo fervore di fede o convinzione
sono apparsi così rapiti in animo, così disgiunti, in certo senso,
dal corpo, così vigorosamente catturati dall'oggetto cui si erano
legati in pensiero e fantasia, che hanno dato l'impressione di non
avvertire neppure l'orrore dei tormenti: come è manifesto nel caso
del filosofo Anassarco e nel galileo Andrea e nel presbitero Lorenzo
e in altri che, anche nel nostro tempo, per un simulacro di
religione, si sono fatti sicari di re e di principi. Ma con appoggio
di ragione in Diogene cinico ed in Epicuro: che incatenato il loro
animo secondo questo criterio, con disprezzo delle cose e delle
parvenze d'opinione, in conformità a principi ed ordini di natura,
rimuovevano le sensazioni di tutti i piaceri e di tutti i dolori..,
e ritenevano di aver raggiunto il sommo bene che in questa vita è
concesso alla condizione umana, quando conservavano il loro animo
librato in una sorta di voluttà eroica, oltre il dolore, oltre il
timore, e l'ira e le altre grigie emozioni; e disdegnando le cose
ignobili di questa vita, fluttuanti nella temporalità,
testimoniavano di aver toccato una vita simile a quella degli dei
anche in questo corpo mortale; e così ritenevano di aver conseguito
per sé e di aver indicato agli altri il bene più alto, la virtù più
sublime.
VII. Perché a chi lega occorre genio.
Si dice che colui che vincola con superiorità di genio vincola
altrui senza essere vincolato a sua volta; e che il vincolo
reciproco è proprio di due ingegni che stanno in equilibrio e che
esso, insomma, risiede, per così dire, in un equilibrio di qualità.
Ma secondo questa opinione conseguirebbe che il genio muta e si
altera di continuo secondo che si alterano forme, temperamenti e
specie: perché chi avvince essendo fanciullo, non avvince alla
stessa maniera quando è giovane; e quello che la fanciulla
affascinava non ne subisce più il fascino quando essa è donna fatta.
Non va quindi ricondotto ad un solo e semplice principio il legame
di un essere composito e naturalmente vario e costruito persino di
contrari.
VIII. Chi è vincolato più facilmente.
L'uomo, che sia autenticamente uomo, è vincolato soprattutto
dall'aspetto delle cose più degne. E a lui piace assai più vivere
nell'attesa di queste cose più degne, che nell'effettivo possesso
delle cose vili. Della fruizione di queste facilmente proviamo
nausea; ma in quale fiamma ci consumiamo per quelle che non si
prestano a facile possesso!
IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie.
Confusi, e in un certo senso anche contraddittori, sembrano essere i
vincoli pur provenienti da uno stesso genere di vincolante, quando
si guardano i contrastanti effetti ed affetti del vincolo. Si
consideri, ad esempio, colui che è imbrigliato dai vincoli di Cupido:
lo si vedrà pur da un solo ed identico fuoco, pur dalla percezione
di un solo ed identico legame, spinto a grida e silenzio, letizia e
tristezza, speranza e disperazione, timore e audacia, ira e mitezza,
pianto e riso. Da ciò i versi: Io che porto d'amor l'alto vessillo Gelata ho speme e li desir cocenti, A un tempo agghiaccio e fremo, ardo e sfavillo E, muto, colmo il ciel de strida ardenti. Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stillo, E vivo e muoio, e fò risa e lamenti; Ho vive l'acqui e l'incendio no' more Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.
X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo.
Nulla è assolutamente bello, se vincola in quanto gioioso, nulla
assolutamente buono, se vincola in quanto utile, nulla assolutamente
grande, se è finito. In materia di bellezza guarda come lo scimmione
piaccia alla scimmia, il cavallo alla cavalla, e come neanche Venere
possa piacere a specie diversa dagli uomini e dagli eroi. In materia
di bene considera come tutte le cose constano di contrari, come per
alcuni dei viventi le cose buone si trovino sotto le onde, per altri
nell'asciutta terra; per alcuni tra i monti, per altri nelle pianure;
per quelli negli abissi, per quegli altri sopra le alte vette.
XI. Chi vincola.
Di conseguenza, sa vincolare solo colui che penetra la ragione di
tutto; o almeno natura, disposizione, inclinazione, e attitudine, e
utilità e scopo di quella particolare realtà che deve essere
vincolata.
XII. Nessun particolare vincola tutto.
Ciò che è bello e buono e grande e vero in assoluto vincola in
assoluto ogni affetto ed ogni intelletto. E ancora: non si lascia
sfuggire nulla, abbraccia tutto, tutto investe di desiderio; ed è a
sua volta desiderato e ricercato da più esseri, perché il suo vigore
si manifesta con vario genere di vincoli. Quindi noi desideriamo
fruire dell'abbondanza di più arti, non perché sia l'essere in
universale che genera stanchezza, ma quest'essere qui, fatto in
questo modo, quell'altro là, fatto in quel modo. Non dandosi dunque
alcuna cosa particolare che sia assolutamente bella, buona, vera ecc.
e nulla essendovi, non solo al disopra del genere, ma neppure entro
il genere e la specie, che possa vincolare in maniera semplice
attraverso parità di livelli, nondimeno l'aspirazione al bello, al
buono ecc. è in tutte le cose; infatti tutte le cose aspirano ad
essere assolutamente e sotto ogni aspetto belle, almeno secondo la
condizione del proprio genere e della propria specie. Diversa è
infatti la bellezza e la bontà di una specie da quella di un'altra;
e in questa domina uno dei contrari, un altro in altra. E tutta la
bellezza e tutta la bontà, anche di una sola specie, non si può
conseguire che nella totalità della specie e attraverso tutta
l'eternità, inseguendola per tutti gli individui singolarmente presi
di quella specie. Dimostrò ciò, a proposito della bellezza umana, il
pittore Zeusi, che compose la sua Elena di parecchie fanciulle di
Crotone. E invero, posto anche che potesse darsi una fanciulla bella
sotto ogni riguardo, una beltà completa, come potrebbe essa
rappresentare il bello in generale, constatandosi che nella
femminilità sono presenti varianti innumerevoli di bellezza del
corpo, delle quali in un solo soggetto si raccolgono solo alcune? La
bellezza, infatti (consista essa in una cosiddetta misteriosa
simmetria o in qualche altra cosa incorporea che pur traspare nella
natura corporea), è una realtà molteplice che germina da radici
innumerevoli. Quindi: come la grumosità di una pietra non quadra,
s'accorda, si lega, con la grumosità di qualsiasi altra pietra, ma
solo quando coincidono rientranze e sporgenze; così non qualsiasi
aspetto troverà albergo in qualsiasi animo. Dunque individui diversi
soggiacciono al vincolo di oggetti diversi; e anche se è identico
l'oggetto che vincola Socrate e Platone, esso vincolerà diversamente
l'uno e l'altro; e certe cose scuotono la moltitudine, certe altre
solo poche persone; e altre gli uomini e le nature virili, altre le
donne e le nature femminee.
XIII. Vari strumenti di chi vincola.
La natura ha disperso, diviso, in un certo senso disseminato alla
ventura oggetti di bellezza, bontà, verità e dignità; perciò più
persone possono vincolarci per più ragioni e in relazione a diverso
fine. Ci vincola e ci si rende amabile il buon agricoltore, per
altra ragione ci tiene legati un cuoco o un soldato, un musicista,
un pittore, un filosofo, un ragazzo; e questa ragazza perché sì
muove bene, quella perché parla meglio. Ora, non c'è alcuno tra
costoro che da solo abbia tutto e sotto ogni aspetto; ma colui che,
secondo specie e guise, sarà trovato abile e fortunato in più cose,
quello avvincerà più persone, dominerà su più persone, e attraverso
più persone trionferà su tutto, all'interno della sua specie.
XIV. Opportunità di chi vincola.
Come si danno tempi diversi, ed occasioni diverse, e si succedono
diversi stati d'animo e la misura non è una sola e sempre la stessa;
così per converso non si dà alcunché che sia uno e semplice e di
qualità e quantità identica, che possa piacere ugualmente a tutti,
gratificare ugualmente tutti, o magari anche solo una sola persona o
persone singole in tempi diversi: per esempio, sempre lo stesso cibo
o la stessa quantità e qualità di cibo. E il criterio vale per tutte
le cose che vincolano il nostro desiderio.
XV. Differenze delle cose vincolanti.
E vi sono le cose che vincolano per virtù propria; ed altre che
vincolano per qualche loro proprio aspetto, che può essere una parte
o una quantità; ed altre ancora che vincolano in ragione di altra
cosa cui si affiancano, si subordinano, o rendono possibile: tale un
bell'edificio che si erge come risultato di parti senza forma.
XVI. Diverse posizioni di chi vincola.
Molte cose ancora ci sono, che pur essendo belle, ci legano tuttavia
in quanto buone: un cavallo, una nave, una casa, una statua, un cane
e un uccello. E un uomo bello non ci lega al punto di essere
ritenuto anche buono, come uno buono al punto di esser visto come
bello: infatti può accadere che alla bellezza si accompagni colpa ed
errore. Si faccia il caso di una donna bella e povera: è più esposta
a tentazioni, è più facilmente allettata dai doni. Diversa è la
regola dei diversi, contraria quella dei contrari, simile quella dei
simili.
XVII. Sedi di ciò che vincola.
Pensano alcuni, come i platonici, spingendo poco a fondo le
distinzioni, che l'elemento vincolante sia un'immagine della cosa,
che passa dalla cosa all'anima e tuttavia non si stacca dal suo
soggetto: come il fuoco, che non si affievolisce comunicando la
propria immagine, o appunto come una qualsiasi immagine che è prima
nel suo soggetto, poi nello specchio, poi nello spazio intermedio e
infine nell'occhio. Eppure, approfondendo la riflessione, troviamo
che nel corpo, in particolare nel corpo sensibile, c'è sì la
sostanza del vincolo, ma alla maniera dell'anima: la cui condizione
si manifesta nei suoi effetti e pur non occupa nel corpo alcuna
parte definita. E invero se la ferita d'amore proviene dagli occhi,
o dalla bocca o dal colorito, si vedrà tuttavia che non sta in
quelle sedi semplicemente, né si scopre partendo da quelle, né
proviene semplicemente da quelle: poiché gli occhi visti da sé e
separatamente non hanno la stessa forza che ricavano dalla
giustapposizione alle altre parti del volto; e considerazione
analoga vale per la bocca, il naso, il colore, che sulla tavolozza
del pittore potrà anche non piacere. Indefinita dunque e impossibile
a circoscriversi è la ragione della bellezza, e analogamente della
bontà; o della gioiosità. Per giunta non tutta la spiegazione del
vincolo è da cercare nel soggetto, bensì anche nell'altra parte non
meno importante: in ciò che viene legato. Infatti, dopo un pasto si
rifiuta il cibo che prima si consumava golosamente: e la qualità e
la sostanza del cibo non è mutata in nulla. I vincoli di Cupido,
urgenti prima dell'abbraccio, a seguito di una piccola emissione di
seme si fanno lenti e l'arsura si placa: eppure l'oggetto, il
bell'oggetto, rimane là, identico. Dunque non ad esso va ricondotta
la spiegazione generale del vincolo.
XVIII. Predisposizioni del vincolante.
Si dice che il vincolante si predispone a legare per tre vie: ordine,
misura, aspetto. L'ordine configura il rapporto delle parti, la
misura ne definisce il profilo quantitativo, l'aspetto si esprime in
figure, contorni, colori. Nel vincolo vocale, ad esempio, l'ordine
si manifesta nell'ascesa e discesa per grave, acuto e note
intermedie; la misura nelle richieste terze, quarte, quinte, seste
ecc. e nella progressione di toni e semitoni; l'aspetto in canorità,
soavità, chiarezza. In tutte le cose che hanno predisposizione ad
emettere vincoli, siano esse semplici o composte, queste tre vie
sono proporzionalmente presenti.
XIX. Diversità delle predisposizioni.
In riferimento ai vincoli, c'è anche un'altra predisposizione:
segnali, tracce, che si limitano ad indicare che l'animo è maturo; e
per questa via l'animo è stimolato a ricercare un rapporto solo
d'anima - contattare l'altro animo, unirsi ad esso - ; ma la grazia,
che ha le sue premesse nella disposizione del corpo e delle sue
parti o emana dalle vesti che avvolgono il corpo, incatena l'animo
alla ricerca della fruizione corporea. Quando poi le premesse sono
tanto nell'animo che nel corpo, spingerà con più vigore verso l'una
e l'altra fruizione, incatenerà con più vigore da entrambi i
principii. C'è chi è affascinato dall'animo a tal punto, che
desidera anche il corpo, vaso di quello. E pochi puntano più
all'animo, al punto da disprezzare anche qualsiasi aspetto corporeo,
se manchino le premesse d'animo: come la fama narra di Socrate, che
esigeva che il ragazzino grazioso si manifestasse a parole, prima di
decidere del proprio amore verso di lui.
XX. Condizione del vincolante.
Gli adulatori ingrandiscono le virtù modeste, sfumano i difetti,
scusano gli errori, riconducono le malefatte a ragioni di virtù:
tacendo tutto ciò cautamente, per non scoprire la propria arte
adulatoria. Così avviene che vincolino a sé le persone non
particolarmente avvedute: perché essere amato, essere onorato fa
grandissimo piacere a chiunque e il poter vincolare a sé qualcuno è
indizio di una certa superiorità qualitativa.
XXI. Com'è vincolato chi vincola.
C'è gioia, e c'è un certo sapore di gloria, in colui che vincola: e
tanto più grande, tanto più intensa, quanto più nobile e meritevole
e alto è l'oggetto del vincolo. E in quella gioia, in quel sapore di
gloria, poggia una valenza del vincolo, che fa sì che chi lega sia
legato a sua volta da chi è legato. I vincitori lodando gli oggetti
dei loro vincoli innalzano la propria vittoria, ingannando anche se
stessi, per non dire gli altri: e ciò si fa anche in amore e nelle
altre civili manifestazioni di vincoli. Oltre modo vile deve essere
una persona che non ricambi con gratitudine d'animo chi l'ama,
quando questi è meritevole e speciale o vincolato a lui in spirito
per altra ragione.
XXII. Distinzione del vincolante.
C'è un genere di vincolante, in forza del quale aspiriamo a divenire
degni, belli e buoni; ed altro genere, per cui desideriamo
impadronirci del buono, del bello, del degno. Il primo tipo di
vincolante proviene dall'oggetto di cui ci sentiamo manchevoli, il
secondo da quello che possediamo maggiormente. E tra questi tipi di
vincolante, non solo il bene vincola, ma la semplice opinione del
bene. E il vincolo è sempre indisgiungibile da un certo tipo di
proporzionamento e adeguamento. Addirittura ha più estesa efficacia
la fantasia e l'opinione che non la ragione; perché agisce con più
tesa energia di questa. E in verità molti che amano fuori del
contatto della ragione (il che non significa senza l'impulso di una
causa), sono certamente vincolati, ma ignorano da dove provenga il
vincolo.
XXIII. Cecità del vincolante.
Occulta anche in grandissima parte (e anche ai sapienti) è la
spiegazione dei vincoli: che vale infatti invocare analogia,
somiglianza, comunanza di genere e voci di questo tipo senza senso,
quando vediamo che l'uomo null'altro tanto odia quanto l'altro uomo,
suo compagno di sorte, l'essere più simile a lui, ma talvolta anche
null'altro tanto ama, e ciò per cause ignote? La spiegazione
generale che si adduce non significa nulla, visto che c'è assenza di
legame ed indifferenza tra cose che sono dello stesso genere e della
stessa specie, come tra femmina e femmina, tra maschio e femmina (e
aggiungi le condizioni di uomo fatto, di vecchio, di fanciullo). E
che dirai del tipo d'amore per cose di cui si ha soltanto cognizione
per sentito dire, che volgarmente viene descritto col termine "devozione"?
L'uomo non vi è forse incatenato a cose superne e immateriali, anzi
immaginarie e fuori d'esperienza? Tralascio di descrivere
specificamente l'aspetto della potenza dei vincoli, mi limito a
riferirmi alla potenza che si genera negli incantesimi. Né è vero
che derivi dal bene, come sostiene qualcuno, la forza di un vincolo,
visto che è più efficace il vincolo di una semplice opinione di bene;
e neanche quella che emana da causa manifesta, più che da causa
ignota. E abbiamo detto sopra come sono varie le differenze e le
specificazioni del bene.
XXIV. Industriosità del vincolante.
Come gli ignoranti si lasciano legare da un adulatore accorto più
che da un amico vero, così i vincoli e l'efficacia del vincolare si
costituiscono e si sostengono con l'artificio: quando, ad esempio,
uno sconsiglia la carriera militare a chi è timoroso, il sacerdozio
a chi è selvaggiamente empio, o consiglia di curare i propri
interessi a chi non ha amore per il prossimo; e, insomma, spinge le
cose nella direzione verso cui sono più inclini, come chi vuole
attirare a sè un cilindro lo rotola secondo il verso della rotondità
e non per i piatti e le cornici.
XXV. Armi del vincolante.
Le armi di chi vincola sono di tre tipi. Il primo tipo sta in lui, e
comporta due specie di armi: essenziali o naturali, vale a dire
quelle che provengono dalla natura della specie; ed accidentali o
aggiuntive, e cioè quelle che si associano alla natura della specie,
come sono la sagacia, la saggezza, l'arte. Il secondo tipo sta
attorno a lui: sorte, fortuna, caso, occorrenza, cose che ti vengono
addosso. Il terzo tipo sta sopra di lui: fato, natura e favore degli
dei.
XXVI. Vicenda del vincolante.
Fatte le debite proporzioni, in ogni operazione del vincolare
avviene ciò che sperimentiamo di continuo nel coito o nel cibo.
Siamo infatti attratti e vincolati da desiderio e amore per queste
cose, ma non sempre delle stesse e nello stesso modo e nella stessa
misura e con le stesse vicende di tempo. Infatti fluttua e precipita
assieme al tempo la nostra struttura fisica e tutto cio che alla
struttura fisica si accompagna. Quindi, con riflessione previdente e
anticipatoria, bisogna conoscere in tempo il momento del gettare il
vincolo, e cogliere con la maggior sveltezza la compresenza
dell'oggetto, in modo che chi può tendere un laccio lo tenda e lo
chiuda al più presto.
XXVII. Gli occhi del vincolante.
I vincoli sono sottili, ciò che viene soggetto a vincoli affiora
appena alla sensibilità dai suoi recessi profondi, ed è possibile
esaminarlo solo fuggevolmente come da una superficie, ed ancora è
soggetto a trasformazioni momento dopo momento, rapportandosi a chi
vuole imbrigliarlo nei suoi lacci non altrimenti che Teti quando
sfugge agli abbracci di Peleo: bisogna quindi cogliere il ritmo del
cambiamento, spiare nella forma che precede le potenzialità della
forma successiva. Per quanto infatti la materia sia indefinitamente
aperta a forme innumerevoli, tuttavia la sua forma presente non è a
distanza eguale da tutte le altre possibili: tra esse ce n'è una
sola che segue con immediatezza, altra segue con interposizione di
più intervalli, altre con meno, un'altra ancora si colloca a maggior
distanza tra tutte. Quindi come la forma sangue segue immediatamente
la forma chilo, così al vincolo dell'indignazione succede quello
dell'ira, ai vincoli d'ira succedono quelli di tristezza, come
facilmente la bile rossa passa a quella scura. Sicché, penetrata a
fondo la disposizione e la qualità presente del soggetto, Peleo
progetta e predispone i vincoli per codesta Teti, prima che essa gli
sfugga verso altre definite forme, ben sapendo che altri sono i modi
di legare un serpente e altri quelli che servono per un leone o per
un cinghiale.
XXVIII. Astuzie del vincolante.
Il vincolante non lega il vincolabile facilmente, come il
condottiero non conquista facilmente una rocca ben fortificata, se
il passaggio non gli viene aperto da un traditore che si trova
all'interno, da un collaboratore che in qualche modo non cospiri o
non si assoggetti o si presti comunque ad un accordo; così, nel suo
terreno specifico, Venere non vincola e non conquista facilmente la
rocca, quando i vasi sono vuoti, lo spirito inquieto, l'ansia
bruciante; mentre spalancano la rocca i vasi tumescenti, l'animo
sereno, la mente quieta, il corpo in riposo: ed è dopo aver studiato
l'avvicendarsi di questi guardiani e sentinelle, che si deve osare
rapidamente, attaccare con forza, agire con tutti i mezzi, non
concedere tregua. Pratica da mantenere anche in tutte le altre
operazioni del vincolare.
XXIX. Scala del vincolante.
Chi vincola, non incatena a sé l'anima se non l'ha rapita; non la
rapisce se non incatenata; non l'incatena se non si congiunge a lei;
non si congiunge se non la raggiunge; non la raggiunge se non per
impetuoso avvicinamento; non si avvicina se non inclina anzi declina
verso di lei; non inclina se non è mosso da desiderio, da appetito;
non appetisce se non ha maturato conoscenza; ma non matura
conoscenza se l'oggetto in figura o simulacro non si fa presente ai
suoi occhi, orecchi, o alle percezioni del senso interno. Dunque
conduce a destinazione i vincoli tramite la conoscenza in genere,
porta ad intreccio i vincoli tramite la scossa emotiva in genere (dico
conoscenza in genere, perché non si sa talvolta da quale dato
conoscitivo si viene rapiti; e dico scossa emotiva in genere, perché
neanche questa è agevole a definire).
XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.
Le porte per cui il cacciatore d'anime getta i suoi vincoli sono tre:
la vista, l'udito, e la mente o immaginazione. Se riesce ad aprirsi
un varco per tutte e tre quelle porte, vincola nel modo più rigoroso,
allaccia coi lacci più stretti. Egli penetra la porta dell'udito
armato di voce e del bel parlare che è figlio della voce; penetra la
porta della vista armato di forma e gesto e movimento e figura
adeguata; e la porta dell'immaginazione, della mente, della ragione,
la varca coi comportamenti e le arti. Allora, la prima mossa è
l'entrata, la seconda il contatto, la terza il vincolo, la quarta
sarà l'attrazione. Il vincolato si fa incontro al vincolante per le
aperture di tutti i sensi, a tal punto che, realizzato il legame
perfetto, questo si trasferisce tutto in quello o arde dal desiderio
di trasferirvisi, quando si tratta del vincolo di attrazione
reciproca (poiché, paralleli a questi, si danno vincoli sgradevoli,
di cui tratteremo parlando del vincolo naturale: come quello con cui
il rospo attrae la faina per una sorta di misteriosa forza del suo
soffio, e il gallo distrugge il leone col suo canto, e il muggine al
semplice contatto blocca la nave, l'energumeno nella sua fantasia
inghiotte il demone, e l'umore malinconico e ventoso funziona come
una calamita per l'incubo).
In conclusione questo campo del
vincolante presenta trenta linee di forza e precisamente a partire
da:
1. Aspetto. 2. Effetto. 3. Arte. 4. Numero. 5. Scala. 6. Moltitudine. 7. Genio. 8. Facoltà. 9. Coincidenza di contrarii. 10. Diversità. 11. Mediazione. 12. Favore o concorso di circostanze. 13. Mezzo. 14. Opportunità. 15. Differenza. 16. Diversità di attitudini. 17. Collocazione. 18. Predisposizione. 19. Diversità di predisposizioni. 20. Condizione. 21. Reazione. 22. Distinzione. 23. Cecità o ignoranza. 24. Industriosità. 25. Armi. 26. Avvicendamenti. 27. Occhi. 28. Lusinghe. 29. Scala. 30. Porta.
I vincolabili in generale
I. Specie di vincolabilità.
Attorno a Dio (o natura universale o bene universale o bello in
assoluto, che è centro del macrocosmo) sono quattro realtà in
movimento disposte in modo che non possono, pena il loro
annichilimento, distaccarsi da lui, né farne a meno più che non
possa ciascuna circonferenza fare a meno del proprio centro; quattro
realtà, ripeto, mobili di moto circolare attorno al proprio
vincolante, disposte in tal modo che consistono eternamente nello
stesso ordine. Sono, secondo la dottrina dei platonici, la mente,
l'anima, la natura, la materia; la mente per sé stabile, l'anima per
sé mobile, la natura parte stabile parte mobile, la materia
totalmente mobile e totalmente stabile.
II. Condizione di vincolabilità.
Nulla è suscettibile di vincolo se non è predisposto nel modo più
conveniente, perché quel fulgore non si comunica a tutte le cose in
una sola guisa.
III. Forma di vincolabilità.
Tutte le cose che sono suscettibili di vincolo sentono in qualche
modo nella sostanza di qual senso sia da reperire la loro specie
determinata di conoscenza e la loro specie determinata di impulso: è
così che il magnete attrae e respinge, secondo il genere degli
oggetti. Dunque chi vuol vincolare deve in qualche modo indirizzare
il suo senso a ciò che è vincolabile: e in verità il vincolo
accompagna il senso delle cose, come l'ombra il corpo.
IV. Paragone dei vincolabili.
Rifletti: gli uomini sono più vincolabili che le bestie; gli uomini
bestiali e stolidi non sono adatti ai vincoli eroici, a differenza
di quelli che sono approdati a maggior chiarezza d'anima. In
riferimento, poi, ai vincoli naturali, il volgo vi si assoggetta più
del filosofo, donde il detto proverbiale che i sapienti dominano gli
astri. Infine, in riferimento a vincoli di genere medio, il tipo del
goloso ingordo può permettersi di vantare la castità, e il tipo del
lussurioso la sobrietà nei cibi.
V. Distinzione dei vincolabili.
Da ciò che si è appena detto consegue opportuna riflessione sul
fatto che l'energia di un vincolo rende meno suscettibile ad altra
specie di vincolo o comunque meno arrendevole. Perciò i tedeschi
sentono meno lo stimolo di Venere, gli italiani quello della crapula;
lo spagnolo è più incline all'amore, il francese più infiammabile
all'ira.
VI. Seme o stimolo di vincolabilità.
Una cosa è suscettibile di vincolo soprattutto quando ha qualcosa di
sé nel vincolante, proprio perché il vincolante le si impone
attraverso quel qualcosa di se. A partire da questo (tanto per fare
un esempio, da un caso particolare) i negromanti confidano di
esercitare impero su tutto il corpo attraverso unghie e capelli di
vivi, o addirittura tramite parti di vestiario o impronte dei piedi;
evocano gli spiriti dei defunti, per mezzo di ossa e parti
qualsivoglia del morto. E per questo che si aveva la massima cura
delle pratiche di sepoltura, e si introdussero i roghi, e si
annoverava tra i supplizi crudeli lasciare un corpo insepolto. I
retori catturano la benevolenza con la loro arte a patto che uditori
e giudici trovino in loro qualcosa di sé.
VII. Tempo di vincolabilità.
Una sola ed identica realtà è variamente suscettibile di vincolo in
relazione al variare del tempo e dell'età; e variabile è il
comportamento rispetto a un solo ed identico vincolo delle cose
disposte non in un solo modo. Rifletti, a partire da qui, come chi è
stato mutevole da giovane, fatto uomo è più fermo e più prudente, da
vecchio più sospettoso e bisbetico, infine greve di dispetto e
fastidio nella decrepitezza
VIII. Differenza dei vincolabili.
Quindi chi vuole legare deve porre attenzione al fatto che le cose
suscettibili di vincolo sono mosse alcune più dalla natura, altre
più dal giudizio e dalla prudenza, altre ancora più dall'usanza e
dalla consuetudine: sicché la persona accorta lega e costringe
individui del primo tipo tramite vincoli ricavati dalle cose
naturali, del secondo tipo con ragionamenti e dimostrazioni e
simboli e tratti convincenti, del terzo tipo ricorrendo a condizioni
di immediata necessità.
IX. Avversione alla vincolabilità.
Poiché l'animo tanto più si vincola ad un oggetto, quanto più si
astrae e distacca dagli altri, conseguentemente, chi voglia
delimitare il destinatario del vincolo ad un solo oggetto, deve
investire fatica nel renderlo svogliato per altre attività o più
distanziato dalle preoccupazioni ad esse legate. E invero
un'attività più gratificante esclude la gratificazione di un'altra:
l'animo intento all'orecchio lascia in riposo l'occhio, chi guarda
con molta attenzione si fa sordo; quando poi siamo molto allegri o
molto tristi per un qualche motivo non facciamo molto altro, anzi
svogliati tralasciamo o rallentiamo il lavoro. Ed è appunto questo
che significa "essere astratto" o "tratto", "essere dominato", "essere
vincolato". A partire da ciò, l'oratore, suscitando riso o invidia o
altri stati d'animo, spezza il vincolo d'amore, rende disponibili
per vincolo d'odio, di disprezzo, d'indignazione.
X. Il numero dei vincolabili.
I contemplativi vengono vincolati alle cose divine, staccandosi
dall'aspetto delle parvenze sensibili; i voluttuosi attraverso la
vista si abbassano alle fruizioni del tatto; le nature morali sono
condotte al diletto dalla civile conversazione. I primi sono
considerati eroici, i secondi naturali, i terzi razionali; i primi
stanno più in alto, i secondi più in basso, i terzi a mezza via; i
primi sono detti degni dell'etere, i secondi della vita, i terzi
della conoscenza; i primi ascendono a Dio, i secondi si aggrappano
al corpo, i terzi si distaccano da uno degli estremi e si avvicinano
all'altro.
XI. Il movimento dei vincolabili.
Nelle realtà composite e variabili e in genere in tutte le cose che
subiscono modificazioni nella loro natura e disposizione, come è il
caso dell'anima e dello spirito, che assumono modificazioni varie
attraverso il corpo e i moti corporei (benché l'una e l'altra
sostanza nella sua semplicità sia del tutto stabile ed eterna, in
conseguenza della privazione prova desiderio, in conseguenza del
desiderio impulso, e dell'impulso movimento e dopo il movimento
liberazione)... Quindi nessun vincolo è eterno, ma si alternano
vicissitudini di carcere e di libertà, di vincolo e di liberazione
da vincolo o piuttosto di passaggio da una ad altra specie di
vincolo. E poiché questa situazione è naturale e precede accompagna
e segue la condizione eterna di ogni realtà, bisogna dire che la
natura lega con la varietà e il movimento, e l'arte, emula della
natura, moltiplica i vincoli e li varia e diversifica e ordina e
dispone per così dire in una sequenza. modulare. Una condizione
stabile è a tal punto estranea alla realtà, che talvolta addirittura
ci buttiamo su ciò che è vietato e siamo travolti dal suo desiderio.
E' invece conforme a natura aspirare a liberarsi dai vincoli,
proprio come poco prima abbiamo potuto imbrigliarci in essi per una
specie di autonoma e spontanea inclinazione.
XII. Indefinizione dei vincolabili.
Quanto più sono numerose le componenti del vincolabile, tanto meno
esso è delimitato a determinati vincoli. Sicché il piacere umano è
meno determinato a un sol tempo, un solo individuo, un solo sesso,
rispetto a quello dei bruti. Forse tutti i cavalli potrebbero
avvincere una cavalla, ma in molti casi non può avvenire lo stesso
tra tutti gli uomini e una donna. Questo dislivello e questa
indefinizione distanzia l'uomo dal bruto, come anche l'uomo vero
dall'uomo brutale, il più sensibile (che è anche più soggetto alle
emozioni) dal più ottuso. E ciò che si dice rispetto a un tipo di
vincolo, va esteso ad ogni tipo e genere di vincoli.
XIII. Il fondamento della vincolabilità.
La prima spiegazione del fatto che ogni realtà è vincolabile va
ricavata in parte dalla constatazione che essa desidera conservarsi
nella situazione che possiede al presente, e in parte dal fatto che
essa desidera giungere a completezza secondo tale situazione e
all'interno di essa. In ciò consiste in genere la filautìa o amore
di se. Quindi se uno riuscisse ad estinguere in un soggetto la
filautìa, sarebbe messo in condizione di legare e sciogliere in
qualsiasi modo. Per converso, accesa la filautìa, tutte le cose si
imbrigliano più facilmente nei tipi di vincoli che sono loro
naturali.
XIV. La relazione dei vincolabili.
Contempla, negli esseri viventi, l'amicizia e l'inimicizia, la
simpatia e l'antipatia, l'affinità e la diversità e le circostanze
di queste cose; poi passa a raffrontare, secondo certo ordine ed
analogia, le realtà particolari e individuali singolarmente prese
all'interno della specie umana; quindi in primo luogo le specie, una
per una e poi tutte insieme, degli altri viventi; infine tutte le
altre specie di cose. Capirai di quale varietà e disponibilità di
vincoli tu hai bisogno.
XV. Diversità della materia dei vincolabili.
Sebbene ogni vincolabile sia in qualche modo un composto, tuttavia
uno si dice semplice, un altro molteplice o conglomerato, uno più
semplice o più mescolato rispetto all'altro. Consegue da ciò che
date realtà si vincolano puramente, altre impuramente, e i vincoli
puri, impuri: come i piaceri e i dolori che sono puri, impuri e
misti. Così Epicuro definisce impuro il piacere venereo, nel senso
che si accompagna con dolore e con desiderio inestinguibile (quello
per cui tutto il corpo si strugge di trasferirsi nell'altro corpo:
invano), e poi lo segue una sfinitezza sconsolata. Ma se esistessero
realtà in cui i principii non si esaurissero mai (del tipo, forse,
degli astri e dei grandi viventi cosmici o numi nei quali non si dà
stanchezza, ed afflusso e influsso di sostanza è in equilibrio
inalterabile), allora esse resterebbero vincolate in se stesse in
pienezza di felicità. Da ciò consegue che chi desideri vincolare
alcuno sul piano della civile conversazione, deve spiare
attentamente la specifica varietà di composti: e formulare progetti,
decisioni, conclusioni diverse per gli ingegni eroici, per gli
ordinari, per i più prossimi ai bruti.
XVI. Grado dei vincolabili.
I bambini sono meno soggetti ai vincoli delle passioni naturali, per
la ragione che in loro la natura è tutta impegnata nel processo di
crescita, e questa è l'alterazione maggiore che la scuote, e tutto
il nutrimento è volto a crescita e strutturazione dell'individuo. Ma
verso il quattordicesimo anno cominciano ad essere ben vincolabili:
questa età è, sì, ancora protesa nella crescita, ma la crescita non
è più così veloce ed esigente come nei bambini. Uomini fatti, in età
di stabilizzazione, hanno maggior dotazione spermatica e questa pare
sia una causa maggiore di vincolabilità. Più precisamente: pare che
gli adolescenti e i giovani siano dotati di un erotismo più avido, e
perché la novità di quel tipo di piacere li rende più ardenti, e
perché i condotti per cui passa il seme sono più angusti, quindi il
flusso spermatico scaturisce superando una resistenza più deliziosa:
sicché il solletico venereo che si genera da tale conflitto è più
carico di piacere e di gioiosa liberazione. Nelle persone più
anziane, in cui le energie sono pressocché spente e gli organi e i
condotti esausti e il seme non più abbondante, i vincoli sono più
difficili. E questa situazione si riproduce in generale nelle altre
passioni, che ammettono una certa analogia, o opposizione o
contiguità con la passione d'amore.
XVII. I temperamenti dei vincolabili.
In conseguenza del loro temperamento i malinconici sono più
vincolabili ad indignazione, tristezza, voluttà e amore: essendo
infatti più impressionabili, si fanno un'immagine più intensa, ad
esempio, del piacere; per la stessa ragione anche sono più adatti
alla contemplazione e alla speculazione; e in generale sono mossi e
agitati da passioni più veementi. Quindi, per ciò che attiene a
Venere, si danno come scopo più il piacere proprio che la
propagazione della specie. Affini a costoro sono i collerici,
rispetto ai quali sono meno stimolabili i sanguigni. I flemmatici
sono meno libidinosi rispetto agli altri, ma più dediti alla gola.
Resta stabilito tuttavia che ognuno fa la sua parte in obbedienza
alla natura: i malinconici sono vincolati dalla loro maggior forza
d'immaginazione, i sanguigni dalla maggior facilità di emissione
spermatica e dal calore del loro temperamento, i flemmatici dalla
maggior ricchezza umorale, i collerici da un solletico o stimolo più
intenso e acuto di spirito caldo.
XVIII. I segni dei vincolabili.
In quest'ordine di considerazioni ha il suo posto anche la
fisionomia. Chi ha tibie asciutte e muscolose, chi è caprino e
somiglia ad un satiro dal naso schiacciato e largo ed ha volto
triste e sospiroso ama con più intensità e corre dietro a ogni
sfrenatezza di tipo venereo; ma è anche facilmente placabile e non
ha passione che duri a lungo.
XIX. Durata dei vincolabili.
Rispetto ai vincoli i vecchi sono più costanti, ma meno disponibili;
i giovani più instabili, ma più disponibili. Sono quelli di mezza
età che si lasciano legare stabilmente, strettamente e con piena
disponibilità.
XX. La reazione dei vincolabili.
La cortesia reciproca genera vincoli reciproci; vincoli possono
trovarsi negli scherzi, nel comportamento istrionico, nelle facezie:
talvolta per queste vie una persona, altrimenti sgradevole e deforme,
lega coloro che hanno gusto per tali cose. Aggiungi un fatto che
abbiamo sperimentato a proposito di fantasie circa dimensioni e
vivacità di membro: accampate nell'immaginazione gettano come un
incantesimo sul fanciullo o la fanciulla. Di qui i versi: Confesso
che non son d'aspetto bello. Eppure agli dei stessi mi antepone Ogni
ragazza d'appetito sano. Analogamente altri vincoli con cui i brutti
avvincono poggiano sull'opinione di coraggio, valore, eloquenza,
operosità e altre qualità di questo genere: sicché, partendo da
qualità di un certo tipo possono acquistarsi anche affetti d'altro
tipo. Non è rara l'esperienza che anche le viragini più brutte
travolgono ad atti d'amore con la fama delle loro qualità o
l'esercizio della loro parlantina.
XXI. L'eterogeneità dei vincolabili.
Aggiungi che si dà il caso che una specie è vincolata da una specie
diversa per via d'amore, odio, ammirazione, pietà, compassione ed
altri sentimenti del genere: Lesbia per il suo passero, Corinna per
la sua cucciola, Ciparisso per una cerva o il delfino per Arione.
Sono vincoli celebri. Insomma, in ogni specie giacciono semi di
attrazione per tutte le altre. Taccio della simpatia tra un uomo e
un leone, tralascio ciò che so della stupefacente familiarità tra un
bambino e un serpente.
XXII. Il mutamento dei vincolabili.
Ciò che è suscettibile di una specie di vincolo può senza difficoltà
essere trasferito al suo contrario, come del resto è mutevole anche
il vincolante; e non fa differenza se realmente o solo nell'opinione.
Nei riguardi di una persona cui mi legava il rispetto intellettuale,
poi, approfondita la conoscenza e cancellata la stima, è sottentrato
un rapporto di disprezzo e sdegno. E i vincoli che provengono dalla
vista dell'età ardente e della bellezza si allentano e si spezzano
col tempo quando non sopravvengono a rafforzarli quelli del
comportamento e dell'ingegno.
XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili.
Misterioso è ciò che vincola ad amore e odio o disprezzo al di qua
di ogni operazione di ragione. Ed è futile l'escogitazione di
Adrastea, che la spiegazione dell'amore che si sviluppa alla vista
di un bell'oggetto sia una specie di rammemorazione, da parte
dell'anima, della divina bellezza percepita prima di essere accolta
nell'involucro del corpo. Se fosse vero, quale spiegazione si dà
allora del passaggio improvviso dell'animo allo sdegno verso lo
stesso oggetto che non ha subito mutazione? E perché animi diversi
sono incatenati di più da oggetti diversi? Perché ciò che per uno è
il culmine della bellezza al gusto non meno sveglio di un altro
risulta addirittura sgradevole? E chiaro che la condizione di
vincolabilità non si apre alla riflessione debole.
XXIV. Definizione dei vincolabili.
Teocrito ricondusse al caso, alla fortuna, ad un indefinito non so
che, l'amore e gli altri sentimenti che legano i singoli esseri; ma
avrebbe pensato con più rigore se avesse considerato e definito
"occulto e determinato" ciò che qualificò come "indefinito" perché
non gli si svelava: i sentimenti nascono infatti da un ben
determinato intreccio strutturale donato da natura o introdotto
dalla forza della consuetudine.
XXV. Senso dei vincolabili.
I Greci non riconducevano a conoscenza razionale, ma a fortuna, il
fatto che uno fosse vincolato da amore, odio o altri sentimenti: e
veneravano Amore e Fortuna sullo stesso altare. A questo giudizio si
associano alcuni platonici, sostenendo che i viventi privi di parola
non sempre soggiacciono al vincolo d'amore, perché privi di
discernimento razionale. Ma costoro hanno opinioni troppo rozze
sulla natura della conoscenza e dell'intelligenza, che in realtà
pervade tutte le cose con lo spirito universale e si accende in
tutte, in proporzione al soggetto. Per noi in realtà l'amore, come
ogni altro sentimento, è una forma molto effettiva del conoscere; ed
è anzi il procedere discorsivo e raziocinante e argomentante, da cui
soprattutto gli uomini si lasciano vincolare, che non si colloca
affatto tra le forme primarie di conoscenza. In conclusione: chi
vuol vincolare si convinca che la ragione non ha né più né meglio
carte per legare. Ciò che funziona è piuttosto una conoscenza che si
proporziona al genere.
XXVI. La fuga vincolabile.
C'è chi, sfuggendo ad un tipo di vincolo, si lascia poi legare da
vincoli d'altro tipo. Quindi chi si propone di vincolare deve stare
attento ad operare coi mezzi ai quali il destinatario del vincolo è
suscettibile: assecondando, cioè, i vincoli di cui quello è già
prigioniero. Fu così che la ninfa trasse ad amore col dono che si
adattava al suo tipo umano (precisamente, un corno al cui suono si
immobilizzavano le fiere in fuga) il cacciatore che la passione per
la selvaggina distraeva da amore. Anche il soldato sarebbe costretto
ad altri affetti dall'incanto che esercita su di lui la qualità di
un'armatura. Svincolano dunque da Venere la caccia, il digiuno,
l'ebbrezza, gli esercizi di ginnastica e in genere gli impegni e i
diporti più svariati, e vari tipi d'astinenza, lusso ecc. E come in
questo genere di vincoli, così in tutti gli altri bisogna valutare
caso per caso.
XXVII. La sostanza vincolabile.
Due sono le radici della vincolabilità, e sono della stessa essenza
del vincolabile in quanto è vincolabile: conoscenza appropriata al
genere e desiderio appropriato al genere. Supponi un oggetto che non
abbia desiderio alcuno, e avrai una cosa che non è suscettibile di
alcun vincolo spirituale. Aggiungi che senza conoscenza e passione
nessuno ha possibilità di legare: né con vincoli di civile
conversazione né con vincoli magici. Di altri tipi di vincolo non
parlo perché alla gente di vista corta, che è la maggioranza, darei
l'impressione di dire cose sconvenienti.
XXVIII. La perfezione vincolabile.
Il vincolo perfetto è quello che allaccia tutte le parti e tutte le
potenzialità di una persona. Il vincolante deve penetrarne a fondo
il numero, per irretire l'oggetto della sua caccia con più vincoli,
anzi con tutti i vincoli, volendo spingere l'intreccio alla
perfezione. E non deve avere dubbi, punti oscuri, sui nutrimenti e
sulle lusinghe che si debbono all'animo e allo spirito: diversi
secondo le sue diverse potenze.
XXIX. L'obbligo dei vincolabili.
Non è possibile vincolare a sé alcuno, se il vincolante non patisca
egli stesso legame. Al vincolato le catene aderiscono, lo penetrano.
Chi vincola ciò che è vincolabile anche per un altro non si lega se
non di legame accidentale, ma chi vincola ciò che è vincolabile solo
per sé non può essere che legato a sua volta. Tuttavia il vincolante
ha sul vincolato questo vantaggio, che egli è padrone dei vincoli e
che talvolta non li patisce e non ne è toccato in pari modo. E in
analogia con questa dottrina il fatto che il lenone lega e non è
legato, mentre l'amata nell'atto d'amore non si lega all'amato, se
anch'egli non si leghi a lei nello stesso atto. E tuttavia esiste
una specie di misterioso vincolo spirituale in forza di cui la cosa
amata si vincola ad un amante che talvolta, nonché non amarlo,
neppure conosce: questo è l'ordine di realtà in cui Eros senza
Anteros piange e si sente infelice. Ma sul piano dei rapporti di
società nessuno vincola se non si lega almeno con quello che
desidera vincolare del medesimo vincolo o di un vincolo affine:
infatti, per parlare più chiaro, l'oratore non suscita passione
senza passione.
XXX. La verità vincolabile.
Il destinatario del vincolo, per essere vincolato, non richiede
tanto vincoli reali, cioè quelli che sono così sostanzialmente,
quanto apparenti, cioè vincoli d'opinione: infatti l'immaginazione
senza verità può vincolare veramente, imbrigliare davvero il
destinatario del vincolo per via immaginaria. Posto anche che non
esista inferno, la credenza immaginaria nell'inferno senza
fondamento di verità produce veramente un vero inferno: l'immagine
fantastica ha la sua verità, con la conseguenza che essa reagisce
realmente e realmente e potentemente resta imbrigliato chi si lascia
vincolare e il tormento infernale si fa eterno con l'eternità della
convinzione di fede; e l'animo, pur spoglio del corpo, conserva
tuttavia il medesimo aspetto e nonostante tutto persevera con esso
infelice nei secoli, anzi ancor più potentemente talvolta per
indisciplina o diletto o acquisite parvenze. Che i volgari
filosofanti non si capacitino di questo e distribuiscano insulse
condanne sulla base di quella dottrina da ignoranti, non ci turba
più che tanto: eravamo bambini ed inesperti quando padroneggiavamo
queste dottrine, più di quanto possano mai padroneggiarle essi,
esperti e vecchi. Ma noi perdoniamo loro invecchiati in questo
sentire, non meno di quanto riteniamo si debba perdonare alle nostre
credenze di quando eravamo bambini.
Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.
Abbiamo detto nelle riflessioni sulla Magia naturale come tutti i
vincoli o si riconducano al vincolo d'amore, o ne dipendano o
addirittura consistano in esso. A chi argomenti attraverso le trenta
specie di nodo risulterà agevolmente chiaro che l'amore è il
fondamento di tutte le passioni: chi non ama nulla, infatti, non ha
motivo di temere, sperare, gloriarsi, insuperbirsi, osare,
disprezzare, accusare, scusare e umiliarsi e gareggiare e
infuriarsi, turbarsi insomma in altre guise analoghe. Dunque
l'argomento cui diamo avvio sotto il titolo di Vincolo di Cupido
apre un vasto campo alla riflessione o speculazione: né si deve
pensare che questa riflessione sia troppo lontana dall'impegno
civile, solo perché il suo orizzonte è più ampio di ciò che
l'impegno civile richiede.
I. Definizione del vincolo.
Presso pitagorici e platonici il vincolo di bellezza si trova
definito come fulgore, raggio o almeno come impronta o ombra o
simulacro e traccia di essa: stampata in primo luogo nella mente che
adorna con l'ordine delle cose, in secondo luogo nell'anima che
colma con la sequenza delle cose, in terzo luogo nella natura che
distingue e caratterizza coi suoi semi, in quarto luogo nella
materia che essa arricchisce di forme. Questo raggio brilla nella
sua forma più limpida nella mente, limpidamente nell'anima,
oscuramente nella natura, oscurissimamente nella materia, che è
substrato delle realtà naturali: così essi dicono. Esso non è una
quantità e non consiste nella quantità (anche se si aggira attorno
alla quantità e alla grandezza in generale) dal momento che anche le
cose non grandi o addirittura piccole comunicano impressione di
bellezza: anzi all'interno di una stessa specie gli esemplari grandi
sono deformi e quelli piccoli ben formati (ma anche il contrario); e
spesso, invariata restando la quantità, la bellezza si dissolve,
oppure permane mutando quella. Un bambino o un fanciullo molto
grazioso piace, ma non incatena se non adolescente, a partire da una
determinata età: questo vuol dire che la quantità ha un certo
significato e ciò è vero anche quando non si modifichino in nulla
forma, figura e struttura di una cosa. Da ciò puoi trarre alcune
conseguenze per i vincoli che riguardano i rapporti civili: ci sono
questioni di misura da cui dipende forma ed efficacia del vincolo.
Pensa a gesto, parola, abbigliamento, abitudini, e al riso e ad
altri segnali degli stati d'animo.
II. Origine del vincolo.
Alcuni dei platonici dogmatizzano che il vincolo proviene da una
determinata proporzione delle membra congiunta a certa delicatezza
di colorito. Ma chi riflette in maniera più analitica osserva almeno
questo: in primo luogo sono vincolanti le cose composite e
risultanti da una differenziata varietà di parti; poi il colore di
per sé, la voce di per sé hanno poteri vincolanti; infine nessuna
cosa trascorre a senescenza più rapidamente della bellezza, mentre
nulla si mantiene più inalterato della forma e della figura che la
composizione delle membra rivela all'esterno. In conclusione: il
vincolo di bellezza va rintracciato altrove che nella figura e nella
disposizione proporzionata delle membra, tanto più che, invariata
restando bellezza e figura, talvolta dopo il godimento della cosa
amata l'amore passa; quindi la spiegazione del vincolo deve cercarsi
soprattutto in una sorta di condisposizione del rapitore e del
rapito. Talvolta infatti a livello razionale non abbiamo nulla da
criticare nella bellezza di una ragazza, nulla sul piano dei
rapporti umani da biasimare nella parola, nel comportamento,
nell'agire in genere di un uomo: eppure non ci piacciono. E
viceversa: in una persona singole cose ci dispiacciono, anche
parecchie, eppure essa ci piace. Ancora più stolto è ciò che essi
sostengono sul rapporto fra vincolo e colore, non distinguendo tra
colore e ciò che gli fa da contorno: come si può dire che il colore
lega per conto suo, quando più acceso in un vecchio risulta
sgradevole e disprezzabile, e più smorto in un giovane può legare e
trascinare? Così, nella civile conversazione, un discorso di gravità
consolare in bocca ad un adolescente, quanta che sia l'arte di cui
risplende, muove ad indignazione la persona più riflessiva per
l'impressione di sconveniente arroganza che suscita; come sulla
bocca di un vecchio un parlare aggraziato, carezzevole, fiorito,
genera disprezzo e muove talvolta a riso e fornisce materia di
schemi. E in generale nell'attenzione al corpo o al linguaggio o al
comportamento altro si addice alla donna fatta, altro alla
giovinetta o alla bambina, altro al bambino e all'uomo maturo e al
vecchio, altro ancora all'uomo di guerra e all'uomo di legge.
III. Indefinizione del vincolo.
Non tanto è difficile, io penso, vincolare e sciogliere, quanto
scoprire il vincolo, specie nelle situazioni in cui i vincoli si
riconducono più al caso che alla natura e all'arte. Per fare un
esempio: il vincolo che parte dal corpo, non ha però nel corpo una
locazione definita; l'amante ha l'impressione che a legarlo siano
occhi, guance, bocca, ma questi tratti particolari, spostati in un
altro soggetto, tanto son lontani dal vincolare alla stessa maniera,
che anzi talvolta sciolgono e vanificano i vincoli di Cupido. E
ancora: noi talvolta ci consumiamo d'amore per un involucro
corporeo, e poi, visti i modi, ascoltato il parlare, ci accorgiamo
che i vincoli di Cupido sono spariti. Allo stesso modo, fatte le
debite distinzioni, tu ragionerai sui legami della conversazione
civile.
IV. La composizione del vincolo.
E' vincolo gettato da un Cupido più basso quello per cui siamo
catturati dalle realtà composte o giustapposte, mentre non ci
sfiorano le entità semplici e assolute, anzi c'è chi addirittura le
spregia. Persone così penseranno che Dio non ha in sé bellezza,
perché essendo a suo modo un'entità semplice, non brilla affatto per
ordinata simmetria di struttura. E' vero che, per una premessa, egli
è il principio e la fine di ogni bellezza e di ogni vincolo. Ma poi
per debolezza d'ingegno non distinguono tra ciò che è bello in sé e
ciò che è bello in relazione a noi; come sul piano pratico dei
rapporti umani non è assennato chi non distingue tra ciò che è bello
rispetto agli uomini in generale e alla ragione, e ciò che è bello
rispetto a questi determinati uomini e alla consuetudine, all'uso e
all'occasione: sicché getta i suoi vincoli a caso.
V. Numero dei vincoli.
Senza troppo distinguere e badando alla sostanza sono vincoli la
forma, il portamento, il movimento del corpo, la convenienza
reciproca di voce e discorso, l'armonica coerenza dei comportamenti
e la fortuna e il casuale incrociarsi delle simpatie che vincolano
non solo gli uomini tra loro, ma anche gli animali tra di loro e gli
animali agli uomini. Si riconduce a ciò il fatto che per impronta di
natura il bambino che vede un serpente, l'agnello che vede un lupo,
senza bisogno di nozione o di esperienza precedente, è colto da
terrore mortale; mentre se vede un bue o una pecora ci gioca e si
diverte assieme. E ci sono profumi e aromi da cui uomini e spiriti
sono toccati in maniera diversa: ho conosciuto persone che reagivano
inorridite all'odore del muschio o di altre sostanze universalmente
gradevoli al punto da cadere a terra per turbamento di spirito; ma
ho conosciuto anche un tale che provava un piacere straordinario a
portarsi al naso sulle dita cimici schiacciate. Insomma c'è varietà
di legame per cose varie e non solo gli opposti ma i diversi si
vincolano tra di loro. E sul piano dei rapporti civili non è uguale
il gusto che un italiano e un tedesco hanno per lo stile del
discorso e la cura e l'ornamento del corpo e l'armonia ed affabilità
del costume; ma può accadere che un italiano si distacchi dalla
generalità in modo da avere, per così dire, carattere tedesco (e un
tedesco carattere italiano). Qui sta il difficile e si richiede
prudenza maggiore per legare sul piano dei rapporti civili,
specialmente quando i vincoli si gettano non sulla moltitudine, ma
su un individuo: in effetti è più facile legare molti che uno e il
tiro di un uccellatore potrà trafiggere a caso più uccelli tirando
nel mucchio, che un uccello singolo tra i molti anche con mira più
accurata.
VI. Le porte dei vincoli.
I sensi sono la porta attraverso cui si gettano i vincoli. Tra
questi la vista è la porta principale, la più degna; gli altri
possono essere più appropriati in relazione alla varietà degli
oggetti e alle loro potenzialità: così il tatto è conquistato dalla
tenera soavità della carne, l'udito dall'armonia della voce,
l'olfatto dal profumo del respiro, l'animo dalla musica dei
comportamenti, l'intelletto dalla chiarezza delle dimostrazioni.
Vincoli diversi si insinuano per finestre diverse ed hanno diverso
potere a seconda delle persone: quindi chi trae piacere coltivando
un interesse, chi un altro. E non si trae vincolo ugualmente da
tutte le cose né ugualmente a tutte si applica.
VII. I generi dei vincoli.
Si capisce che ci sono tanti generi e varietà di vincoli quanti sono
i generi e le varietà del bello. Queste varietà sono tante quante le
varietà delle cose significative, cioè secondo le specie. Aggiungi
poi che all'interno delle singole specie varietà di situazioni
particolari richiedono modalità di legame diverso: l'affamato
subisce il vincolo del cibo, l'assetato della bevanda, chi è pieno
di seme aspira a Venere; e questi a specie sensibile, quell'altro ad
intelligibile; e uno a una specie di natura, un altro a una specie
d'arte; il matematico è affascinato dalle cose astratte, il pratico
da quelle concrete, l'eremita si masturba nel sogno di una bellezza
lontana, l'uomo di famiglia è attratto da una presente. Ma legami
diversi sempre per diversi individui secondo ogni genere; e per
giunta gli stessi vincoli non si caricano della stessa potenza
indipendentemente dalla parte da cui provengono: io subisco il
fascino della musica eseguita da un fanciullo o da un adolescente,
in misura inferiore quella di una fanciulla o di un uomo. La forza
ti lega in un uomo, perché dà un'impressione di grandezza, per nulla
in una donna; la fanciulla ti lega con la semplicità e il ritegno,
ma se un adulto ha queste caratteristiche ti scioglie dai vincoli e
lo trovi via via meno gradevole.
VIII. La misura dei vincoli.
Sul piano della civile conversazione gli oratori, i cortigiani e
quelli che comunque sanno gli usi del comportamento vincolano con
più efficacia quando operano con clandestina dissimulazione
dell'artificio; non incontrerà gradimento colui che ostenta
linguaggio manierato o un sapere puntigliosamente intessuto di
minuzie; dispiacciono anche le vesti indossate con troppo metodo e
troppa geometria, e i capelli arricciolati e gli occhi, i gesti, i
movimenti controllati sempre a regola d'arte: uno che si atteggia
così non può non dispiacere. Anche un'eloquenza pubblica di questo
tipo sarebbe concordemente criticata come troppo elaborata ed
affettata. Questo stile infatti è da ricondurre più che altro a
pigrizia e scarsità d'ingegno e di giudizio: giacché non piccola
componente dell'arte è usare l'arte dissimulandola. Quindi non è
sapienza elegante quella di chi fa il sapiente in ogni occasione e
su tutto, come non è inanellato con eleganza chi porta tutte le dita
grevi di anelli e gemme, né ingioiellato con buon gusto chi incede
carico di una moltitudine di monili d'ogni genere. E il caso di
riflettere a questo proposito che il fulgore luminoso spegne il
fulgore luminoso, e la luce non luce, rifulge, sfolgora e insomma
piace se non fra tenebre. Inoltre: l'ornamento è nulla se non si
accorda con ciò che deve essere ornato e ricevere forma. Così l'arte
non è disgiunta dalla natura, e l'artificio non può fare a meno
della semplicità.
IX. Descrizione del vincolo.
Per Platone vincolo è bellezza secondo genere o accordo di forme,
per Socrate eccellenza di grazia spirituale, per Timeo tirannide
esercitata sull'anima, per Plotino privilegio di natura, per
Teofrasto inganno segreto, per Salomone "fuoco nascosto, acque
furtive", per Teocrito eburnea rovina, per Carneade regno pieno di
angoscia: per me tristezza ilare, ilarità triste. E per le ragioni
addotte nella prefazione a questa parte le altre descrizioni di
sentimenti e le altre specie di vincolo presentano analogie con
questo sentimento e questo vincolo.
X. Distribuzione dei vincoli.
All'atto perfetto sono vincolate le cose perfette, all'atto nobile
quelle nobili o nobilitate; all'atto imperfetto e difettoso quelle
in cui c'è qualche imperfezione e difetto. Perciò si è detto sopra
che nel destinatario del vincolo ci deve essere qualcosa del
vincolante. Una ragazza totalmente casta, in cui non ci sia seme
alcuno di stimolo, non c'è artificio o stella che possa indurla
all'amore dei sensi, se non ci sono prima toccamenti, abbracciamenti
e insomma una sua collaborazione con la mano di chi la lega e un
passaggio di qualcosa dalla mano del vincolante a lei. Non parlerò
della ragazza non ancora matura: in tutti gli atti si richiede, per
così dire, un germe dell'atto e non tutti i germi germogliano
dappertutto. Chi non sprecherà il suo tempo se tenta di irretire un
malato, un vecchio, un frigido, un castrato (al contrario invece per
quelli che sono contrariamente disposti)? La valutazione è del tutto
analoga, per ciò che riguarda i legami di società.
XI. Il grado dei vincoli.
In universale le cose sono disposte in modo che stanno in rapporto
reciproco, in una sorta di coordinazione, per cui si realizza il
passaggio da tutte a tutte come per un continuo fluire. Tuttavia
alcune di esse sono in rapporto reciproco immediato (ad esempio gli
individui della stessa specie, per la propagazione naturale) e tra
di esse i vincoli sono familiari, intrinseci e agevolissimi; mentre
altre si subordinano reciprocamente con certe mediazioni e per loro
è necessario l'attraversamento, la perforazione in un certo senso di
tutte queste mediazioni, perché dal vincolante i vincoli raggiungano
il destinatario: e così che i Numi, attraverso il dono delle cose e
il favore di certe mediazioni compartibili, influiscono sulle cose
inferiori e le infime e infine le vincolano a sé; e reciprocamente,
in una sorta di corrispondenza naturale o razionale, le cose
inferiori si levano, come in un atto di ossequio, a legare a sé,
secondo ciò che è loro possibile, le cose superiori e poste in
sublime. E come varie sono le specie delle cose e le loro
differenze, così vari sono i loro tempi, luoghi, mediazioni, vie,
organi e funzioni. Ed è facilissimo cogliere questo dato di fatto
per ogni tipo di vincoli e di vincolabili e trarre le debite
conseguenze.
XII. La grandezza del vincolo.
In tutte le cose risiede una forza divina, l'amore, padre, fonte,
Anfitrite dei vincoli. Non a caso dunque Orfeo e Mercurio lo
chiamano il grande demone, perché in verità tutta la sostanza e
consistenza e (per usare un termine difficile) ipostasi della realtà
è una specie di vincolo. E noi conseguiremo il livello più alto e
primario della dottrina del vincolo quando volgeremo gli occhi
all'ordine dell'universo: qui, per mezzo di questo vincolo, le cose
superiori provvedono alle inferiori, le inferiori si volgono alle
superiori, le pari si associano in mutuo vincolo, e si celebra
infine la perfezione dell'universo in conformità alla ragione della
sua forma.
XIII. L'effetto principale del vincolo.
Un amore solo, e quindi vincolo, fa di tutte le cose una sola cosa;
ma ha volti diversi nelle diverse cose, sicché una identica realtà
lega in maniera diversa le diverse cose. E perciò che di Cupido si
dice che egli è superiore ed inferiore, nuovissimo e antichissimo,
cieco e di acutissima vista: egli, che da una parte si adopera
perché tutte le cose, secondo le proprie potenzialità, restino salde
in se stesse e non si distacchino da sé, per il perpetuarsi della
specie; ma poi per le vicende degli individui fa sì che le realtà
singole in un certo senso si distacchino da sé, visto che tutto ciò
che ama desidera ardentemente di trasferirsi nell'oggetto amato; e
che in se stesse anche si dissolvano, si aprano, si spalanchino,
visto che tutto ciò che ama vuole appassionatamente accogliere in sé
l'amato ed imbeversene. Sicché il vincolo è tal condizione per cui
le cose vogliono contemporaneamente essere dove sono e non perdere
ciò che hanno, ed essere in ogni dove ed avere ciò che non hanno: e
ciò a seguito di una forma di compiacenza per il posseduto; di una
forma di desiderio e di appetito per il distante e il possibile; di
una forma di amore per la totalità del reale: perché la sete di
avere e di capire del singolo individuo non si placa nel possesso di
un bene e di un vero singolo e determinato, e mira, come a suoi
obiettivi, al bene universale, al vero universale. Deriva da ciò che
una potenza determinata in una materia determinata sperimenti
contemporaneamente la concentrazione e la dispersione,
l'impoverimento, la dissipazione. Questa è la condizione generale
del vincolo, che tu osserverai secondo la varietà delle specie.
XIV. La qualità del vincolo.
Il vincolo in sé non è né bello né buono: è infatti il mezzo con cui
tutte le cose (e ciascuna singolarmente) perseguono il bello e il
buono; la connessione di ciò che riceve con ciò che è ricevuto, di
ciò che dà con ciò che è dato; del vincolabile col vincolante, del
desiderabile e del desiderante. Ma ciò che desidera il bello e il
buono ne è privo nella misura in cui lo desidera, quindi, in quella
misura, non è né bello né buono. Perciò, sotto questo riguardo, trae
una conclusione errata il peripatetico che sostiene essere la
materia brutta e cattiva, perché, desiderando il buono e il bello,
testimonia di esserne priva. Aristotele, più cautamente, la definì
"come brutta", "come cattiva", non tale in maniera pura e semplice;
ma in verità non si definisce né bello né brutto, né buono né
cattivo, ciò che, come la materia, tende e si muove ugualmente verso
bene e male, brutto e bello. Se la materia fosse il male, sarebbe
contrario alla sua essenza l'aspirare al bene; e così se fosse
naturalmente brutta ecc. Ma coloro che filosofano più a fondo
capiscono ciò che noi abbiamo chiarito altrove; come la materia
contenga nel proprio seno l'avvio di tutte le forme, sicché da esso
tutte le produce e le emette; e come non sia quella pura privazione,
che accoglie in sé tutte le cose dall'esterno quasi come straniere:
fuori del grembo della materia, invero, non esiste forma alcuna, e
tutte si celano in esso e da esso a suo tempo tutte rampollano. A
chi dunque rifletta sul vincolo dal punto di vista delle sue
applicazioni civili e secondo tutte le prospettive deve essere
chiaro come in tutta la materia o in una parte della materia, in
ogni individuo o nell'individuo singolo, vivono allo stato latente
tutti i semi delle cose e di conseguenza, con accorto artificio, si
possono attivare le applicazioni di tutti i vincoli. Ed in uno dei
Trenta sigilli abbiamo insegnato come abbia luogo questa generale
trasformazione e applicazione.
XV. Generalità o universalità del vincolo.
A ciò che si è appena detto consegue: che l'amore con cui noi
amiamo, la forza desiderante con cui tutte le forze desiderano, è
cosa intermedia tra bene e male, tra bello e brutto; non quindi non
bello, non brutto, ma certamente buono e bello secondo un certo
livello di comunicazione e partecipazione. Il vincolo d'amore,
infatti, ha la sua radice nei due principi attivo e passivo, secondo
la comune ragione per cui tutte le cose, sia che agiscano sia che
patiscano sia che facciano entrambe le cose, bramano ordine, copula,
unione e perfezione, e senza questo vincolo nulla è, come senza
natura nulla è. Non perciò l'amore è segnale di un'imperfezione,
quando si guarda alla materia e al Chaos, prima che le cose
prendessero forma: invero tutto ciò che in quel Chaos e nella
materia bruta escogitata dai filosofi si dice essere amore, si dice
contemporaneamente anche perfezione; e tutto ciò che vi si
identifica come non essere e disordine e imperfezione, si capisce
anche che non è amore. Resta stabilito dunque che l'amore è ovunque
cosa perfetta e che il vincolo d'amore testimonia ovunque la
perfezione: poiché, quando una cosa imperfetta ama esser condotta a
perfezione, essa consegue il suo oggetto certo attraverso
imperfezione ma non a partire da imperfezione; bensì da una qualche
forma di partecipazione alla perfezione; e da lume di divinità; e da
uno scopo di più elevata natura; e tanto più vivacemente quanto più
vigorosa è la qualità del suo desiderio: poiché ciò che è più
perfetto s'infiamma d'amore per il sommo bene più ardentemente di
ciò che è imperfetto. Perfettissimo è dunque quel principio che
aspira a divenire tutte le cose ed è rapito non verso una forma
particolare e una perfezione particolare, ma verso la forma
universale e la perfezione universale: e questo è la materia in
universale, fuori della quale non si dà forma e nella cui potenza ed
energia desiderante e disposizione stanno tutte le forme; ed essa,
che non ne potrebbe accogliere simultaneamente neanche due, le
accoglie tutte in sé in una sorta di eterna vicenda. Dunque alcunché
di divino è la materia, come alcunché di divino è ritenuta la forma,
la quale o è nulla o è parte della materia: nulla fuori della
materia o senza la materia, così come il poter fare e il poter
essere fatto sono una sola ed identica cosa e poggiano in un solo
indivisibile fondamento e assieme si dà e assieme si toglie ciò che
può fare tutto e ciò che può essere fatto tutto. Ed una sola è la
potenza assoluta e in sé presa (qual che sia poi la potenza in
particolare, e quella dei composti, e quella accidentale che ha
abbacinato i sensi e la mente dei peripatetici, con alcuni dei loro
seguaci frateschi), come abbiamo argomentato più analiticamente
nello scritto Sull'infinito e l`universo e più rigorosamente nei
dialoghi Del principio e dell'uno, concludendo che non è stolta
l'opinione di David da Dinanto e di Avicebron nell'opera Fonte di
vita: egli la riprende dagli arabi che non esitarono a conferire
anche alla materia l'appellativo di "Dio".
XVI. Paragone dei vincoli.
Il più importante di tutti è quello di Venere, da specificare
secondo il tipo d'amore: al cui equilibrio ed alla cui unità si
rapporta in primo luogo e come più importante il vincolo d'odio;
giacché nella misura in cui amiamo uno degli opposti o contrari
secondo genere, nella stessa misura odiamo e disprezziamo l'altro.
Questi due sentimenti, ma insomma quell'unico sentimento che è
l'amore, nella cui sostanza è incluso anche l'odio, domina in tutti,
anzi sopra tutti e li attiva, indirizza, regola e governa. Questo
vincolo dissolve tutti gli altri vincoli, sicché sotto la sua
costrizione i viventi di sesso femminile non tollerano le altre
femmine e i maschi i rivali dello stesso sesso; trascurano cibi,
bevande e talvolta la stessa vita e neppur vinti rinunciano, anzi
schiacciati dai più forti più ancora li incalzano e non temono
piogge né geli. Partendo da considerazioni di questo genere,
Aristippo indicò il sommo bene nel piacere del corpo e in
particolare in quello venereo, ma a lui si parava dinanzi agli
occhi, per suggestione del personale temperamento, un uomo più fermo
[di quello che è]. Resta vero comunque che un fascinatore abbastanza
vivace e sagace, partendo da ciò che ama e odia il destinatario del
suo legame o del suo vincolo, si spiana la strada ai vincoli di
altre passioni: poiché realmente l'amore è vincolo dei vincoli.
XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli.
Come non ovunque né sempre, per quanto buoni semi si spargano,
consegue nascita di nuove cose; così neanche i vincoli che devono
irretire hanno sempre e dovunque virtù di efficacia: bensì a tempo
debito e con adeguata disposizione dei destinatari.
XVIII. La distinzione del vincolo.
Vincolo puramente naturale e puramente volontario (nel senso in cui
il volgo distingue tra natura e volontà) non esiste. La volontà
infatti è con partecipazione dell'intelletto e l'intelletto agisce
in ogni caso non entro i limiti della volontà, tranne là dove c'è il
nulla, come abbiamo mostrato in altri luoghi: sicché si fanno molte
dispute vane. In noi, dal punto di vista della ragione, ci sono tre
varietà di vincoli (sebbene poi tutti poggino su una sola radice di
natura): naturale, razionale e volontaria. Quindi, in parte, non
siamo in grado di controllare una varietà di vincolo con altra
varietà. Di conseguenza le leggi dei saggi non vietano di amare,
bensì di amare fuor di ragione; le ciarlatanerie degli stolti invece
impongono senza ragione i termini della ragione e condannano la
legge di natura: anzi più corrotti sono e più la chiamano corrotta,
con la conseguenza che gli uomini non si sollevino sopra la natura
come eroi, ma si abbassino come bestie contro natura e al di sotto
di ogni umana dignità.
XIX. Avanzamento e scala del vincolo.
Per i platonici l'intreccio del vincolo di Cupido si attua così: in
primo luogo l'aspetto del bello o del buono e così via incontra i
sensi esterni; in secondo luogo si concentra nella loro centrale,
che è il senso comune; in terzo luogo investe l'immaginazione, in
quarto la memoria. A quel punto l'anima, per un impulso ingenito, è
colta da desiderio, sicché in primo luogo è mossa, attratta, rapita;
in secondo luogo, attratta e rapita, viene illuminata dal raggio del
bello o del buono o del vero; in terzo luogo, illuminata e vestita
di luce, si incendia di desiderio dei sensi; in quarto luogo, accesa
d'amore, brama di unirsi all'amato; in quinto luogo, unendosi a lui,
si mescola e incorpora in lui; in sesto luogo, incorporata, si perde
rispetto alla forma primiera e in un certo modo abbandona se stessa
e si veste di qualità estranea; in settimo luogo, si trasforma
completamente, assumendo la qualità dell'oggetto in cui è passata
dopo esserne stata motivata. I platonici definiscono preparazione il
primo volgersi all'impulso di Cupido, conversione la nascita di
Cupido, illuminazione il nutrirsi di Cupido, accensione di fiamma lo
sviluppo di Cupido, contatto la forza appassionata di Cupido,
incorporazione l'impero dominatore di Cupido, metamorfosi il trionfo
di Cupido, il punto d'arrivo del suo percorso.
XX. Le basi della scala dei vincoli.
Ed ecco ove poggia ciascuno scalino di questa scala: la nascita di
Cupido si attua in primo luogo nel corpo (nutrizione, delicatezze,
lusso), poi nell'anima, dove si alimenta dei fascini dello spirito,
delle fantasie, lascive o degne di miglior denominazione, in cui la
bellezza si presenta inghirlandata di grazia. Il cibo di Cupido, che
ne impedisce l'estinzione una volta nato, è la conoscenza del bello;
ma l'alimento che lo fa crescere è la meditazione, è l'indugio della
fantasia sulla bellezza che si è conosciuta. La forza appassionata
di Cupido nasce dal fatto che l'animo, da una parte sola dell'amato,
scivola e si perde in tutte le altre, sicché dal tutto viene la sua
fiamma. L'impero di Cupido affonda le sue radici nella condizione
per cui l'animo dell'amante, abbandonato il corpo che gli è proprio,
vive e agisce nel corpo di un altro. La metamorfosi di Cupido è
completa quando uno muore a se stesso e vive della vita dell'altro,
in modo tale che finisce per albergare in essa, non come in casa
estranea, ma nella propria. Questo significano i miti che raccontano
come Giove si trasformò in toro, e Apollo in pastore, e Saturno in
cavallo ed altri dei in altre forme: l'animo a seguito di un
movimento, anzi di uno sconvolgimento, dei suoi affetti passa da una
forma o specie di vincolo ad altra forma.
XXI. La condizione dei vincoli.
Ci sono alcune esteriorità che hanno il potere di legare: regali,
atti di cortesia, onori, favori. Ma legano realmente quando non
tradiscono l'aspetto di una offerta fatta quasi per comprare, in
risposta, un ricambio d'amore: l'evidenza del mercanteggiamento è
evidenza di un'ignobile ricerca di tornaconto ed ha come esito il
disprezzo.
XXII. La proprietà dei vincoli.
Vincoli veri e propri e particolarmente efficaci sono quelli che si
attuano per accostamento del contrario, secondo una modalità, che
ora si può descrivere con un esempio, piuttosto che con una
definizione o con un termine (che non si conosce): l'animo umile e
disposto all'omaggio incatena l'animo superbo; poiché il superbo ama
colui da cui si vede considerato grande e tanto più quanto più
grande è l'estimatore (c'è maggior valore, infatti, nella stima che
riceviamo dai grandi più che dai piccoli, la cui ammirazione, anzi,
siamo soliti disprezzare). Chi vincola con accortezza sa intuire
l'aspetto di cui va superbo il superbo. Prendi i guerrieri: loro
aspirano al primato nella forza e nell'impavidità fisica e quindi
non si indignano se non gli attribuisci il primato nella ricchezza o
nell'acutezza di mente. Così i filosofi: si gloriano della
conoscenza della realtà ed è per loro del tutto tollerabile se non
vengono esaltati per il loro coraggio. Lo stesso ordine di
considerazione vale per il lancio degli altri vincoli.
XXIII. La grazia dei vincoli.
I vincoli fanno nascere il desiderio di un atteggiamento di
gratitudine reciproca. Per esemplificare da un genere di vincoli:
nasce lamentela fra gli amanti quando presumono che ci sia una
situazione di debito reciproco. Così l'amante denuncia il debito
dell'amata, chiedendo che essa gli restituisca l'anima sottratta,
giacché egli, morto nel corpo proprio, vive nel corpo altrui; e se
l'amante accarezza di meno la sua amata, lei si lamenta, come
negletta; e l'amante si lagna con l'amata, se ****
A questo punto si interrompe il manoscritto che ci è pervenuto del
De vinculis in genere.
INDICE
Le forze che legano, in prospettiva generale.
I. Specie delle forze che legano. II. Effetti delle forze che
legano. III. Si lega con l'arte. IV. L'uomo si lega in molti modi.
V. Il senso è mezzano per il vincolante. VI. Perché non basta un
solo vincolo. VII. Perché a chi lega occorre genio. VIII. Chi è
vincolato più facilmente. IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose
contrarie. X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo.
XI. Chi vincola. XII Nessun particolare vincola tutto. XIII. Vari
strumenti di chi vincola. XIV. Opportunità di chi vincola. XV.
Differenze delle cose vincolanti. XVI. Diverse posizioni di chi
vincola. XVII. Sedi di ciò che vincola. XVIII. Predisposizioni del
vincolante. XIX. Diversità delle predisposizioni. XX. Condizione del
vincolante. XXI. Com'è vincolato chi vincola. XXII. Distinzione del
vincolante. XXIII. Cecità del vincolante. XXIV. Industriosità del
vincolante. XXV. Armi del vincolante. XXVI. Vicenda del vincolante.
XXVII. Gli occhi del vincolante. XXVIII. Astuzie del vincolante.
XXIX. Scala del vincolante. XXX. Porte attraverso le quali il
vincolante attacca.
I vincolabili in generale.
I. Specie di vincolabilità. II. Condizione di vincolabilità. III.
Forma di vincolabilità. IV. Paragone dei vincolabili. V. Distinzione
dei vincolabili. VI. Seme o stimolo di vincolabilità. VII. Tempo di
vincolabilità. VIII. Differenza dei vincolabili. IX. Avversione alla
vincolabilità. X. Il numero dei vincolabili. XI. Il movimento dei
vincolabili. XII. Indefinizione dei vinco labili. XIII. Il
fondamento della vincolabilità. XIV. La relazione dei vincolabili.
XV. Diversità della materia dei vincolabili. XVI. Grado dei
vincolabili. XVII. I temperamenti dei vincolabili. XVIII. I segni
dei vincolabili. XIX. Durata dei vincolabili. XX. La reazione dei
vincolabili. XXI. L'eterogeneità dei vincolabili. XXII. Il mutamento
dei vincolabili. XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili. XXIV.
Definizione dei vincolabili. XXV. Senso dei vincolabili. XXVI. La
fuga vincolabile. XXVII. La sostanza vincolabile. XXVIII. La
perfezione vincolabile. XXIX. L'obbligo dei vincolabili. XXX. La
verità vincolabile.
Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.
I. Definizione del vincolo. Il. Origine del vincolo. III.
Indefinizione del vincolo. IV. La composizione del vincolo. V.
Numero dei vincoli. VI. Le porte dei vincoli. VII. I generi dei
vincoli. VIII. La misura dei vincoli. IX. Descrizione del vincolo.
X. Distribuzione dei vincoli. XI. Il grado dei vincoli. XII. La
grandezza del vincolo. XIII. L'effetto principale del vincolo. XIV.
La qualità del vincolo. XV. Generalità o universalità del vincolo.
XVI. Paragone dei vincoli. XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli.
XVIII. La distinzione del vincolo. XIX. Avanzamento e scala del
vincolo. XX. Le basi della scala dei vincoli. XXI. La condizione dei
vincoli. XXII. La proprietà dei vincoli. XXIII. La grazia dei
vincoli.
DE VINCVLIS IN GENERE
Iordani Bruni Nolani
EsotericArchives Website
De vinculo spiritus
His absque medicus non est,
divinator non est, operator non est, amator non est, philosophus
non est etc. Per haec sunt omnes omnia.
Nihil absolute pulchrum quod vinciat, sed ad aliquid pulchrum;
alioqui asini amarent pulchras mulieres, simiae abolerent filios.
Similiter nihil absolute bonum quod alliciat, sed cum omnia seu
universum et ens est ex contrariis, ita et bonum est ex
contrariis; sunt enim alia quae consistunt igne, alia quae aqua
etc.
Se si potesse `a te chiuder l'entrata,
tant' il regno d'amor saria pi`u vago.
Honestum et iustum civile lege videtur esse, et non natura; sed
opinio multum valet ad habitum, ut quasi naturale sit quod
appetatur et vinciat appetitum, et e contra.
Evenit ut idem diversimode dispositum vinciatur et non vinciatur:
ut in Venere intumescentibus vasis et inanitis, in turbato et
tranquillo animo; in cibis etiam idem eidem est amarum et dulce,
cum diversimode afficiantur. Et praegnantes vidi appetere
cineres.
Vincire novit qui universi rationem habet et naturam
particularis et particularis dispositiones, habitus et
inclinationem.
Quant' il mondo senz' odio et senza morte.
Id quod absolute pulchrum et bonum et absolute vincit est
universum, et hoc ideo nil perdit omnia continens. Et omnia esse
desiderant, et non est quod fastidiat esse in universali et
simpliciter, sed hoc vel illud esse.
Cum nullum particulare sit simpliciter pulchrum, nil simpliciter
vincire potest. Est tamen appetitus simpliciter pulchri in
omnibus, omnia enim appetunt esse absolute et ex omni parte
pulchra, non simpliciter, quod hoc est impossibile
particularibus; alia enim est pulchritudo unius speciei, alia
alterius, alia unius generis, alia alius. Non tamen specie, quia
tota pulchritudo est in tota specie. Unde licet omnis puella
desideret esse ex omni parte pulchra, nulla tamen est. Unde bene
dixit Charidemus mutilatum imperfectumque esse pulchrum quod
corporea natura cernitur; et testatur Zeusis Helena de pluribus
Crotoniatis virginibus < -- >
Item cum pulchritudo in quadam simmetria consistat, haec autem
sit multiplex et innumerabilis numero ad multa supposita, non
autem simplex, vinculum pulchritudinis non erit simpliciter, sed
ad aliquid. Immo sicut diversae species, ita et diversa
individua a diversis vinciuntur; alia enim simmetria est ad
vinciendum Socratem, alia ad Platonem, alia ad multitudinem,
alia ad paucos; alii masculos, alii faeminam, alii viraginem,
alii mollem adamant.
Ideo stultus amor qui uni alligatur, quia conditiones boni et
amabilis sunt dispersae; ideo plures possumus bene amare: sicut
bonum cocum, bonum militem, bonum philosophum; ita mulierem bene
incedentem, aliam bene loquentem, aliam bene .............,
aliam ..... .......... una ...... omnia .... amabili.
Ita nulla est absoluta iustitia nec sapientia quae animum
vinciat, sicut nulla est mensura cibi vel potus quae omnibus sit
adcommodata.
Quidquid dicimus de pulchro, idem de purpi per contrarium dici
potest.
Quidlibet vincitur pulchro ad se et non pulchro ad aliud aliter
et bono; et fallacia iudiciorum hinc dependet maxime. Videat
ergo index.
Sunt quae vinciunt non sui sed alterius ratione, et aurum;
nusquam enim per se.
Est vinculum cathena, ordo, daemon magnus, quo omnia vinciuntur.
Apprehensio utilis, quia bonum est similitudine vel spe vel
specie vincit ratione corporea et incorporea.
Idem dicitur bonum alliciens, pulchrum, animi Vinculum. Hinc
deus dicitur circulorum pulchritudinis seu vinculi centrum, a
quo quattuor vinciuntur, ut ab ipso nequeant recedere ni velint
adnihilari. Haec cum moveantur, moventur ideo circa ipsum in
circulum: et ipsum non minus nequeunt destituere, quam suum
quaeque circumferentia centrum. Sunt ergo 4r circuli: mens,
anima, natura, materia. Mens per se stabilis, anima per se
mobilis, natura mobilis in alio non ab alio, materia mobilis in
et ab alio. Deus est vinculum et pulchrum sibi et aliis. Ab hoc
centro 4 illa procedentia in idem redire nituntur, et ideo
circuli rationem subeunt.
Vinculum pulchritudinis dicitur actus seu radius boni, primo
diffusus in mentem, secundo in animam, tertio in naturam, quarto
in materiam. Hoc mentem rationum ordine decorat, animam rationum
serie complet, naturam seminibus fulcit, materiam formis exornat.
Ideo vinculum hoc est splendor divini nullus. Qui radius obscure
est rerum corruptibilium subiecto, minus obscure in natura,
clare in anima, clarissime in mente.
Vincula sunt morum concinnitas, corporis forma, vocum
consonantia, et caetera quae profluunt et ab aedificiis, a
statuis, carminibus, orationibus. Haec Platoni pulchrum, Socrati
excellens animi venustas, Timaeo animi tyrannis, Platoni naturae
privilegium, Theophrasto tacita deceptio, Salomoni ignis
absconditus, aquae furtivae. Theocrito eburneum detrimentum,
Carneadi regnum sollicitum, et aliis aliter.
Vinculum hoc non est corpus, licet in corpore versetur; idem
enim hodie formosum, cras casu aliquo foedum. Unde aliud
formosum, aliud corpus, aliud vinculum.
Id autem est vinculum tum ad partes corporis concinnandas,
ratione quadam incorporea, tum etiam ad aliquid ea ratione
trahendum ad corpus.
Vinculum hoc non est moles nec in mole consistens, licet circa
molem etiam versetur; quandoquidem non grandia modo, sed et
brevia, formosa videantur, et saepe grandia deformia, parva
formosa, et e contra; et saepe stante eadem quantitate casu
quodam pulchritudo tollitur, eademque mutata pulchritudo
perseverat.
Vinculum hoc est quaedam rei species, quae a re ad animam
proficiscitur, non tamen recedit a re subiecta, sicut ignis qui
suam speciem emittens et comunicans non attenuatur, sicut imago
quae in subiecto primo, in speculo, in intermedio, in oculis.
Vinculum, quod a corpore proficiscitur, nullam habet corporis
partem definitam; licet enim rapiunt dicendi suavitas, oculi,
incessus, maxilla et caetera, haec tamen eodem numero si
diversis trib<uan>tur subiectis, non identidem similiterque
vinciunt. Alia quoque ratione nullam habet definitam corporis
partem, quia ex omni parte gratia procedit: unde Plato
incorpoream et spiritalem animae pulchritudinem, licet post
raptum universum corpus gratiosum reddit amantis.
Falsum esse videtur quod vinculum a certa membrorum omnium
proportione proficiscatur cum colorum suavitate; quod si esset
verum, aiunt Platonici, solae res compositae vincirent, nunc
autem puri colores, vox una, fulgor auri, argenti candor ......
Ni citius labitur et senescit quam pulchritudo, nil tardius quam
figura; non ergo idem pulchritudo et vinculum quod figura, immo
et manente eadem pulchritudine et figura praeterit amor, ut
accidit quibusdam post fruitionem rei amatae. Vinculum ergo est
in quadam convenientia non tantum membrorum ad invicem, sed et
in quadam rapientis et rapti condispositione, ut ita dicam.
Quandoque enim etsi nil habeamus in una puella quod ratione
arguamus, in alia vero plura, displicet tamen illa et ista
placet. Color item per se non vincit; clarior enim in seniore
despicitur, remissior in iuniore vincit.
Non color purus, ut omnino albus, omnino niger, sed mixtus; non
vox simplex, ut acuta vel gravis, sed media; non una currente
nota vel tono, sed pluribus.
Nodum istum difficile est invenire; ideo non facile est solvere.
Vinculum ligat spiritum maxime per visum, auditum, per
imaginationem.
Vinculum quoddam gratum vincto, quoddam ingratum, sicut quo bubo
trahit mustellam, lupus detinet etc.; incubus spiritum
rationalem, daemon energumenum occupat etc., gallus leonem,
mugil navim.
Vinculum non rapit animam nisi liget vinciatque; illam non
vincit, nisi perveniat ad ipsam; non pervenit, nisi per aliqua
rapiatur. Pervenit per cognitionem in genere, ligat per affectum
in genere, trahit per delectationem in genere. Cognitio in
genere ' dicimus, quia aliquando nescimus quo sensu rapiamur.
Item expertus sum amare quod audivi, et absens et de non nota
specie nescio quomodo deperibam. 'In genere' inquam, quia per
omnes, per plures et per singulos sensus vincimur, et aliquando
sensu indeterminato et non satis noto.
Plato ponit tria vehicula vinculi: visum, auditum et mentem.
Vincit enim gratia per vocem, forma per visum, mores per mentem.
Plura vinciuntur affectu per haec tria, quae vinci consequenter
cupiunt actu, per tactum in genere; unde visibile non vincit
oculum, sed per oculum vincit, per aurem vincit audibile, per
mentem ratio.
Quatuor motus sunt vinciendo, prime iniectio seu invectio,
secundo ligatio seu vinculum, tertio attractio, quarto copulatio
quae fruitia dicitur. Et haec ni fiat per omnes sensus, per quos
vinculum vectum est, non erit perfecta. Ideo amans totus vellet
migrare in amatum, lingua, ore, oculis etc.
[2v] Triplex amor triplexque raptus Platonicis. Rapit enim ad
vitam aut contemplativam aut activam seu moralem et voluptariam.
Prima est a formae corporalis aspectu ad considerationem
spiritalis et divinae erecta, secunda in sola videndi et
conversandi oblectatione perseverat, tertia a visu ad tactus
concupiscentiam descendit. Per primam ingeniosi, per ultimam
hebetes, per mediam medii. Primum vinculum dicitur amor divinus,
secundum humanus, tertium ferinus. Tripliciter illectant:
intellectualiter, animaliter, corporee: primum est boni splendor
<-->
Vinculum non in omni vinciente aequale, neque in omni vincto
idem.
Vinculum hoc quia ad summum bonum visum, auditum atque mentem
convertit, hinc veluti circulus quidam divinae lucis est a bono
manans, in bono residens, per bonum se diffundens et ad bonum
sempiterne refluens, estque velut unum rerum omnium principium
vel principiorum potius unitivum.
Hinc primo mens decoratur idearum ordine, secundo animus
rationum serie numerosisque discursibus, tertio naturas
seminibus, quarto materiam formis. Omnia vivificans, leniens,
mulciens, excitans. Omnia ordinat, procreat, regit, complet.
Omnia aperit, purgat, illuminat, gratificat. Omnia movet,
incendit, allicit.
Nil vincitur nisi aptissime praeparatum, quia fulgor ille non
eodem modo rebus omnibus comunicatur.
Corporum praeparatio ad vinciendum tribus constat: ordine, modo,
specie; 1. ordo partium intervalla, 2. modus quantitatem, 3.
species figuram, lineamenta et colores significat. Sicut in
vocis vinculo 1. ordo consistit in ascensu a gravi ad acutum et
descensu, 2. modus in debitis tertiis, quartis, quintis, sextis,
tonis et semitonis progressione, 3. species in canoro, claro,
suavi. In omnibus proportionalia iis tribus ad vinciendum
disponunt, sive compositis, sive simplicibus; iis enim color
placet etc. Sic animus disciplinis adcommodatur, ut per eas in
eo divini vultus luceat imago.
Deus, augelus, animus nos non ligant ut corporea, quia non
afficiunt, quia non pulsant per sese sensus, vel alio genere
vinculi, quod manu methaphorica affectus intellectuque .......tur.
Duplex ergo ad vinciendum praeparatio, et reddit aequivoce
significans vinculum.
Sic per omnes sensus cupimus, per omnes sensus vincimur.
Non simplicibus et absolutis, sed compositis et appositis
vincimur. Vinculum enim est ex plurium concinnitate cooriens
gratia, cui contrarium est ingratum seu turpe. Deus non habet in
se pulchritudinem, quia non habet ordinatam compositionem; non
hanc, quia non habet partes. Est autem pulchritudinis et vinculi
fons, author et actor. Dii similiter non sunt pulchri. Universum
non est pulchrum, ut videri potest; ita enim est simplici quadam
ratione constans suis similiter se habentibus sphaeris, stellis,
astris, magnis animalibus; nisi quadam similitudine et analogica
ratione; vel saltem in iis non est pulchritudo quae nos vinciat.
Vinculum sequitur rei sensum, sicut umbra corpus. Omnia ergo
quae vinciunt, quoquo pacto sensum aliquam ingerunt, et quae
vinciuntur, quoquo pacto sentiunt. Ferram magnetem sentit.
Sunt cantus quidam et harmoniae quae vinciunt homines, non autem
feras; aliae aves, non autem homines. Quibusdam figuris et
linearam coloribus rapiuntur homines, quibus non alia animantia;
quibusdam fumigiis rapiuntur spiritus, quibus non homines. Aliud
ergo nobis, aliud aliis est pulchrum; ideo diversa vinculoram
genera.
Plura vinciunt hominas quam bruta, quia plures habet potentias,
partes, circumstantias, fines, et consequenter plures appetitus.
Pulchrum non vincit sensum, sed per ipsum vincula connectenda
iniicit; sensus enim sunt veluti ostia seu portae seu fenestrae.
Caeli astra, viridia prata, cantus etc. movent, alliciunt,
inclinant, non rapiunt; at in iis proprie amor non dicitur, cum
non sit cum appetitu Veneris, quae eius amor est. Atqui sunt
horti Veneris, quibus patet ad Venerem accessus. Qui vincitur ad
cibum famelicus, qui ad potum sitiens, qui ad Venerem amans, et
hic secundum speciem sensibilem, et hic amor fertur cum feris,
vel ad intelligibilem, et divinus dicitur. Primus amor est
physicus seu naturalis, secundus est abstractus seu mathematicus,
et est amor heremitae masturbantis.
Vinculum non aequaliter ab omnibus, nec aequaliter in omnia, nec
semper, sed dispositum disposita. Hinc vinculum non est quod
vincit, sed quod vincire valet non prohibitum, non impeditum.
Vincitur maxime aliquid per hoc quod aliquid sui est in
vinciente, vel per hoc quod per aliquid sui vinciens imperat
illi. Hinc ungues et capilli vivorum sufficiunt ut in universum
corpus habeat imperium, item et in spiritus; necromanti avocant
manes per ossa mortuorum, similiter et per cognata iis. Hinc non
temere antiquorum quidam maxime curabant sepulturas, alii rogos,
et inter supplicia insepultum relinguere.
Tot genera vinculorum quot pulchri, quot boni; et haec sunt pro
specierum numero. Ideo falluntur qui amant hominem solum
pulchrum.
Non me vincit musica in puella, qui musicae cum pudicitia non
convenit: vincit autem a puella. Nec versutia nec fortitudo
corporis.
Vincit Venus decora voce, anhelitu odoreque suavi, carnis
lenitate, osculi etc., quia laquei per omnes sensus iniecti
arctius ligant. Sed sint sine superbia.
Iactu seminis vincula relaxantur, retentione vero intenduntur;
taliter debet affectus qui vincire vult, qualiter qui vinciri
debet. Propterea in conviviis et post convivia inspirare
introducitur in ossibus ignem Cupido. Vide. Continentia est
principium vinculi, abstinentia praecurrit famem, haec melius
cibum attrahit. Indignatio è santo sdegno.
Ab habitu interno, qui convictu delitescit, et externo, qui in
corporis culta consistit, provenit vinculum. Movent haec, si
transfuga quadam artis dissimulatione fiant; neque si qui satis
belle loquitur et satis nimisque superstitiosula sapit, placet,
neque
vestes cirotecas
que qui nimis methodice ornat capillos, oculos, motus, gestas
etc.
con i guanti piegati
placere potest magis quam displicere. Sicut de Mario ambitu.
Puella, cuius gratia praeparationem habet in animi concinnitate
tantum, animum movet ad animalem fruitionem duntaxat; cuius vero
gratia praeparationem habet in corporis forma, animum movet ad
corporalem fruitionem; cuius gratia praeparationem habet in
utroque, ad utramque fruitionem movet. Atqui sunt qui ita
vinciuntur ab animo, ut et corpus ipsum, quod illius animi vas
est, concipiscant; sunt qui corpus sine animo despiciant: talis
perhibetur Socrates, cum dixit 'loquere, puer.'
Potens est corporalis pulchritudo, ut et mentem vinciat et
adtollat; amor enim plures reddit poetas et heroas, sed illud
non fit per vinculum nisi per accidens; causat enim illud
concitationem quamdam.
Ars est artificis pulchritudo, et hac artifex vincit. Stupide
enim videbit quis artificialium et naturalium pulchritudinem,
qui una ingenium, quo sunt effecta, non contemplatur: iis caeli
non enarrant gloriam Dei`; ideo non magis Deum quam Dei effectus
exosculantur.
Vinculum intellectuale per mentem anima rapit, naturale per
sensum.
Helluones iactant continentiam quod
...................................
.........................................................................................
Gratia .... Veneris .................... perfectos, non
mutilates, non aegrotos, non senes non
bon........................., non iuvenes senibus
...............
Vinculum si aptum ad generationem vel illi simile consequatur,
non sine actione vel passione Veneris affectu completur.
Ii quibus utitur natura et eam omnino dominam habent, ut bruta,
ad masculam non vinciuntur Venerem: sed qui natura utuntur et....
ipsa suae voluptatis finis, forsè .......... aliquando.
Alio vinculo exosculamur filios, alio patrem, alio sororem, alio
uxorem, alio amicam, alio cinaedum, alio amicum.
A contrariis dispositionibus evenit ut hic vinciatur, amore,
alius omnino solvatur et fastidiat illud idem. Unde patet non
idem esse pulchrum et in eadem specie; simpatiam enim habet hic
qua caret ille; ideo pulchrum est huic quod illi deforme; ideo
qui vincire cupit videat quos possit et quomodo possit. Non
ignoret autem causam huius esse satis occultam, item effectus
esse inconstantes, quia hodie consonat quod cras dissonabit, imo
et eadem hora.
Omnes a cubili et cibo vinciuntur et trahuntur, sed non ab eodem
cubili atque cibo, neque eodem cibo vesci cupimus mane atque
vesperi, aestate et hieme; fluit enim complexio, fluunt omnia;
ideo cum quis vincire potest, quanto primo potest vinciat et
stringat; amor enim sicut et occasio praeceps; ita vinciat
primo, ut semper tentat.
Non eodem vincimur vinculo, quoniam nostra natura non est
simplex nec semper easem. Est igitur sicut Thetis ad Peleum et
Proteus etc. Cum ergo natura multifariam varia sit, alia atque
alia idio...... individualique complexione afficietur; ideo
Proteus
fluvius ab Hercule
serpens seu coluber aliter vincitur quam cum leo. Deus simplex a
variatione a......s est, ideo vincire semper gaudet. Caetera
variatione gaudent, ideo varie aliter atque aliter vinciunt;
aliter Acheloum virum, aliter anguem, secus taurum vinxit
Hercules.
Quia est omnia gaudet omnibus ille omnia
............................. ...... amor omnia vel nihil.
Qui ....... vincitur a vinculis minus vincitur, qui a pluribus
magis. Haec igitur est maxima ad solutionem viri a pluribus
occupati. Amor perfectus non est plurium. Amor intensus
superlationi comparatur; supereminens autem semper est unum.
......dus est qui a pluribus vincitur. Quia diversi sunt
pulchritudinis gradus atque disiuncti. Hinc una ratione me urit
hic, alia alius ratione. Quod si utraque ratio aggregaretur in
uno, placeret unus ex duobus; si omnes gradus atque rationes
aggregarentur in uno, unus ex omnibus placeret.
Placet invatque vincire, quia amari et honorari iuvat atque
placet. Hinc assentatores adulatoreque vinciunt. Sed si sint
cauti, ne ita agant ut assentationem detegant: magnificent
modicas virtutes, attenuent vitia, excusent accusabilia,
convertant in virtutes facinora. Avarum faciat providum et
parsimo...
Quae vincit generosum et laudatum virum, vincto gaudet, et hoc
gaudium est via qua ex eius vinculis ipsa vinciatur. Ultra modum
enim vilis est quae laudatum et egregium virum amantem non
redamet; alia ratione si ignobilia amet aliquis <-->
Multa sunt quae cum pulchra exstant, tanquam bona nos vinciunt,
ut equus, navis, domus, statua, canis, avis, et ex iis turpia
sunt mala. At homo pulcher non vincit ut bonus habeatur, bonus
non ut pulcher exstimetur, sed hoc est per accidens, id est per
malam educationem. Et quia pulchrae magis sollicitantur et per
paupertatem etiam sunt minus pudicae. Contraria ratione aliae
quandoque bonae ......................... oculi naturalis
complexio melior temperantior est et virtutibus in mediocritate
consistentibus aptior.
Vincimur maxime per visum; est enim sensuum activissimus,
spiritualissimus, optimus. Atqui [4r] saepe multi rem non visam
depereunt.
Is vere uni vincitur, qui in rebus negociisque aliis torpescit
et in ipso sollicitatur; iocundior enim operatio alteram
excludit, animus auribus intentus remittit oculos. Hinc
vehementius gaudentes, tristes, aestuantes, non valde aliud
agimus, imo statim cessamus ab opere; hoc est teneri, vinciri,
abstrahi, trahi.
Voluptas hominum minus est determinata ad unum, unde rationalis
dicitur, quam voluptas brutorum, quae naturalis appellatur; hinc
equa pariter omnes equos vincire potest, mulier una viros omnes
non ita: ut aiunt.
Pudor et fides propugnator vinculorum optimus; est autem pudor
ignominiae metus. Quae bene vinculis obstat et vere afficitur
pudore, rubet; quae vero timore vecordiaque se proripit a
vinculis, pallet: hanc qui vincire cupit, additis animis
superabit, non illam. Primam proprie dicimus verecundam,
secundam vero proprie pudere dixerim; verecundia enim recti
honestique rationem habet, pudor autem infamiae timorem prae se
fert; pallent enim et qui timent verbera et mortem.
N Si fecit hoc, factus est hinc verecundus.
Si fecit illud, postea erubuit.
Si fecit aliud, pudorem concepit.
Ergo bonus est, quia est verecundus
iuxta illud 'Verecundiam serva.'
Homini probo verecundia non competit propter sua delicta qui
.....|..... veritus improbus fiat. Seniorem hominem nemo
laudabit quia est verecundus; nil enim agere debeat pro quo
verecundia emergere solet. Frustra ergo N semper est verecundus.
Verecundiam enim servent pueri atque puellae.
Amor ut in amante est, passive dicitur et est vinculum, alio
modo dicitur active, id est quod amare facit; et est quaedam
divina vis in rebus, et hic est ille qui vincit. Et Orpheo atque
Mercurio est Daemon magnus, antiquus ante mundum, quo chaos
ornamentum appetebat eratque in sino illius. Quia autem in
generatione operatur et nova facit et principiis dominatur,
senectutem fugere et odisse dicitur, iuvenibus se miscere, duros
habitus aufugit, mites mollesque inhabitat, iuvenis et tenellus
.......... habetur etc. Vide Polyantheam.
Hunc vincientem vel vinculum hoc nec pulchrum neque bonum
appellat Socrates, quia pulchrum appetit atque bonum; eo igitur
caret: ideoque noluit esse deorum aliquem. Item inquit ille
amorem medium inter bonum et malum, turpe et pulchrum, mortale
et immortale. Sed hic rhetorice et aequivoce sentit de appetitu
et medio. Sumimus amorem vinculum secundum rationem comunem
activo (et) passivo, qua omnia volunt perfici, uniri, copulari,
ordinari, et natura agit perfectionem, unionem, copulam et
ordinem.
Et sic nihil est sine amore divinum ne<que> perfectum. Imo amor
ubique dicit perfectionem, et si in materia et chaos supponat (ut
aiunt) inperfectionem, nunquam tamen significat imperfectionem,
sed semper perfectionem et participationem luminis divinitatis.
Si quodlibet imperfectum amat perfici, non per imperfectionem
amat perfici, sed per perfectionis participationem, tanto magis
vivaciter, quanto vehementius appetit; altius enim summi boni
amore flagrat quod perfectius est quam quod minus perfectum.
Hoc vinculo superiora dicuntur providere inferioribus, inferiora
converti ad superiora, et aequalia invicwm adsociari. Ideo est
numen et divinitas in omnibus supiective, ut universi perfectio.
Hic amor unus est et vinculum unum, qui facit omnia unum.
Habetque in diversis diversas facies; [4v] aliter enim atque
aliter alia vinciuntur atque alia. Hinc illae Cupidinis
distinctiones et amoris. Vide amor. Poly. et Natal.
Hoc vinculo rapitur amans, ut in amatum transferri velit, vel
totum concipere amatum et imbibere.
Est vinculum quo volumus habere quae absunt, et est vinculum quo
nolumus amittere quae habemus primum est desiderium et appetitus,
secundum est amoris species complacentia dicitur nobis.
Est pulchri amor quo pulchri fieri volumus, est et pulchri amor
quo pulchro potiri concupiscimus: primo modo amamus id quo
caremus, secundo et id quod habemus.
Duplex amoris vinculum dixit Eriximachus, ulterum quo contraria
in ipsius .......... male concordant, velut in aegrotis
corporibus humores, et hic malus amor dicitur; alterum quo bene,
ut in ......... magistratibus, orationibus, harmonia.
Contemplativi a formae corporalis aspectu divinis vinciuntur,
voluptuosi a visu ad tangendi concupiscentiam descendunt,
morales in conversandi oblectationem trahuntur primi ......,
secundi hebetes, tertii medii: primi digni ethere, secundi vita,
tertii sensu: primi .. pavent et fugiunt, secundi haerent,
tertii appropiant.
Sanctimonia, zelus et religio ligant unde quidam sanctus doctor
'A..................... ideo cavendae; quo enim sanctiores
fuerint, eo magis alliciunt; et sub praetextu blandi piique
sermonis ...miscet se viscus impiissimae libidinis, credo mihi.'
Haec ille.
Vincit non solum bonum, sed opinio boni; vinculum tamen semper
est cum quadam adcommodatione proportioneque.
Amoris, amicitiae, benevolentiae, placentiae, voluptatis,
charitatis, compassionis, cupiditatis, cupidinis, avaritiae,
libidinis, desiderii vinculum, nisi mutuum fuerit, facile
evanescit. Unde illud proverbium 'sine amore perit amor.'
Catullus Lesbiae nuptae magis vinctus, quod maiore fruendi
desiderio afficiebatur. 'Nitimur in vetitum' aliquid est
............... pro univs complexs
Vinculum fit ex prolifico semine quod ad actum suum rapitur,
nititur atque rapit; ideo hoc emisso secundum partem; perit
secundum partem vinculi vis.
Multiplex semen, multiplex Venus, multiplex amor, multiplex
vinculum. Unde et scientiarum et morum concinnitatem in aliis
ingenerare concupiscimus. Semen quo cum quis plenus est,
desiderat emittere in alterius viri animam.
Alligator faemina faeminae, puer puero, mas mari, mas faeminae,
homo supernis, aequalibus, infernis, naturalibus, artificialibus.
Res rebus, sicut per incantationem cicada aurea etc.
Amabile et bonum pulchro fusius; ideo plura sunt vinculorum
genera quam a pulchro; imo sunt et a malo et violente plura,
quae principium sunt corruptionis. Pater vincitur filio etiam
monstro.
Plures vincit phantasia et opinio, quam ratio, imo et intensius.
Multi amant, et cur amant nesciunt, quia sine ratione amant: non
tamen sine causa impellente, febricitantem vincit amor aquae.
Unde devinciuntur et invincibilia animalium. Arist. De
animalibus, Agripp. Quae est propter cognationem quandam vel
cognati vestigium.
Omnia sunt bona, non tamen ab omnibus vincimur. Non ergo omne
bonum vincit, quod aliis aliud est bonum et .....| ...........
et spec.............. differentia sunt bona: super hoc ....
dulce non est dulce ......
Vincimur apprehensione voluptifici.
Si philautiam extinguamus, invincibiles reddimus reddimurque;
philantia excitata vincimus concitamusque.
Voluptas vinculorem vinculum; quaerenti enim 'cur voluptate
caperis?' respondemus 'quia voluptate capior', 'quia placet.'
Non idem omnium bonum, non idem summum, non idem maximum, si
contraria et diversa sunt genera, erit autem idem identitate
entis, maxime aequivocum.
Vincimus confortando, si timidum prohibemus militare, impium
deos colere, inhumanum nolumus suis servire commodis. Pro
naturae inclinatione quemque rapimus. Qui cylindrum vult ducere,
non ad capita et angulos, sed in rotundum inclinat.
Plus vincit cantus adulator quam verus amicus.
[5r]
Chi mette il piè su l'amorosa pania etc.
Crates Thebanus dixit 'remedium amoris fames; si haec non
sufficit, tempus; si hoc non sufficit, laqueus.'
Dove l'amor Venereo spinge più gaglardamente .............. ....
pero.............. | ............. l'armi et amori: et questo
vale più che la cupidità del ore ne gl'animi generosi ... servir
questo fece Menelao ...... o Agamon. S il M...o che dona.
Ne distanza di loco ne di tempe
altra affettione
Ne ............ alcuna che la morte
Ne passion di corpo ne diggiuno
Ne esser voto o pieno ne per forte
altrove affaticarmi
Vincula Palladis Cup.
Martis phantas.
Veneris auri Cupid.
Cupidinis .......
Saturni Malefici necromantis.
--------------------------------------------------------------------------------
[87r]
IORDANI BRVNI NOLANI
DE VINCVLIS IN GENERA.
Ut eum qui vincire debet necessarium est rerum quodammodo
universalem rationem habere, ut hominem (qui epilogus quidam
omnium est) valeat, alligare, quandoquidem, ut alibi diximus, in
hac potissimum specie rerum omnium species maxime per numeros
licet intueri, ut eorum alii referuntur ad pisces, alii ad aves,
ad serpentes, alii ad reptilia, tum secundum genus, tum secundum
eorum species. Singulis item horum accidit diversitas usus,
consuetudinis, finis, inclinationis, complexionis, aetatis;
atque ita ut de Proteo fingunt atque Acheloo, eandem licet
subiectam materiam in varias formas atque figuras transmigrantem,
ut continue ad vinciendum aliis atque aliis et nodorum utendum
sit speciebus. Huc spectat quod consideratio de moribus hominum,
nunc invenum, nunc senum, nunc mediorum, nobilium, divitum,
potentium, fortunatorum, quibus adde mores invidorum,
ambitiosorum, militum, mercatorum et id genus aliorum, quando et
tales in reipub. administrationem plerisque in partibus
assumuntur, vel talibus etiam opus sit mediis sit mediis
instrumentis, quos propterea vincire sibi etiam oporteat. Nihil
tandem esse videtur, quod a civili speculatione sub forma
huiusce considerationis (quatenus vel vinciuntur vel vinciuntur
vel vincula quaedam sunt vel horum circumstantiae) possit esse
alienum. Quapropter adiecimus hanc considerationem, quae De
vinculo in genere intitulatur.
DE VINCIENTE IN GENERE.
Artic. I. Vincientum species.
Vincientia per universum sunt Deus, Daemon, Animus, Animal,
Natura, Sors et Fortuna, tandem Fatum. Hoc universaliter
vinciens, quod uno non potest nomine designari, non ligat sub
specie et sensu corporis; corpus enim per se sensum non pulsat,
sed per vim quandam in corpore existentem et a corpore
prodeuntem. Manus ergo vinciens metaphorico nomine appellatur,
quae multiplici ad vinciendum praeparatione deflectitur et
inclinat.
Effectus vincientis. Art. II.
Hic est quem vinciendo aiunt Platonici memtem idearum ordine
decorare; animum rationum serie numerosisque discursibus implere;
naturam variis foecundare seminibus; materiam innumerabilibus
conditionibus informare; omnia vivificare, lenire, mulcere,
excitare; omnia ordinare, procreare, regere, allicere, incendere;
omnia movere, aperire, illuminare, purgare, gratificare,
complere.
Vt arte vinciat. Art. III.
Vincit arte artifex, quandoquidem ars est artificis pulritudo.
Nimirum ut attonitus et stupidus videbit quispiam artificialium
et naturalium pulchritudinem, qui una ingenium, quo universa
sunt effecta, minime contemplatur et admiratur. Illi 'stellae
non enarrant gloriam Dei'; item non magis Deum, quam Dei
effectus (bruta nempe anima) exosculabitur etc.
Ut pluribus hominem vinciat. Artic. IV.
Ex his quae vinciunt plurima nimirum vinciunt homines quam
bruta, plura item magis vegeti ingenii quam stupidiores, utpote
qui pluribus abundant facultatibus atque potentiis, ad plures
respiciunt partes, circumstantias atque fines, pluribus
consequenter aguntur appetitibus.
Ut sensus est leno vincienti. Art. V.
Hominem stupidum rara et impetu naturali excitata vincit libido,
paucis speciebus definitur cibus atque crassis. Hunc non
eloquium mulcet, non veneres pelliciunt, non musica, non pictura,
non caetera naturae lenocinia.
Quare uno non expleat vinculo. Art. VI.
Pluribus ideo vincior, plures ideo sentio vincientes, quia
diversi sunt pulchritudinis gradus atque disiuncti. Hinc una me
hic, alia me alii urunt et vinciunt ratione. Quod si omnis ratio
in unum aggregaretur, forte pro omnibus et ex omnibus placeret
unus. Id vero hactenus minime natura passa est, ut varia
pulchritudinis, iocunditatis, bonitatis, contrariorum et
diversorum ab his effectuum vincula spargeret, et iuxta partium
materiae numeros distincte promeret atque seiunctim. Accidit
vero ut quidam uno tantum obiecto teneatur interdum, vel propter
sensus stupiditatem, qui ad reliquos ordines est caecus et
remissus, vel propter vinculi unius vehementiam, quae sic unice
affligat atque torqueat, ut inde aliorum sensus lentescat,
obruatur, supprimatur. Hoc vero raro et in paucis accidit et est
mirabile, ut in quibusdam, qui spe vitae aeternae et quadam
vivacitate fidei vel credulitatis ita animo abrepti visi sunt et
a corpore quodammodo distracti, et obiecto, cui phantasiae et
opinionis virtute devincti erant vehementius astringente,
horribiles cruciatus ne sentire quidem visi sunt, ut in
Anaxarcho philosopho et Andrea Galilaeo, in Laurentio presbytero
et aliis usque ad nostram aetatem pro religionis specie in
principes et reges sicariis est manifestum; cum ratione vero in
Cynico Diogene et Epicuro, quibus hac ratione animo rerum
contemptu et specie opinionis secundum principia naturalia et
ordines devincto, sensum voluptatum et dolorum omnium abigebant;
...que summum huius vitae pro conditione humanae speciei bonum
se assequutos esse censebant, ubi animum extra dolorem, timorem,
iram tristesque alios affectus positum in quadam heroica
voluptate servarent, et rerum ignobilium quae sunt in hac vita,
nempe temporanearum, contemptu Deorum se similem vitam in hoc
etiam mortali corpore consequutos testabantur, itaque summum
bonum et eximiam virtutem cum aliis ostendisse, tum ipsos
putarunt se esse consequutos.
Quid genius conferat vincienti. Art. VII.
Sunt qui dicant vincientem genus superioritate alium vincire et
ab alio non revinciri, comparis vero ingenii esse
reciprocum vinculum et in quodam qualitatis ordine consistere.
[88r] Atqui iuxta horum sententiam genium sequeretur continue
mutari et alterari, sicut formae, complexiones et species
alterantur, quia quem puer vincit, iuvenis non item vincit; quem
vinciebat puella, eadem matrona non vincit. Non ergo ad unum
principium referendum est et simplex, quod aliquid compositum et
in sua natura varium atque etiam ex contrariis consistens
vinciatur.
Quem facilius vinciat. Art. VIII.
Homo potissimum vincitur, qui verius homo est, specie
dignissimorum, qui longe placet amplius dignissima sperare quam
possidere vilia: horum quippe possessione facile stomachamur;
quaecunque non facile possidemus, ardentius deperimus.
Ut idem eodem contrariis alligat. Art. IX.
Confusa et quodammodo etiam contraria videntur esse vincientia
ab eodem etiam vincientis genere, ubi contrarii vinculorum
effectus et affectus inspiciuntur. Quem enim (verbi gratia)
Cupidinis vincula invaserint, uno eodemque igne atque laquei
sensu videbitur cogi ad exclamandum et tacendum, laetitiam
tristitiam, spem et desperationem, timorem et audaciam, iram et
mansuetudinem, fletum et risum; unde illud
Io che porto d'amor l'alto vessillo
Gelate ho speme e li desir cocenti,
A un tempo agghiaccio e tremo, ardo e sfavillo,
E muto colmo il ciel de strida ardenti.
Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stilli,
E vivo e muoio, e fo risa e lamenti;
Ho vive l'acqui e l'incendio nò more,
Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.
Non uno vinculo vincit vinciens diversa. Art. X.
Nihil absolute pulchrum quod vinciat tanquam iocundum, nihil
absolute bonum quod alliciat tanquam utile, nihil absolute
magnum si finitum est. In pulchritudine enim respice ut simius
simiae, equus equae placeat, ne Venus quidem aliac ab homine et
heroum speciei. In bono respice ut ex contrariis sunt universa,
ut aliis animantum bona sunt sub undis, aliis in arido; hiis in
montibus, illis in campo; quibusdam in profundo, aliis in
sublimi.
Qui vinciat. Art. XI.
Vincire ergo novit, qui universi rationem habet vel saltem rei
particularis vinciendae naturam, dispositionem, inclinationem,
habitum, usum, finem.
Non est unus qui omne vinciat particularis. Art. XII.
Id quod absolute pulchrum et bonum et magnum et verum absolute
vincit affectum, intellectum et omne. Item nihil perdit, omnia
continet, omnia desiderat, desideratur et persequitur a pluribus,
quod diverso vinculorum genere viget; ideo pluribus artibus
abundare ambimus, siquidem non est quod fastidiat esse in
universali atque simpliciter, sed hoc et huiusmodi, illud et
eiusmodi. Cum ergo nullum particulare atque absolute pulchrum,
bonum, verum etc., non solum supra genus, sed neque in genere
neque in specie aliqua nihil est quod simpliciter vincire per
eosdem gradus possit, nihilominus tamen appetitus pulchri boni
etc. est in omnibus; omnia enim appetunt esse absolute et ex
omni parte pulchra, iuxta propriae speciei et generis
conditionem saltem. Alia enim pulchritudo et bonitas est unius
speciei, alia alterius; in alia quidem unum contrariorum, in
alia alterum dominatur. Totam quoque pulchritudinem [88v] et
bonitatem speciei unius non nisi in tota specie et per totam
aeternitatem per omnia individua atque sigillatim est petendum.
Hoc testatus est Zeuxis in pulchritudinw humana, qui Helenam de
pluribus Crotoniatis virginibus depinxit. Quin imo si danri
esset puellam ex omni parte pulchram seu ex toto, quî fieri
potest, ut omnimodo et omnibus modis pulchrum afferre possit,
quandoquidem innumerabiles sunt pulchritudinis corporalis in
muliebri specie differentiae, e quibus non nisi unae in uno
subiecto possunt reperiri? Pulchritudo enim, sive in quadam
symmetria consistat sive in alio quodam quod incorporeum
corporea in natura cernitur ipsum, multiplex est et
innumerabilibus proveniens ordinibus; ideo quemadmodum lapidis
asperitas non cum cuiuslibet lapidis asperitate quadrat,
concurrit, cohaeret, sed ubi respondentes sunt magis sinus atque
cavitates, ita non quaelibet species in quolibet animo sedebit.
Diversa igitur individua a diversis vinciuntur obiectis; etsi
quippe idem sit quod vinciat Socratem atque Platonem, aliter
tamen hunc vinciet atque illum; alia multitudinem, alia paucos
movent; alia mares et viriles, alia foeminas et muliebres.
Varia vincientis instrumenta. Art. XIII.
Dispersit, distinxit et quodammodo disseminavit natura
pulchritudinis, bonitatis, veritatis et dignitatis obiecta; ideo
plures pluribus rationibus et pro diverso fine vincire possunt.
Vincit fitque amabilis bonus agricola, alia ratione coquus, alia
miles, alia musicus, alia pictor, philosophus, puer, puella haec
quod bene incedat, illa quod melius loquatur. Ex his nemo est
qui solus habeat omnia atque omnimode; sed qui ad plurima
secundum species atque modos inveniatur habilis atque felix,
ille vinciet plures, pluribus dominabitur et per plures de
omnibus in sua specie triumphabit.
Vincientis commoda Art. XIV.
Ut diversa sunt tempora, diversae occasiones, et diversi subeunt
affectus, neque una eademque mensura; ita neque est aliquid unum
atque simplex et eiusdem quantitatis et qualitatis, quod omnibus
placere aeque possit, aeque omnes explere, quinimo vel singulos,
vel diversis temporibus unum, sicut nec idem cibus nec eadem
cibi mensura atque qualitas. Idem iudicium est de omnibus,
quibus vincitur appetitus.
Vincientum differentiae. Art. XV.
Et sunt quae vinciunt secundum se, et sunt quae vinciunt per
aliquid sui quod est vel pars vel quantitas, et sunt quae
vinciunt alterius ratione cui adsint, subministrent, vel ad quod
disponant, sicut et formosum aedificium ex informibus partibus
consurgit.
Vincientis varia facultas. Art. XVI.
Multa sunt quae, cum pulchra existant, tanquam bona tamen nos
vinciunt, ut equus, navis, domus, statua, canis et avis. Homo
vero pulcher non vincit ut bonus habeatur, bonus etiam non
vincit ut pulcher existimetur; accidente enim quodam fit, ut cum
pulchritudine sit facinus et error. Da quippe pulchram et
pauperem: magis sollicitatur, facilius donis allicitur. Divarsa
diversorum, contraria contrariorum et similium similis est ratio.
Vincientis sedes. Art. XVII.
Putant nonnulli parum distinguentes, ut Platonici, illud quod
vincit esse rei speciem, quae a re [89r] ad animam proficiscitur,
a re subiecta tamen non recedit, sicut ignis qui communicans
suam speciem non attenuatur, sicut imago quae in subiecto primo,
inde in speculo, in intermedio et in oculis. Atqui profundius
considerantes invenimus, esse quidem in corpore et quodam
sensibili vinculi consistentiam, sed, sicut anima, cuius
conditionem animae virtus consequitur, nullam habet definitam in
corpore partem. Etsi quippe vulnus amoris sit ab oculis vel ab
ore vel a colore, non tamen in illis simpliciter vel ab illis
inveniri vel provenire videbitur, quando oculi per se seorsimque
conspecti non habent eandem vim, quam a collatione cum reliquis
partibus faciei. Simile indicium est de ore, de naso, simile de
colore, qualis etiam in pyxide pictoris non placebit. Indefinita
ergo et incircumscriptibilis omnino est ratio pulchritudinis, et
a simili ratio iocundi atque boni. Proinde non tota vinculi
ratio in re subiecta perspicienda est, sed etiam, secundum
alteram non minus praecipuam partem, in eo quod vincitur; nihilo
enim mutata cibi qualitate atque substantia, nunc post
refectionem reiicitur, qui paulo ante avide sumebatur. Cupidinis
vincula, quae ante coitum intensa erant, modico seminis iactu
sunt remissa et ignes temperati, obiecto pulchro nihilominus
eodem permanente. Non tota igitur vinculi ratio ad illud est
referenda.
Praeparationes vincientis. Artic. XVIII.
Vinciens tribus dicitur praeparari ad ligandum: ordine, modo et
specie. Ordo partium dat intervalla, modus definit quantitatem,
species figuris, lineamentis et coloribus significatur. Sicut in
vocis vinculo ordo consistit in ascensu et descensu per grave,
acutum et media; modus in debitis tertiis, quartis, quintis,
sextis etc., tonis et semitonis progressione; species in
canoritate, suavitate, claritate. Proportionalia sunt tribus
hisce in omnibus sive compositis sive simplicibus, ubi
praeparatio esti ad vinciendum.
Diversitas praeparationum. Artic. XIX.
Pro vinculis alia est praeparatio ex signis et vestigiis animi
concinnitatem indicantibus tantum, et per ipsam movetur animus
ad animalem tantummodo fruitionem persequendam, ut illi
adhaereat et uniatur, gratia vero praeparationem habens in
corporis et huiuscemodi nempe membrorum dispositione, vel quae
est ex habilibus, qui circa corpus sunt, animum corporali
appiscendae fruitioni alligat; ubi vero praeparatio fuerit in
utroque, ad utramque vehementius fruitionem impellet, seu ab
utroque attrahet principio. Porro sunt qui ita ab animo
vinciuntur, ut corpus ipsum, quod illius vas est, etiam
concupiscant. Pauci item animo magis incumbunt, ut quamlibet
etiam corporalem speciem absque animi praeparatione etiam
despiciant, ut fama est de Socrate, qui venustum puellum effari
primo praecipiebat, antequam de suo erga illum amore definiret.
Vincientis conditio. Art. XX.
Magnificant assentatores modicas virtutes, attenuant vitia,
excusant mendas, referunt in virtutes facinora, et caute ita
agunt ne propriam detegant assentationis artem. Itaque non
admodum astutos sibi devinciunt, per hoc quod cuicumque amari et
honorari maxime placet atque iuvat, nec non vincire quenquam
posse praedominantis cuiusdam est virtutis.
Ut vinciens vincitur. Art. XXI.
Gaudium et gloria quaedam est vincientis, eaque maxima atque
tanto vehementior, quanto generosius, laudabilius et
praestantius est quod vincitur; eo in gaudio eaque in gloria est
sita vinculi vis, qua et vinciens ipse a vincto revinciatur.
Victores laudando suos victos victoriam suam efferunt, et
interdum seque etiam nedum alios decipiunt, et in cupidine et
aliis civilibus vinculorum effectibus. Ultra modum vile oportet
esse ingenium, quod laudatum et egregium amantem, seu alia
ratione sibi ex animo devinctum, ingrato non vicissim
persequatur animo.
Vincientis distinctio. Art. XXII.
Est vincientis species qua digni, pulchri et boni fieri volumus,
et est species qua bono, pulchro et digno potiri concupiscimus.
Primum vincientis genus est ab obiecto quo caremus, secundum ab
eo quod habemus magis. Ex his vincit non solum bonum, sed et
opinio boni; ubique tamen vinculum cum quadam proportione et
accommodatione semper est. Plures quoque vincit phantasia et
opinio, quam ratio; quin immo intensius illa quam ista. Multi
quippe, quia sine ratione amant, quamvis non sine causa ament
impellente, vinciuntur quidem, sed unde vincantur ignorant.
Vincientis caecitas. Art. XXIII.
Occulta etiam maxima ex parte etiam sapientibus vinculorum est
ratio; quid enim magni est referre rationem analogiae,
similitudinis, congeneitatis et id genus vocum sine sensu,
quando hominem videmus nihil odisse magis quam alterum hominem,
eumque consortem atque simillimum, interdum quoque nihil amare
magis, idque ex ignota causa? Quae enim generalis affertur ratio,
nulla est omnino, ut solutio quaedam est et apathia inter ea
quae eiusdem generis et speciei, ut foeminam et foeminam, marem
et foeminam; quibus addo conditiones viri, senis, pueri. Quid
dices de amore earum, quorum solummodo est auditus, qui
devotionis nomine vulgo describitur? An non homo supernis et
immaterialibus, imo imaginariis et non repertis summopere
devincitur? Mitto speciem virtutis vinculorum referre per
species, potissimum vero eam, quae est per incantationem. Nec
est quod dicit quisquam vinculi vim esse a bono magis, quam
vincire possit boni opinio; quin etiam ab evidenti magis, quam
ab occulta causa. Et diximus supra ut diversae sunt bonorum
differentiae atque species.
Vincientis industria. Art. XXIV.
Quemadmodum ignorantes plus a cauto vincimur adulatore, quam ab
amico vero, ita artificiose formantur et confortantur vincula et
vincientis efficacia, si timidum ille prohibeat militare, vesane
impium deos colere, inhumanum propriis inservire commoditatibus,
et illuc quo res inclinant magis afflare, quemadmodum qui
cylindrum sibi vult arripere, non per capita et angulos, sed per
suam rotundam superficiem obvertit.
Arma vincientis. Art. XXV.
Vincientis arma triplicia sunt. Prima in ipso, et haec sunt
duplicia: essentialia seu naturalia, nempe quae sunt ex natura
speciei; et accidentalia seu adiuncta, nempe quae naturam
speciei consequuntur, cuiusmodi sunt sagacitas, sapientia et
ars. Quaedam [90r] sunt circa ipsum, ut sors, fortuna, casus,
occursum et incursionem facientia; quaedam super ipsum, ut fatum,
natura et favor divûm.
Vincientis vices. Art. XXVI.
Proportionale est in omni vinciendi actu, quod in cibo et coitu
continue experimur. Trahimur enim et vincimur horum desiderio et
amore, sed non eorundem semper, eodem modo, eademque mensura,
iisdemque temporis vicissitudinibus; cum tempore enim fluit et
praecipitatur complexio, et omnia quae complexionem consequantur.
Ideo provide et praematurato consilio vinciendi tempus
praecognoscendum est, velocissime praesens praesenti utendum, ut
vincire potens quamprimum vinciat et stringat.
Vincientis oculi. Art. XXVII.
Ut subtilia sunt vincula, ut pene insensibile est quod vincitur
atque profundum, quod leviter tanquam a superficie liceat
examinare, quod item per momenta transformabile, non aliter ad
vincientem se habens, quam Thetis ad Pelei concubitus evitantdos,
respicere debet mutationis ordinem et potentiam subsequentis
formae sub praecedente. Quamvis enim materia ad innumerabiles
indefinita sit formas, a praesenti tamen forma non aequaliter
distat ab omnibus, sed ex his una tantummodo est potissime
succedens, alia vero plurium mediorum interiectione, alia
pauciorum, quaedam vero omnium elongata consistit. Itaque sicut
formam chyli immediate consequitur forma sanguinis, ita
indignationis vinculo succedunt irae, irae vero vinculis
succurrunt vincula tristiae, ut facile bilis flava transit in
atram. Dispositione igitur perspecta et praesenti qualitate
subiectum afficiente, Thetidi isti, antequam in certam
migraverit formam, Peleo praeconcepta et praeparata sunt vincula,
non ignoranti aliter colubrum, aliter leonem, aliter aprum esse
vinciendum.
Vincientis lenocinia. Art. XXVIII.
Non ligat vincibile vinciens, sicut neque munitissimam arcem
expugnat dux facile, nisi domestico aliquo proditore vel alio
quocunque pacto consentiente vel succumbente vel utcunque
tractabili ministro fiat aditus; sicut in specie non vincit
Venus neque arcem expugnat facile, ubi inania sunt vasa,
turbatus spiritus, urens anxia, sed produnt arcem intumescentia
vasa, tranquillus animus. mens quieta, corpus otiosum, quorum
custodum et vigilum vicibus observatis repente audendum, vi
ruedum, viribus omnibus agendum, non cessandum. Haud aliter in
aliis vinciendi actibus observandum.
Vincientis scala. Art. XXIX.
Vinciens non unit sibi animam, nisi raptam; non rapit, nisi
vinctam; non vincit, nisi illi se copulaverit; non copulatur,
nisi ad eam pervenerit; non pervenit, nisi per motum; non
movetur, nisi per appulsum; non appellit, nisi postquam
inclinaverit vel declinaverit ad illam; non inclinat, nisi
desideraverit et appetierit; non appetit, nisi cognoverit; non
cognovit, nisi oculis et auribus vel interni sensus obtutibus
obiectum specie vel simulachro praesens adfuerit. Pervenire
igitur facit vincula per cognitionem in genere, nectit vincula
per affectum in genere: cognitionem dico in genere, quia
nescitur interdum quo sensu rapiatur; affectum dice in genere,
quia nec iste facile interdum definitur.
[90v]
Portae per quas vinciens adoritur. Art. XXX.
Tres sunt portae per quas audet animarum venator ligare: visus,
auditus et mens seu imaginatio. Quod si contingat per omnes
illum intrare portas, potentissime vincit arctissimeque obligat.
Per portam auditus ingreditur armatus voce et sermone filio
vocis; per portam visus ingreditur armatus forma, gestu et motu
figuraque convenienti; per portam imaginationis, mentis,
rationis ingreditur per mores et artes. Inde facta primum
invectione, secundo copulatione, tertio ligatione, quarto fiet
attractio. Per omnes sensus occurrit vinctum vincienti, adeo
usque perfecta obligatione facta, ut hoc in totum illud immigret
vel immigrare concupiscat, ubi de concupiscentiae vinculo agitur;
sunt quippe etiam ingrata vincula proportionalia his, de quibus
in his quae de vinculo naturali proferemus, qualibus bufo trahit
mustelam spiritus quadam vi occulta, gallus voce rumpit leonem,
mugil tactu sistit navim, energumenus phantasia ebibit daemonem,
humor melancholicus et ventosus ut magnes se habet ad incubum.
Habet ergo campus iste vinvientis intentiones triginta, nempe a
Specie 1
Effectu 2
Arte 3
Numero 4
Scala 5
Multitudine 6
Genio 7
Facultate 8
Coincidentia contrariorum 9
Diversitate 10
Medio 11
Favore seu concursu 12
Instrumento 13
Commodo 14
Differentia 15
Virtutum varietate 16
Sede 17
Praeparatione 18
Praeparationum diversitate 19
Conditione 20
Reactione 21
Distinctione 22
Caecitate seu ignorantia 23
Industria 24
Armis 25
Vicibus 26
Oculis 27
Lenociniis 28
Scala 29
Porta 30
[91r]
DE VINCIBILIBVS IN GENERE.
Species vincibilis. Articulus I.
Circa Deum seu naturam universalem seu bonum universum seu
puchrum absolute, quod est centrum magni mundi, quatuor sunt
convertibilia, ita ut ab ipso, ni velint adnihilari, negueant
recedere, nec magis ipsum nequeant destituere, quam proprium
quaeque circumferentia centrum; quatuor (inquam) in circulum
mobilia circa proprium vincientem, ita ut in eodem ordine
perpetuo consistant. Platonicis sunt mens, anima, natura,
materia; mens per se stabilis, anima per se mobilis, natura
partim stabilis partim mobilis, materia ex toto mobilis et ex
toto stabilis.
Vincibilis conditio. Artic. II.
Nihil vincitur nisi aptissime praeparatum, quia fulgor ille non
eodem rebus omnibus communicatur modo.
Vincibilis forma. Artic. III.
Omnia quae vinciuntur aliquo pacto sentiunt, in cuius sensus
substantia inspicere est certam cognitionis et certam appetitus
speciem; non aliter magnes secundum genus attrahit et impedit.
Vincire ergo volens debet aliquo modo sensum ingerere in illud
quod est vincibile; ita quippe vinculum sequitur rei sensum,
sicut umbra corpus.
Vincibilium comparatio. Art. IV.
Considera ut homines plus vinciuntur quam bestiae, et homines
bestiales atque stupidi ad heroica vincula minime sunt apti,
quam hi qui clariorem animam sunt adepti. Quod vero ad naturalia
vincula attinet, his magis subiicitur vulgus quam philosophus,
unde et sapientes astris dominari est in proverbio. Quod vero
attinat ad vincula medii generis, habet generatio helluonum ut
continentiam iactet, generatio vero libidinosorum sobrietatem.
Vincibilium distinctio. Art. V.
Ex eo quod proxime dictum est, considerare licat ut intensio
unius vinculi reddat alia vinculi specie minus vincibile seu
remissius. Idcirco Germanus minus sollicitatur ad Venerem,
Italus minus ad crapulam; Hispanus magis pronus est ad amorem,
Gallus ad iram.
Vincibilis semen seu fomes. Art. VI.
Vincitur maxime aliquid, quando aliquid sui est in vinciente,
vel ideo quia per aliquid sui vinciens imperat illi. Hinc
necromantici (ut uno in genere demonstrem) per ungues et
capillos vivorum, quin imo et per vestium partes et vestigia, in
universum corpus exercere confidunt imperium; per ossa item et
quascunque mortuorum partes manes evocant. Unde non temere
sepulturas maxime curabant, rogos praeposuerunt et insepultum
relinquere inter fera suplicia computabant. Rhetores arte
benevolentiam captant, ideo ut aliquid sui auditores et iudex
habeat in ipso.
Vincibilis tempus. Art. VII.
Pro aetatis atque temporis varietate varie unum idemque fit
vincibile, et varia sunt ad unum idemque vinculum non uno modo
disposita, neque ex eodem pariter composita redduntur. Hinc
adverte ut qui iunior extitarit et facilis, vir est constantior
et prudentior, senex suspiciosior magis et morosus, decrepitus
contemnit et fastidit.
Vincibilium differentia. Art. VIII.
Unde vincire volenti animadvertendum est, ut vincibilium quaedam
magis natura, quaedam [91v] magis indico seu prudentia, quaedam
magis usu et consuetudine agantur; ut solers primos per vincula
ex naturalibus comparata, secundos ex rationibus et
demonstrationibus, signis et argumentis, tertios ex propinquis
et necessariis obligat et astringat.
Vincibilis aversio Artic. IX.
Quoniam magis uni obiecto vincitur animus, quo magis ab aliis
abstrahitur et relaxatur, ideo vincibile ad unum definire
volenti operae precium est, ut eum in negotiis aliisque rebus
torpentem, vel magis ab earum sollicitudine abductum reddat;
iocundior quippe operatio iocundam alteram excludit, animus
auribus intentus remittit oculos, attentius respiciens
obsurdesclt, vehementius gaudentes ob unam causam vel tristes
non valde aliud agimus, desidiosi vel cessamus vel retardamur ab
opere; hoc est abstrahi, trahi, tenari, vinciri. Hinc rhetor per
risum, per invidiam et alios affectus solvit ab amore, vincit
odio vel contemptui vel indignationi.
Vincibilium numerus. Art. X.
Contemplativi a sensibilium specierum specierum aspectu divinis
vinciuntur, voluptuosi per visum ad tangendi copiam descendunt,
ethici in conversandi oblectationem trahuntur; primi heroici
habentur, secundi naturales, tertii rationales; primi altiores,
secundi inferiores, tertii medii; primi dicuntur aethere digni,
secundi vita, tertii sensu; primi ascendunt ad Deum, secundi
haerent corporibus, tertii ab altero extremorum recedunt, alteri
appropinquant.
Vincibilis. motus. Art. XI.
In rebus compositis et variabilibus, et omnino in omnibus quae
novitatem naturae et dispositionis subeant, cuiusmodi est anima
et spiritus, qui vices varias per corpora et corporum motiones
assumunt (quamvis utraque substantia in sua simplicitate
constantissima sit et aeterna, ex privatione habet appetitum, ex
appetitu appulsum, ex appulsu motum, ex motu solutionem). Inde
nullum vinculum est aeternum, sed vicissitudines sunt carceris
et libertatis, vinculi et solutionis a vinculo, vel potius
demigratio ab una ad aliam vinculi speciem. Idque ut naturale
est et aeternam rerum conditionem antecedit, concomitatur atque
consequitur, ita natura varietate et motu vincit, et ars naturae
aemulatrix vincula multiplicat, variat, diversificat, ordinat et
successiva quadam serie componit. Status quoque usque adeo a
rebus abhorret, ut interdum etiam in vetitum nitamur magis et
eius desiderio amplius afficiamur. A vinculis enim solvi ita
naturale est appetere, sicut et paulo ante ipsis alligari
ultronea et spontanea quadam inclinatione potuimus.
Vincibilis indefinitio. Art. XII.
Quanto ex pluribus constat vincibile, tanto minus ad certa
definitum est vincula. Unde voluptas hominum minus determinata
est ad unum tum tempus tum individuum tum sexum, quam brutorum;
equam pariter forte omnes equi vincire possunt, mulierem vero
frequenter omnes viri non ita. Hic gradus et haec indefinitio,
sicut est ab homine ab brutum, ita est a vero homine ad brutalem,
a magis sensato, qui etiam magis afficitur, ad magis quod
dicitur in uno vinculi genere, ad omnia vinculorum genera atque
species referendum.
[92r]
Vincibilitatis fundamentum. Art. XIII.
Ratio prima qua unumquoque vincibile est, partim est ex eo quod
in eo esse quod est sibi praesens appetit servari, partim quod
secundum ipsum et in ipso maxime perfici. Hoc est philautia in
genere. Ergo si quis philautiam posset in subiecto extinguere,
maximopere potens ad quomodolibet vinciendum et exolvendum
redderetur. Philautia item accensa, facilius naturalium sibi
vinculorum generibus astringuntur omnia.
Vincibilum relatio. Art. XIV.
Contemplari animalium amicitiam et inimicitiam, sympathiam et
antipathiam, cogitationem et diversitatem, et circumstantias
horum; et subeat in humana specie particularia et individua
sigillatim, singulas et per universum omnes aliorum animalium
primo, deinde omnium rerum aliarum species ordine quodam et
analogia referre, ut quam tibi vinculorum diversitate opus sit
atque commodo coniicias.
Vincibilium materiae diversitas. Art. XV.
Etsi vincibile omne compositum sit quodammodo, aliud tamen
simplex dicitur, aliud multiplex seu compactum, aliud simplicius,
aliud permixtum magis. Hinc est quod alia pure vinciuntur alia
impure, et vincula alia pura sunt alia impura, ut voluptates et
dolores alii puri sunt alii impuri alii commixti, ut Epicuro
voluptas Veneris impura indicatur, quia dolorem et inexplebile
desiderium (quo corpus totum in totum immigrare contendit in
frustra) concomitatur, et tristis eam consequitur lassitudo. Si
quae vero essent, in quibus principia nunquam deficiunt,
cuiusmodi fortasse sunt astra et magna mundi animalia seu numina,
quibus defatigatio {non) accidit, et in quibus effluxio et
influxio substantiae aequalis est et eadem, felicissime ipsa
sibi in se ipsis sunt devincta.
Qui ergo civiter vincire concupiat, diversitatem compositionum
seu complexionum rimetur oportet, et aliter de heroicis, aliter
de ordinariis, aliter de magis brutis ingeniis consulat,
definiat atque statuat.
Vincibilium gradus. Art. XVI.
Quemadmodum ad naturales affectus, minus vinciuntur pueri,
ratione qua natura in illis incumbit in augmentum, et maiore
alteratione exagitatur, et nutrimentum totum ad augmentum et
constitutionem individui convertitur. Item ad XIV annum
incipiunt bene vinciri; quamvis enim aetas adhuc ad incrementum
tendat, auctio tamen non est aeque velox atque tanta quanta in
pueris. Viri autem in consistente aetate, ut maiorem habent
seminis genitalis vim, inde magis vinciri posse videntur. Porro
iuvenes et adolescentes ea de causa salaciores esse videntur, et
quia novitate delectationis longe magis ardent, et quia meatus
per quos transit semen sunt angustiores et humiditas cum
suaviori resistentia scaturit, unde fit ut venereo pruritu, qui
ex tali conflictu enascitur, delectentur et resolvantur magis.
In senioribus vero, in quibus vires sunt semimortuae et organa
et meatus effoeti et semen non ita exuperat, vincula sunt
difficiliora. Proportionaliter se habet omnino in aliis
affectibus, qui cum Venere analogiam, oppositionem et
consequentiam quandam agnoscunt.
Vincibilium temperamenta. Art. XVII.
Ad indignationem, tristitiam, voluptatem et amorem ex merito
temperaturae melancholici vinciuntur magis; ex hoc enim quod
magis sunt apprehensivi, et fortius voluptatem imaginantur.
[92v] Unde contemplationi et speculationi etiam sunt aptiores,
affectuum in universitate magis et vehementius fluctuant et
agitantur. Hinc quod ad Venerem attinet, magis propriam
voluptatem finem constituunt, quam speciei propagationem. Istis
affines sunt cholerici, quibus minus pruriunt sanguinei. Prae
reliquis minus libidinosi sunt phlegmatici, sed magis helluones.
Stat tamen quod ad obsequium naturae singuli suas habent partes;
vinciuntur enim melancholici maiori imaginationis vi, sanguinei
maiori spermatizandi facilitate et caliditatis temperie,
phleginatici maiori humoris abundantia, cholerici fortiore et
acutiore calidi spiritus prurigine et stimulo.
Vincibilium signa. Art. XVIII.
Habet in hac consideratione suas etiam physiognomia partes.
Tibias enim habentes graciles et nervosas, et hircini, qui ad
Satyros referuntur, nasum habentes concavum et obrotundum,
suspiriosi et remissi vultus intentius amant, et licentiam per
venereas species magis affectant. Idem sunt placabiles facile,
nec ullos affectus habent diuturnos.
Vincibilium duratio. Art. XIX.
Senes ad vincula sunt tum duriores, tum ineptiores; iuvenes
instabiliores et aptiores; medii vero apte, stabiliter et arte
vinciuntur.
Vincibilium reactio. Art. XX.
Mutua gratia parit mutua vincula ; vincula sunt in scommatibus,
in histrionia, in facetia; per haec interdum alioqui turpis et
deformis arte vincit eos qui erga huiusmodi sunt affecti. Adde
quod experti sumus in opinione membrositatis et salacitatis;
parta enim imaginatione, puero vel puellae fascinationem iniecit;
unde illud.
Me pulchra fateor carere forma;
Porro me mavult, quam Deus priores,
Si qua non fatui est puella fundi.
Proportionaliter vincula sunt, quibus turpes vinciunt ex
opinione animositatis, strenuitatis, item eloquentiae, solertiae
et aliorum huiusmodi, ut ex uno genere virtutis etiam per aliud
genus affectus vincire possint. Non est rara experientia, qua ex
optinione virtutis vel actu facundiae turpiores ad Venerem
vinciunt viragines.
Vincibilium heterogeneitas. Art. XXI.
Adde quod habeat species, quod a diversa specie vinciatur, per
amorem, odium, admirationem, pietatem, compatentiam, et id genus
alia, ut pro passere Lesbia, Corinna pro catella, Cyparissus pro
cerva, delphin pro Arione vincti celebrantur. In summa, in omni
specie semina sunt illecebris ad reliquas. Sileo de sympathia
inter hominem et leonem, praetereo quod novi de consuetudine
inter draconem et puerum mira.
Vincibilium mutatio. Art. XXII.
Vincibile ab una vinculi specie ad contrariam etiam non
difficile est mutare, quemadmodum et mutabile est vinciens; sive
secundum rem sive secundum opinionem, nihil interest. Cui enim
opinione doctrinae olim vinciebar, mox maiori luce ablata ea
opinione vincula contemptus et indignationis successerunt.
Vincta specie urentis aetatis et pulchritudinis, quam etiam
morum et ingenii vincula non confortant, tempore relaxantur et
delentur.
Vincibilium causa et oblectum. Art. XXIII.
Latens est quod ad amorem et odium seu despectum citra rationis
actum obvincit, et futile [93r] est Adrastiae commentum, [qui]
rationem amoris, qui ab aspectu pulchri suppositi exoritur, esse
animae quandam recordationem divinae pulchritudinis, quam
perceperat priusquam corporis contubernio reciperetur. Quod si
verum esset, quid est quod repente ad indignationem obiecto
nihilo secundum eam speciem mutato animum convertit? Cur diversi
animi diversis magis rapiuntur obiectis? Cur quod uni est summe
pulchrum, non minus vegeto ingenio fit etiam turpe? Vincibilium
ergo conditio non leviter neque modica fiet observatione pervia.
Vincibilium definitio. Art. XXIV.
Ad casum, fortunam et indefinitum quiddam retulit Theocritus
amorem et alios affectus, quibus particularia vinciantur; sed
castigatius sensisset existimando et dicendo 'occultum et
determinatum' illud, quod 'indefinitum' appellavit quia non
apertum; a determinata nempe complexionis ratione, quam vel
natura largita est, vel usus et consuetudo invexit.
Vincibilium sensus. Art. XXV.
Achaei non ad rationem seu cognitionis speciem, sed ad fortunam
referebant, quod aliqiud amore vel odio vel aliis affectibus
vinciretur; unde in eadem ara Amorem atque Fortunam colebant.
Cui iudicio adstipulanur Platonici quidam, ideo dicentes
animalia muta non semper amore vinciri, quia ratione carent et
prudentia. Sed isti nimis crasse sentiunt de natura cognitionis
et intellectus, qui cum spiritu universi implet omnia et ex
omnibus pro suppositi ratione enitescit. Nobis vero tum amor tum
omnis affectus valde practica est cognitio; quin etiam discursus,
ratiocinatio et argumentatio, qua potidsimum homines vinciuntur,
nequaquam inter primarias cognitionis species numeratur. Credat
ergo vincire volens rationem neque plures neque praecipuas ad
ligandum partes obtinere, bene autem cognitio secundum genus.
Vincibilis fuga. Art. XXVI.
Alii alius se generis vinculis alligat interdum ......, ut ab
uno vinculi genere diffugiat. Hinc hoc est quod vincire volens
observare debeat, ut per media eorum, quibus vincitur vincibile,
operatur, vinculis nempe quibus ille tenetur obsecundando. Hinc
Nympha venatorem amore, sollicitudine et occupatione circa feras
abductum, donis sui generis ad Venerem pellexit, cornu nempe
cuius voce ferae fugientes sistebantur. Miles etiam armorum
virtute et incantatione aliis abduceretur affectibus. Devinciunt
ergo a Venere venatio, ieiunium, ebrietas, gymnicae exercitates,
et per universum variae sollicitudines et otia, abstinentiae
item variae atque luxus etc. Sicut in hoc vinculorum genere, ita
in reliquis suo modo iudicandum.
Vincibilis substantia. Art. XXVII.
Duae Vincibilitatis sunt causae, et eadem sunt de essentia
vincibilis, quatenus vincibile est: cognitio secundum genus, et
appetitus secundum genus. Da quod nullo modo appetat, dabis quod
nullo modo spiritualiter vinciatur. Adde quod sine cognitione et
affectu, neque est quod aliquis vinciat civiliter neque magice.
De reliquis non loquor vinculorum modis, quia parum videntibus,
qui sunt plures, inconvenientiora dicere viderer.
[93v]
Vincibilis perfectio. Art. XXVIII.
Perfecte vincitur quod per omnes facultatas atque partes
obligatur. Ipsarum ergo numerus vincienti debet esse exploratus,
ut ad perfectionem usque obligare volens per plura irretiat
vincibile vel per omnia. Illi non debent esse dubia neque
impervia animi et spiritus diversa iuxta diversas potentias
alimenta atque illecebrae.
Vincibilium obligatio. Art. XXIX.
Non est possibile vincire quenquam sibi, cui vinciens ipsum non
siet etiam obligatum; haerent enim et inseruntur vincula vincto,
vinciens vincibile alteri non obligatur quidem nisi per accidens,
vinciens vero vincibile sibi non potest esse nisi et obligatum.
Hanc vero felicitatem habet vinciens supra vincto, qua vinculis
dominus est et qua interdum non pari patiatur et afficiatur
ratione. Huic doctrinae proportionale est, quod leno vincit et
non vincitur, amico vero amica non vincitur in actu nisi etiam
amicus amicae actu vinciatur. Ex spiritu vero occulta est
vinculi ratio interdum, qua res amata amanti vincitur, quem non
cognoscit interdum, nedum non amat. Pro eadem vero specie et in
eodem ordine Eros sine Antero conqueritur et infortunatur.
Civiliter vero nemo vincit nisi in eodem vel propinque vinculi
genere si non ei, saltem cum eo, quem vincire concupiscit,
vinciatur; non enim (ut clarius loquar) rhetor affectus movet
sine affectu.
Vincibilis veritas. Art. XXX.
Vincibila, ut vera vinciatur, non tantum vera requirit vincula,
nempe quae ex fundamanto huiusmodi sunt, quantum apparentia, id
est quae ex opinione; potest enim imaginatio sine veritate vera
vincire, et per imaginationem vincibile vere obligare. Etsi enim
nullus sit infernus, opinio et imaginatio inferni sine veritatis
fundamento vere et verum facit infernum; habet enim sua species
phantastica veritatem, unde sequitur quod et vere agat, et vere
atque potentissime per eam vincibile obstringatur, et cum
aeternitate opinionis et fidei aeternus sit inferni cruciatus,
usque adeo ut et animus exutus corpore easdem tamen retinet
species, iisdem nihilominus, quinimo etiam potentius interdum
propter indisciplinem vel obiectationem vel imbibitam speciem
per secula infelix perseveret. Quod vulgo philosophantes hoc non
capiant at ignorantissima illa doctrina illsulsissime reprobent,
non magni facimus, utpote qui pueri non minus eorum rationibus
abundavimus et inexperti, quam iisdem ipsi abundare possint
periti atque senes; non minus tamen ideo ipsis in hoc sensu
adultis condonamus, quam nobis iudicemus condonandum fuisse
pueris.
[94r]
DE VINCVLO CVPIDINIS
ET QVODAMMODO IN GENERE.
Diximus in his quae De naturali magia quemadmodum vincula omnia
tum ad amoris vinculum referantur, tum ab amoris vinculo pedeant,
tum in amoris vinculo consistant. Per triginta quippe nodi
species inducenti facile manifestum erit, ut amor omnium
affectuum extet fundamentum. Qui enim nihil amat, non est cur
timeat, speret, glorietur, superbiat, audeat, contemnat, accuset,
excuset, humilietur, aemuletur, irascatur et aliis eiusce
generis modis afficiatur. Late igitur patet materia et late
funditur consideratio seu speculatio, cui ansam tribuimus sub
titulo vinculi Cupidinis; at contemplatio haec a civili
instituto non idcirco longius recedere existimanda, quia amplior
est mirifice quam ad civile institutum.
Vinculi definitio. Articulus Primus.
Vinculum pulchritudinis apud Pythagoricos at Platonicos dicitur
fulgor, radius at actus quidam vel umbra et simulacrum illius
saltem atque vestigium: primo diffusum in mentem quam rerum
ordine decoret, secundo in animam quam rerum serie compleat,
tertio (in) naturam quam seminibus distinguat at suffulciat,
quarto in materiam quam formis exornet. Hic radius clarissime
est in menta, clare in anima, obscure in natura, obscurissime in
rerum naturalium subiecto, aiunt. Ipsum non est in mole neque
moles consistens, [neque moles] licet etiam circa molem versetur
et per universum magnitudinem, quandoquidem non grandia modo sed
et brevia formosa videntur, in eadam item specie grandia
deformia sunt et parva formosa et econtra, et saepe eadem
quantitate stante casu quodam pulchritudo tollitur, eademque
mutata pulchritudo perseverat. Placet venustissimus infans et
puellus, sed non vincit nisi a certa aetate adolescens. Habet
ergo aliquid moles; hoc enim verum est etiam nihilo forma,
figura et complexione rei variata. Inde inducito ad civiles
vinciendi species, per media quantitatis in quibus consistit
forma et efficacia vinculi: referas, inquam, ad gestum, verba,
vestes, consuetudines, risus et affectuum alia signa.
Vinculi origo. Art. II.
Platonicorum quidam vinculum a certa membrorum proportione
proficisci definiunt cum colorum quadam suavitate concurrente.
Ad plura vero respicientibus, saltem ad hoc quod non solum res
compositae et membrorum varietate consistentes vinciunt, sed
interdum purus color, pura vox; nihil item citius labitur et
senescit quam pulchritudo, nihil vere tardius alteratur quam
figura et forma quae ex membrorum compositione exterius
enitescit; vinculum igitur pulchritudinis in alio respiciendum
esse videtur, quem in figura et membrorum proportione, quinimo
eadam pulchritudine permanente etiam atque figura, interdum post
rei amatae fruitionem praeterit amor. Quocirca praesertim in
quadam rapientis et rapti condispositione vinculi ratio
consistit. Interdum quippe [94v] rationaliter in puellae
pulchritudine, civiliter in hominis conversatione, oratione,
habitu et actione per universum, cum nihil habeamus quod ratione
argui possit, non placent tamen; in uno vero plura vel singula
cum displiceant, placebit tamen nihilominus ille. Stupidius vero
est quod coloris de vinculo referunt, non distinguentes inter
colorem et inter id quod circa colorem est; quî enim color per
se vincit, quando clarior in seniore displicet et despicitur,
remissior vero in iuniore ligat atque rapit? Sic civiliter
consularis et gravis oratio ab adolescente profecta, quantavis
eniteat arte, arrogantiae specie maturiora iudicia ad
indignationem concitat; venusta vero, blanda atque florida ex
ore senioris contemptum parit, atque risum interdum exuscitat et
irrisionis materiam subministrat; ita ut in cultu corporis,
verborum et operis aliud est quod matronam, aliud quod virginem,
aliud quod puellam, aliud quod puerum, quod virum, quod seniorem
decet, aliud item quod militem, aliud quod togatum.
Vinculi indefinito. Art. III.
Non tam difficile est (credo) vincire et solvere, quam vinculum
invenire, in his (inquam) propositis, in quibus magis ad casum,
quam ad naturam et artem vincula referantur. Vinculum nempe,
quod a corpore proficiscitur, nullam habet corporis definitam
partem; sunt enim oculi, genae et es, quibus se vinciri sentit
amans, quae tamen vel eodem numero diversis tributa subiectis
tantum abest interdum ut similiter vinciant, ut etiam Cupidinis
vincula dissolvant vel arceant. Quid quod quem corporea specie
interdum deperimus, novimus ex more vel sermone vincula
Cupidinis cessasse? Ita suo modo in civilibus vinculis
considerabis.
Vinculi compositio. Artic. IV.
Cupidinis inferioris vinculum est quod compositis et appositis
vincimur, simplicibus vero et absolutis nihilo capimur. Et sunt
qui haec usque adeo contemnant etiam; iisdem Deus pulchritudinem
in se habere non existimabitur, quia cum simplex quaedam natura
sit, in compositionis ordinatione minime praefulgeat. Stat tamen
ex fide ipsum pulcritudinis omnis atque vinculi authorem esse
atque perfectorem. Non distinguunt vero propter ingenii
imbecillitatem inter simpliciter pulchrum et ad nos pulchrum,
sicut et civiliter non sapit, qui inter pulchrum ad homines
omnes et rationem, et homines istos et consuetudinem, usus et
occasionem non distinguit, perperam vincire concupiscens.
Vinculorum numerus. Art. V.
Vincula sunt confuse seu consistenter corporis forma, corporis
habitus, corporis motus, vocum et sermonis consonantia, morum
concinnitas et fortuna et sympathiae occursus, quibus non solum
homines hominibus et ferae feris, sed etiam hominibus ferae
vinciuntur. Huc spectat quod ex naturali charactere puer viso
serpente, agnus viso lupo, nulla [95r] experientia vel noticia
praevia, mortaliter exhorrescit, viso autem bove vel ove
colludit et congaudet. Sunt fumigia, quibus homines et spiritus
rapiuntur varii, varia. Novi homines qui odorem moschi mire
exhorrebant et omnes qui per universum sunt suaves, ut etiam
caderent prae spiritus turbatione; inter alios unum, qui digitis
perfrictos cimices naribus supponendo mirifice delectabatur. Sic
varus varia, quin etiam contrariis non solum contraria, sed
etiam diversa, vinciuntur. Et civiliter non eadem orationis
species atque cultus corporis ornatus et morum concinnitas vel
facilitas Germano probatur atque Italo, uni et alteri Germano,
ut ab universitate Italus recedens Germanum habeat ingenium,
Germanus Italicum. Hinc difficultas est et maior prudentia
requiritur in vinciendo civiliter, praesertim ubi non ad
multitudinem, sed ad individuum vincula iaciuntur; facilius
quippe est vincire multos quam unum, et uno iaculo in
multitudinem avium proiecto etiam casu plures potent aucupis
iactus traiicere, quam aptiore collineatione e pluribus unam.
Vinculorum portae. Art. VI.
Ostia per quae vincula iaciuntur sunt sensus, maxime vero omnium
visus atque dignissime; reliqui vero pro obiectorum et
potentiarum varietate proprius, sicut ex carnis lenitate
vincitur tactus, vocis symphonia auditus, suavi anhelitu
olfactus, morum concinnitate animus, demonstrationum claritate
intellectus. Per diversas fenestras diversa ingrediuntur vincula,
quorum quaedam plus in uno, quaedam plus in alio praepollent;
unde alii uno, alii altero magis studio delectantur; quippe
etiam vinculum non aequaliter ab omnibus nec aequaliter in omnia
perducitur.
Vinculorum, genera. Art. VII.
Vinculorum totidem intelligimus esse genera atque differentias,
quot pulchri sunt genera atque differentiae; istae vero
differentiae non pauciores esse videntur, quam rerum sint
praecipuarum, nempe secundum speciem. Adde quod in singulis
speciebus diversa particularia diversimode atque diversis
vinciuntur. Vincitur ad cibum famelicus, ad potum sitiens, ad
Venerem semine plenus, ad speciem sensibilem hic, ad
intelligibilem ille, ad naturalem unus, ad artificialem alius,
vincitur abstractis mathematicus, concretis practicus, absente
specie masturbans eremita, praesente familiaris, diversis tamen
secundum omne genus diversa, quin etiam non undique eadem
vincula procedentia eandem secum virtutem referunt. Vincit enim
musica pueri et adolescentis, puellae vero non ita neque viri;
robur in viro magnifaciendo vincit, in foemina vero minime;
puella simplicitate et honestate vincit. Solvit vero a vinculis
si ita afficiatur adultus, et amplius atque amplius displicet.
Vinculorum modus. Art. VIII.
Vinciunt magis civiliter rhetores et aulici et utlibet
consuetudinem habentes, ubi transfuga quadam artis
dissimulatione operantur; neque enim qui satis belle loquitur
nimisque superstitiosule sapit, ille placebit; displicent nimis
methodice et geometrice vestes appositae, capilli intorti, oculi
et gestus et motus ad normam omnem exacti; multum enim abest ut
eiusmodi etiam non [95v] displiceat. Ita civiliter in oratione,
quam vulgo nimis affectatam et elaboratam indicarent. Hoc enim
ad inertiam potius referendum est et ingenii mentisque inopiam;
non exigua quippe artis pars est artem dissimulando arte uti.
Non ergo belle sapit qui ubique et per omnia belle sapit, sicut
neque annulatus est belle qui omnes digitos annulis. confertos
habet atque gemmis, nec belle torquatus qui onustus monilium
varietate et multitudine progreditur. Huc spectat maxime
considerare quod lucis fulgor lucis fulgorem extinguit, et lux
non nisi in tenebris lucet, fulget, enitescit, placet.
Ornamentum etiam nullum est, ubi cum er quod est ornandum et
informe non cohaeret. Itaque ars a natura non absolvitur, cultus
a simplicitate non recedit.
Vinculi descriptio. Art. IX.
Vinculum Platoni est secundum genus pulchritudo seu conformitas,
Socrati excellens animi venustas, Timaeo animae tyrannis,
Plotino naturae privilegium, Teophrasto tacita deceptio,
Salomoni ignis absconditus et aquae furtivae, Theocrito eburneum
detrimentum, Carneadi regnum sollicitum, mihi tristitia hilaris,
hilaritas tristis. Analogiam habent descriptiones aliae
affectuum et vinculorum species ad praesentem affectum atque
vinculum, per ea quae in praefatione partis huius adduximus.
Vinculorum distributio. Art. X.
Ad actum perfectum perfecta vinciuntur, nobilem nobilia vel
nobilitata; ad imperfectum vero et defectum vinciuntur ea in
quibus aliqua est imperfectio atque defectus. Ideo dictum est in
superioribus aliquid vinciendi debere esse in vinciente. Puella
omnino casta, in qua fomitis semina nulla consistant, ad
libidinem nulla arte et nullo astro vincitur, si non tangatur,
si non attingatur, sine (inquam) participatione eius ad manus
vincientis, et sine aliqua profusione a manu vincientis ad ipsam.
De immatura nihil loquar; in omnibus enim actibus semine quodam
opus est, semina vero omnia non ubique prolificant. Aegrotum,
senem, frigidum, mutilum, quis non frustra irretire conabitur,
econtra vero se habentem quis non implicare? In civilibus
vinculis proportionale omnino facile est iudicium.
Vinculorum gradus. Art. XI.
Res in universo ita sunt ordinatae, ut in una quadam
coordinatione consistant, ita ut continuo quodam quasi fluxu ab
omnibus progressio fieri possit ad omnia. Horum vero alia aliis
immediate cohaerent, sicut ad naturalem propagationem eiusdem
speciei individua, et in his familiaria sunt vincula cognata et
facillima. Alia vero mediis quibusdam subordinantur, et in his
media omnia pertransire oportet et penetrare quodammodo, ut a
vinciente in vincibile vincula protendantur. Itaque numina, per
rerum elargitionem et mediorum quorundam impertibilium favorem,
inferiora et infima tandem sibi devinciunt influendo. Vicissim
vero obsecundatione quadam [96r] naturali vel rationali, quodam
cultu inferiora tollantur, ut superiora et eminus posita sibi
pro congruo arbitrio revinciant. Utqae variae sunt rerum species
eorum atque differentiae, ita eorum varia sunt tempora loca,
media, via, organa et officium. Hoc in omni genere vinculorum et
vincibilium perspicere facillimum est et inducere.
Vinculi magnitudo. Art. XII.
Divina vis quaedam est in rebus omnibus, amor ipse pater, fons
et Amphitrites est vinculorum. Ideo non perperam Orpheus et
Mercurius ipsum magnum Daemona appellant, quippe et tota rerum
substantia, constitutio et (ut ita dicam) hypostasis vinculum
quoddam est. Maximam ergo et principem vinculi doctrinam
assequemur, ubi ad ordinem universi oculos convertemus. Hoc
vinculo superiora provident inferioribus, inferiora convertuntur
ad superiora, paria invicem associantur, universi tandem
perfectio est secundum formae rationem.
Vinculi principalis effectus. Ar. XIII.
Amor unus, vinculum unum, facit omnia unum, diversas habet in
diversis facies, ut idem aliter alia atque alia vinciat. Hinc
Cupido idem dicitur superior et inferior, novissimus et
antiquissimus, caecus et perspicacissimus, qui facit omnia pro
viribus vel in se ipsis consistere ne a se recedant, ad speciei
perennitatem. Ad particularium vero vicissitudinem facit, ut
singula quodammodo a se ipsis recedant, ubi in amatum transferri
concupiscit amans omne; per se ipsa quoque dissolvantur,
aperiantur, dehiscant, ubi totum amans concipere concupit amatum
et imbibere. Itaque est vinculum, quo res volunt esse ubi sunt
et non amittere quae habent, interea quoque volunt esse ubique
et habere quae absunt; unde ex complacentia quadam circa
possessa, desiderio et appetitu circa distantia et possessibilia,
et amore circa omnia, quia particulari et finito bono atque vero
non expletur particularis appetitus et intellectus, qui ad
universum bonum et universum verum respiciunt obiecta. Hinc est
ut ab eodem vinculo finita potentia in quadam definita materia
simul et stringi et dispergi, detrahi atque dissipari se
experiatur. Hanc conditionem vinculi secundum genus in vinculis
secundum specierum singulas observato.
Vinculi qualitas. Art XIV.
Vinculum neque pulchrum est neque bonum; est enim quo pulchrum
atque bonum persequuntur omnia atque singula, et connectit iliud
quod accipit cum eo quod accipitur, illud quod dat cum eo cui
datur, vincibile cum vinciente, appetibile cum appetente. Hoc
vero quod appetit pulchrum atque bonum, quatenus appetit, caret;
ideo pulchrum neque bonum eatentis est. Inde male concludit in
proposito materiae Peripateticorum aliquis, materiam turpem esse
atque malam, quia appetendo bonum et pulchrum eodem carere se
contestatur. Circumspectius dixit Aristoteles 'sicut turpe', 'sicut
malum', non autem simpliciter huiusmodi. In rei autem veritate
neque turpe, neque pulchrum, neque malum est neque bonum, quod
ad bonitatem, malitiam, turpitudinem et pulchritudinem tendit et
aeque fertur ut materia. Si materia esset malum, contra eius
naturam esset appetere bonum; itidem natura turpe. Item si esset
secundum similitudinem, [96v] similiter se haberet atque
contrarium, quod alterum contrarium non appetit, sed excludit et
abhorret. Profundius vero philosophantes intelligunt, quod nos
alibi declaravimus, ut materia ipsa inchoationem habeat omnium
formarum in sinu suo, ita ut ex eo omnia promat et emittat, non
puram illam exclusionem, ita ut quasi omnia peregrina concipiat
ab externo; extra quipp materiae gremium nulla forma est, sed in
eo tum omnes latent, et ex eo tum omnes educuntur. Civiliter
ergo et secundum omnes rationes de vinculo consideranti
perspicuum esse debet, ut in omni materia seu materiae parte, in
omni individuo seu particulari, tum omnia sublateant et
subcontineantur semina, tum consequenter omnium vinculoram
applicationes solerti quodam artificio compleri posse; et
docuimus in uno de triginta sigillis, ut generalis ista
transformatio fiat et applicatio.
Vinculi generalitas seu universitas. Art. XV.
Ex hoc quod proxime dictum est sequitur amorem quo amamus,
appetitum quo appetunt omnia, tum medium esse inter bonum et
malum, turpe et pulchrum, tum (non ideo non turpe, non pulchrum)
secundum certam communicationem et participationem bonum et
pulchrum. Exsumitur enim amoris vinculum secundum rationem
communem activo et passivo, qua omnia, sive agant sive patiantur
sive utrumque faciant, ordinari, copulari, uniri et perfici
cupiunt, quatenus natura quaedam ordinem, copulam, unionem et
perfectioriem operatur, atque sine hoc vinculo nihil est, sicut
sine natura nihil est. Non propterea igitur amor imperfectionem
significat, ubi in materia et Chaos ante rerum perfectionem
contemplatur; totum quippe quod in Chaos et bruta ilia quam
excogitaverunt materia dicitur esse amor, totum dicitur simul
esse perfectio; quantum vero dicitur non esse, imperfectio et
inordinatio, intelligitur non esse amor. Stat ergo, ut amor
ubique perfectum, et vinculum hoc ubique perfectionem
contestetur. Ubi quippe imperfectum amat perfici, hoc quod amat
perfici habet quidem per imperfectionem, sed non ab
imperfectione, sed certe a perfectionis participatione quadam et
lumine divinitatis et eminentioris cuiusdam naturae obiecto,
tanto magis vivaciter quanto vehementius appetit. Altius quippe
summi amore boni flagrat quod perfectius est, quam quod
imperfectum. Perfectissimum ergo est illud principium, quod
fieri vult omnia et quod non ad particularem formam fertur et
particularem perfectionem, sed ad universam formam et ad
universam perfectionem. Eiusmodi est materia per universum,
extra quam nulla est forma, in cuius potentia, appetita et
dispositione omnes sunt formae, et quae in partibus suis
vicissitudine quadam omnes recipit formas, quarum simul vel duas
recipere non posset. Et divinum ergo quoddam est materia, sicut
et divinum quoddam existimatur esse forma, quae aut nihil est
aut materiae quiddam est. Extra et sine materia nihil, sicut
posse facere et posse fieri tandem unum et idem sunt, et
individuo uno consistunt fundamento, quia simul datur et
tollitur potens facere omnia cum potente fieri omnia; atque una
potentia absoluta atque simpliciter (quicquid [97r] sit potentia
in particulari et compositorum et accidentaria, quae sensus et
mentem Peripateticorum fascinavit, cum asseclis quibusdam
cucullatis), quemadmodum pluribus in his quae De infinite et
universo diximus et in dialogis De principio et uno exactius,
non stultam concludentes Davidis de Dinantho et Avicebronis in
libro Fontis vitae sententiam ab Arabibus citatam, qui ausi sunt
materiam etiam 'Deum' appellare.
Vinculorum comparatio. Art. XVI.
Vinculum omnium potissimum est Veneris et secundum genus amoris,
ad cuius aequalitatem et unitatem odii vinculum primo atque
potissimum refertur. Quantum quippe unum oppositorum et
contrariorum secundum genus amamus, tantum alterum censequenter
odimus atque spernimus. Duo hi affectus, et tandem unus ille
affectus, qui est amor, omnibus dominatur (in cuius substantia
includitur odium), super omnes dominatur et eos erigit, dirigit,
regulat et moderatur. Hoc vinculo caetera solvuntur vincula, ut
animalia vinculo Veneris constricta foeminina alias foeminas,
masculina alios mares rivales non compatiantur; cibos, potus et
interdum vitam ipsam negligunt, ne victa quidem absistunt, sed a
fortioribus contrita eo magis insectantur, non imbres, non
frigora pertimescunt. Quo argumento Aristippus corpoream
voluptatem potissimumque Veneream summum bonum statuit, sed illi
ante oculos homo plus animalis pro virtute propriae complexionis
obiiciebatur. Hoc tamen verum est quod solertior et sagacior
irretitor ex his, quae ligandus vel vinciendus amat et odit, ad
aliorum affectuum vincula sibi viam sternit; vinculum quippe
vinculorum amor est.
Vinculorum tempus et locus. Art. XVII.
Sicut non ubique neque semper, quamvis optima iaciantur semina,
rerum propagatio consequitur, ita neque irretientia vincula
perpetuo et ubique, sed apto tempore et subiectorum congrua
dispositione virtutem concipiunt effectus.
Vinculi distinctio. Art. XVIII.
Vinculum pure naturale et pure voluntarium (iuxta rationem qua
vulgus distinguit inter naturam et voluntatem) non datur.
Voluntas enim cum intellectus participatione et intelligentia
non voluntatis termino ubique viget, praeterquam ubi nihil est,
ut in aliis ostentdimus locis; unde sequitur multos multa
frustra disputare. In nobis secundum rationem tres sunt
differentiae vinculorum (licet in una naturae radice fundentur
omnia): naturale, rationale et voluntarium. Unde ex parte unam
vinculi differentiam per aliam vinculi differentiam moderari
nequimus. Hinc prudentum leges non prohibent amare, sed praeter
rationem amare; stultorum vero sycophantiae sine ratione (rationi)
rationis terminos praescribunt, naturae legem damnant; quin et
corruptissimi corruptam eam vocant, quo non supra naturam
tollantur heroës, sed contra naturam et infra omnem dignitatem
deprimantur bestiae.
Vinculi progressio et scala. Art. XVIII.
Vinculi Cupidinisque complexio ita Platonicis completur. Primo
pulchri seu boni et id genus species in sensus externos fertur,
secundo in eorum centrum, qui sensus est communis, retrahitur
tertio in imaginationem, quarto in memoriam. Inde anima ingenio
quodam [97v] appetit, ut primo moveatur convertatur, rapiatur,
secundo conversa et rapta pulchri vel boni vel veri radio
illustratur, tertio illustrata et illuminata appetitu sensitivo
accenditur, quarto accensa amato adhaerere concupiscit, quinto
adhaerens ipsi etiam immiscetur et incorporatur, sexto
incorporata iuxta pristinam formam deperditur et se ipsam
quodammodo destituit et aliena qualitate afficitur, septimo in
ipsum qualitatis subiectum in quod transiit et ita affecta fuit
transformatur. Conversionem ad motum Cupidinis praeparationem
appellant, conversionem Cupidinis ortum, illustrationem
Cupidinis pabulum, accensionem Cupidinis accrementum,
adhaerentiam Cupidinis impetum, incorporationem Cupidinis
dominium, transformationem Cupidinis triumphum seu perfectionem.
Fulcra scalae vinculorum. Art. XIX.
Habes quo haec scala per singulos gradus innitatur. Ortus
Cupidinis fit primo ex corporeis alimento, delitiis, luxibus,
secundo ex anima seu spiritus illecebris et lascivis vel meliori
nomine dignis meditationibus, quibus pulchrum gratia coniunctum
occurrat; Cupidinis pabulum, quod ortum non facit interire,
pulchri cognitio est; Cupidinis accrementum est super pulchro
cognito meditatio, mora; Cupidinis impetus in eo versatur quod
animus ab una amati parte ad omnes prolabitur et diffundatur, ut
ex toto accendi possit; dominium Cupidinis in eo nititur quod
amantis animus relicto suo corpore it et operatur in alieno;
Cupidinis transformatio est tibi sibi mortuus aliena vivit vita,
unde non tanquam in alieno, sed tanquam in proprio deinceps ibi
consistat domicilio. Hoc est quod aiunt Iovem in taurum,
Apollinem in pastorem, Saturnum in equum, et Deos alios in alias
migrasse formas, quod animus ex una forma et vinculi specie in
aliam affectuum motione seu turbatione transforatur.
Vinculorum conditio. Art. XX.
Sunt quaedam exteriora quac vinciunt, sicut dona, obsequia,
honores, officia; sed vere vinciunt, quando non eam ferunt
speciem, qua quasi pro emenda redamatione offerantur; mercaturae
enim species, utilitatis et ignobilitatis species est et in
vilipendium cedit.
Vinculorum proprietas. Art. XXI.
Propria haec sunt vincula et potentissima, quae sunt per
approximationem contrarii, iuxta eam speciem quae nunc magis
exemplo quam definitione seu nomine (quod ignotum est) explicari
potest. Superbum animum vincit humilis et honorificus; eos enim
amat superbus, a quo magnifieri se videt, tantoque magis quanto
a maiore; maius quippe est a magnis quam a parvis magnifieri,
imo et ab istis aestimari contemnere etiam solemus interdum.
Vinciens circumspecte speciem qua superbus superbit tuetur. Alii
enim, id est milites, in robore et strenuitate corporis primas
habere volunt; ideo si primas iisdem in rerum potentia et
sagacitate non tribuant, facile ferunt. Qui vero de rerum
cognitione gloriantur philosophi, facillime ferunt si pectoris
pro strenuitate non magnifiant. Idem iudicium est pro aliorum
iniectione vinculorum.
[98r]
Vinculorum gratia. Art. XXII.
Gratitudinis speciem concupiscere faciunt vincula. Oritur quippe
(ut in uno vinculorum genere inducam) inter amantes querela, ubi
mutuo alterum alteri debere praesumunt; iudicat amans debitum
amatae, ut animam illi ablatam restituat, ubi in proprio corpore
mortuus in alieno vivit; si amans amatae minus blanditur,
queritur haec quasi eam ille curet minus; queritur amans versus
amatam, si * * * [abbiamo aggiunto i segni di lacuna]
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