De Vinculis In Genere
da Giordano Bruno

dal Sito Web GiordanoBruno

 

C'è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d'incatenare l'uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l'epilogo. Nella specie umana è possibile invero scorgere le specie di tutte le altre cose, soprattutto per via proporzionale o numerica; a modo di esempio, infatti, alcuni degli uomini si rapportano ai pesci, altri agli uccelli, altri ai serpenti o rettili, vuoi secondo genere, vuoi secondo specie.

 

A ciascuno degli uomini, poi, tocca per accidente diversità d'uso, di consuetudine, di scopo, d'inclinazione, di temperamento, di età: e così come favoleggiano di Proteo e di Acheloo, è possibile immaginare uno stesso soggetto in atto di trasmigrare di forma in forma, di figura in figura; sicché a vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di nodi.

 

Si aggiunga inoltre la valutazione dei modi di vita degli uomini: i quali sono giovani o vecchi; e, quanto a collocazione civile, mediocri o nobili e ricchi e potenti e fortunati; e supponi ancora che siano invidiosi e ambiziosi; o soldati e mercanti ed altri di tal fatta, posto che sono queste le persone che si assumono nei vari ruoli della civile amministrazione, dove si adoperano come mezzi o strumenti, ponendosi quindi la questione del vincolarli a sé. Non pare, insomma, che vi sia realtà alcuna che sfugga ad una riflessione sui rapporti civili in questa prospettiva: nella misura in cui gli uomini vincolano o sottostanno a vincoli o sono essi stessi vincoli o circostanze vincolanti.

 

Perciò abbiamo aggiunto questo intreccio di riflessioni, che s'intitola Il vincolo in generale.
 

Le forze che legano, in prospettiva generale
 

I. Specie delle forze che legano.

Le forze che legano in prospettiva universale sono il Dio, il Demone, l'Animo, l'Essere animato, la Natura, la Sorte e Fortuna, infine il Fato. Questo grande reticolo di vincoli, che copre l'universo e non può essere designato con unica denominazione, non lega sotto specie e senso di corpo: il corpo infatti non percuote il senso da sé, ma attraverso un genere di energia che nel corpo risiede e dal corpo procede. E questa energia che metaforicamente si designa come la mano che lega: e questa che, con varia preparazione, si piega ed orienta a gettare i suoi lacci.

II. Effetti delle forze che legano.

Questa è la forza che legando, come dicono i platonici, adorna la mente con l'ordine delle idee; colma l'animo con l'ordinata sequenza delle argomentazioni e coi discorsi ben calibrati; feconda la natura con semi svariati; dà forma alla materia con la varietà infinita delle sue situazioni; vivifica, placa, accarezza, stimola ogni realtà; ed ogni realtà ordina, promuove a vita, governa, alletta, infiamma; ed ogni realtà muove, e apre, e riempie di luce, purifica, gratifica, porta a pienezza.

III. Si lega con l'arte.

L'artefice lega con l'arte: poiché l'arte è la bellezza dell'artefice. Davvero, come torpido e ottuso vede la bellezza delle cose naturali e di quelle prodotte dall'arte colui che contemporaneamente non intuisce l'ingegno che tutte le ha poste in essere e non sente ammirazione per esso. A uno così "le stelle non narrano la gloria di Dio"'; sicché non a Dio, ma agli effetti di Dio con anima da bruto) egli dedicherà la sua tenerezza ecc.

IV. L'uomo si lega in molti modi.

Tra le cose che hanno la capacità di legare, un numero maggiore, come è giusto, lega gli uomini che non gli esseri bruti; un numero maggiore gli esseri di ingegno più vivo che non quelli più ottusi: giacché i primi abbondano di facoltà e potenzialità più numerose, hanno l'occhio volto a più parti, circostanze e scopi, conseguentemente sono trascinati da impulsi più numerosi.

V. Il senso è mezzano per il vincolante.

Libidine rada e stimolata dal solo impulso naturale lega l'uomo ottuso. Il suo alimento si limita a poche varietà e grossolane. Non lo addolcisce il fine parlare, non lo stuzzicano le delicatezze d'amore, la musica, la pittura, tutte le altre leggiadrie di natura non lo toccano.

VI. Perché non basta un solo vincolo.

Da più cose, dunque, io sono avvinto, più persone, perciò, sento che mi avvincono, perché diversi e distinti sono i gradini della bellezza. Assieme costui da una parte, altri da altra parte, mi bruciano e avvincono con varia ragione. Se ogni ragione si agglomerasse su una persona sola, forse per tutti e fra tutti una sola persona mi piacerebbe. Ma finora ciò non ha permesso natura, preferendo distribuire separatamente lacci di bellezza, ilarità, bontà e degli stati diversi e contrari a questi, e offrirli distintamente e separatamente secondo la molteplicità delle parti della materia. Accade invero talvolta che uno si incateni ad un solo oggetto (vuoi per torpidità di senso, cieco e pigro a tutti gli altri aspetti del reale; vuoi per vigore di un solo legame, che lo inchiodi e stritoli in maniera tanto esclusiva, che in conseguenza la sensibilità per le altre cose si allenti, si sgretoli, sparisca). Ma questo capita raramente e a pochi: come ad alcuni, che per speranza di vita eterna o per certo fervore di fede o convinzione sono apparsi così rapiti in animo, così disgiunti, in certo senso, dal corpo, così vigorosamente catturati dall'oggetto cui si erano legati in pensiero e fantasia, che hanno dato l'impressione di non avvertire neppure l'orrore dei tormenti: come è manifesto nel caso del filosofo Anassarco e nel galileo Andrea e nel presbitero Lorenzo e in altri che, anche nel nostro tempo, per un simulacro di religione, si sono fatti sicari di re e di principi. Ma con appoggio di ragione in Diogene cinico ed in Epicuro: che incatenato il loro animo secondo questo criterio, con disprezzo delle cose e delle parvenze d'opinione, in conformità a principi ed ordini di natura, rimuovevano le sensazioni di tutti i piaceri e di tutti i dolori.., e ritenevano di aver raggiunto il sommo bene che in questa vita è concesso alla condizione umana, quando conservavano il loro animo librato in una sorta di voluttà eroica, oltre il dolore, oltre il timore, e l'ira e le altre grigie emozioni; e disdegnando le cose ignobili di questa vita, fluttuanti nella temporalità, testimoniavano di aver toccato una vita simile a quella degli dei anche in questo corpo mortale; e così ritenevano di aver conseguito per sé e di aver indicato agli altri il bene più alto, la virtù più sublime.

VII. Perché a chi lega occorre genio.

Si dice che colui che vincola con superiorità di genio vincola altrui senza essere vincolato a sua volta; e che il vincolo reciproco è proprio di due ingegni che stanno in equilibrio e che esso, insomma, risiede, per così dire, in un equilibrio di qualità. Ma secondo questa opinione conseguirebbe che il genio muta e si altera di continuo secondo che si alterano forme, temperamenti e specie: perché chi avvince essendo fanciullo, non avvince alla stessa maniera quando è giovane; e quello che la fanciulla affascinava non ne subisce più il fascino quando essa è donna fatta. Non va quindi ricondotto ad un solo e semplice principio il legame di un essere composito e naturalmente vario e costruito persino di contrari.

VIII. Chi è vincolato più facilmente.

L'uomo, che sia autenticamente uomo, è vincolato soprattutto dall'aspetto delle cose più degne. E a lui piace assai più vivere nell'attesa di queste cose più degne, che nell'effettivo possesso delle cose vili. Della fruizione di queste facilmente proviamo nausea; ma in quale fiamma ci consumiamo per quelle che non si prestano a facile possesso!

IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie.

Confusi, e in un certo senso anche contraddittori, sembrano essere i vincoli pur provenienti da uno stesso genere di vincolante, quando si guardano i contrastanti effetti ed affetti del vincolo. Si consideri, ad esempio, colui che è imbrigliato dai vincoli di Cupido: lo si vedrà pur da un solo ed identico fuoco, pur dalla percezione di un solo ed identico legame, spinto a grida e silenzio, letizia e tristezza, speranza e disperazione, timore e audacia, ira e mitezza, pianto e riso. Da ciò i versi:
Io che porto d'amor l'alto vessillo
Gelata ho speme e li desir cocenti,
A un tempo agghiaccio e fremo, ardo e sfavillo
E, muto, colmo il ciel de strida ardenti.
Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stillo,
E vivo e muoio, e fò risa e lamenti;
Ho vive l'acqui e l'incendio no' more
Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.

X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo.

Nulla è assolutamente bello, se vincola in quanto gioioso, nulla assolutamente buono, se vincola in quanto utile, nulla assolutamente grande, se è finito. In materia di bellezza guarda come lo scimmione piaccia alla scimmia, il cavallo alla cavalla, e come neanche Venere possa piacere a specie diversa dagli uomini e dagli eroi. In materia di bene considera come tutte le cose constano di contrari, come per alcuni dei viventi le cose buone si trovino sotto le onde, per altri nell'asciutta terra; per alcuni tra i monti, per altri nelle pianure; per quelli negli abissi, per quegli altri sopra le alte vette.

XI. Chi vincola.

Di conseguenza, sa vincolare solo colui che penetra la ragione di tutto; o almeno natura, disposizione, inclinazione, e attitudine, e utilità e scopo di quella particolare realtà che deve essere vincolata.

XII. Nessun particolare vincola tutto.

Ciò che è bello e buono e grande e vero in assoluto vincola in assoluto ogni affetto ed ogni intelletto. E ancora: non si lascia sfuggire nulla, abbraccia tutto, tutto investe di desiderio; ed è a sua volta desiderato e ricercato da più esseri, perché il suo vigore si manifesta con vario genere di vincoli. Quindi noi desideriamo fruire dell'abbondanza di più arti, non perché sia l'essere in universale che genera stanchezza, ma quest'essere qui, fatto in questo modo, quell'altro là, fatto in quel modo. Non dandosi dunque alcuna cosa particolare che sia assolutamente bella, buona, vera ecc. e nulla essendovi, non solo al disopra del genere, ma neppure entro il genere e la specie, che possa vincolare in maniera semplice attraverso parità di livelli, nondimeno l'aspirazione al bello, al buono ecc. è in tutte le cose; infatti tutte le cose aspirano ad essere assolutamente e sotto ogni aspetto belle, almeno secondo la condizione del proprio genere e della propria specie. Diversa è infatti la bellezza e la bontà di una specie da quella di un'altra; e in questa domina uno dei contrari, un altro in altra. E tutta la bellezza e tutta la bontà, anche di una sola specie, non si può conseguire che nella totalità della specie e attraverso tutta l'eternità, inseguendola per tutti gli individui singolarmente presi di quella specie. Dimostrò ciò, a proposito della bellezza umana, il pittore Zeusi, che compose la sua Elena di parecchie fanciulle di Crotone. E invero, posto anche che potesse darsi una fanciulla bella sotto ogni riguardo, una beltà completa, come potrebbe essa rappresentare il bello in generale, constatandosi che nella femminilità sono presenti varianti innumerevoli di bellezza del corpo, delle quali in un solo soggetto si raccolgono solo alcune? La bellezza, infatti (consista essa in una cosiddetta misteriosa simmetria o in qualche altra cosa incorporea che pur traspare nella natura corporea), è una realtà molteplice che germina da radici innumerevoli. Quindi: come la grumosità di una pietra non quadra, s'accorda, si lega, con la grumosità di qualsiasi altra pietra, ma solo quando coincidono rientranze e sporgenze; così non qualsiasi aspetto troverà albergo in qualsiasi animo. Dunque individui diversi soggiacciono al vincolo di oggetti diversi; e anche se è identico l'oggetto che vincola Socrate e Platone, esso vincolerà diversamente l'uno e l'altro; e certe cose scuotono la moltitudine, certe altre solo poche persone; e altre gli uomini e le nature virili, altre le donne e le nature femminee.

XIII. Vari strumenti di chi vincola.

La natura ha disperso, diviso, in un certo senso disseminato alla ventura oggetti di bellezza, bontà, verità e dignità; perciò più persone possono vincolarci per più ragioni e in relazione a diverso fine. Ci vincola e ci si rende amabile il buon agricoltore, per altra ragione ci tiene legati un cuoco o un soldato, un musicista, un pittore, un filosofo, un ragazzo; e questa ragazza perché sì muove bene, quella perché parla meglio. Ora, non c'è alcuno tra costoro che da solo abbia tutto e sotto ogni aspetto; ma colui che, secondo specie e guise, sarà trovato abile e fortunato in più cose, quello avvincerà più persone, dominerà su più persone, e attraverso più persone trionferà su tutto, all'interno della sua specie.

XIV. Opportunità di chi vincola.

Come si danno tempi diversi, ed occasioni diverse, e si succedono diversi stati d'animo e la misura non è una sola e sempre la stessa; così per converso non si dà alcunché che sia uno e semplice e di qualità e quantità identica, che possa piacere ugualmente a tutti, gratificare ugualmente tutti, o magari anche solo una sola persona o persone singole in tempi diversi: per esempio, sempre lo stesso cibo o la stessa quantità e qualità di cibo. E il criterio vale per tutte le cose che vincolano il nostro desiderio.

XV. Differenze delle cose vincolanti.

E vi sono le cose che vincolano per virtù propria; ed altre che vincolano per qualche loro proprio aspetto, che può essere una parte o una quantità; ed altre ancora che vincolano in ragione di altra cosa cui si affiancano, si subordinano, o rendono possibile: tale un bell'edificio che si erge come risultato di parti senza forma.

XVI. Diverse posizioni di chi vincola.

Molte cose ancora ci sono, che pur essendo belle, ci legano tuttavia in quanto buone: un cavallo, una nave, una casa, una statua, un cane e un uccello. E un uomo bello non ci lega al punto di essere ritenuto anche buono, come uno buono al punto di esser visto come bello: infatti può accadere che alla bellezza si accompagni colpa ed errore. Si faccia il caso di una donna bella e povera: è più esposta a tentazioni, è più facilmente allettata dai doni. Diversa è la regola dei diversi, contraria quella dei contrari, simile quella dei simili.

XVII. Sedi di ciò che vincola.

Pensano alcuni, come i platonici, spingendo poco a fondo le distinzioni, che l'elemento vincolante sia un'immagine della cosa, che passa dalla cosa all'anima e tuttavia non si stacca dal suo soggetto: come il fuoco, che non si affievolisce comunicando la propria immagine, o appunto come una qualsiasi immagine che è prima nel suo soggetto, poi nello specchio, poi nello spazio intermedio e infine nell'occhio. Eppure, approfondendo la riflessione, troviamo che nel corpo, in particolare nel corpo sensibile, c'è sì la sostanza del vincolo, ma alla maniera dell'anima: la cui condizione si manifesta nei suoi effetti e pur non occupa nel corpo alcuna parte definita. E invero se la ferita d'amore proviene dagli occhi, o dalla bocca o dal colorito, si vedrà tuttavia che non sta in quelle sedi semplicemente, né si scopre partendo da quelle, né proviene semplicemente da quelle: poiché gli occhi visti da sé e separatamente non hanno la stessa forza che ricavano dalla giustapposizione alle altre parti del volto; e considerazione analoga vale per la bocca, il naso, il colore, che sulla tavolozza del pittore potrà anche non piacere. Indefinita dunque e impossibile a circoscriversi è la ragione della bellezza, e analogamente della bontà; o della gioiosità. Per giunta non tutta la spiegazione del vincolo è da cercare nel soggetto, bensì anche nell'altra parte non meno importante: in ciò che viene legato. Infatti, dopo un pasto si rifiuta il cibo che prima si consumava golosamente: e la qualità e la sostanza del cibo non è mutata in nulla. I vincoli di Cupido, urgenti prima dell'abbraccio, a seguito di una piccola emissione di seme si fanno lenti e l'arsura si placa: eppure l'oggetto, il bell'oggetto, rimane là, identico. Dunque non ad esso va ricondotta la spiegazione generale del vincolo.

XVIII. Predisposizioni del vincolante.

Si dice che il vincolante si predispone a legare per tre vie: ordine, misura, aspetto. L'ordine configura il rapporto delle parti, la misura ne definisce il profilo quantitativo, l'aspetto si esprime in figure, contorni, colori. Nel vincolo vocale, ad esempio, l'ordine si manifesta nell'ascesa e discesa per grave, acuto e note intermedie; la misura nelle richieste terze, quarte, quinte, seste ecc. e nella progressione di toni e semitoni; l'aspetto in canorità, soavità, chiarezza. In tutte le cose che hanno predisposizione ad emettere vincoli, siano esse semplici o composte, queste tre vie sono proporzionalmente presenti.

XIX. Diversità delle predisposizioni.

In riferimento ai vincoli, c'è anche un'altra predisposizione: segnali, tracce, che si limitano ad indicare che l'animo è maturo; e per questa via l'animo è stimolato a ricercare un rapporto solo d'anima - contattare l'altro animo, unirsi ad esso - ; ma la grazia, che ha le sue premesse nella disposizione del corpo e delle sue parti o emana dalle vesti che avvolgono il corpo, incatena l'animo alla ricerca della fruizione corporea. Quando poi le premesse sono tanto nell'animo che nel corpo, spingerà con più vigore verso l'una e l'altra fruizione, incatenerà con più vigore da entrambi i principii. C'è chi è affascinato dall'animo a tal punto, che desidera anche il corpo, vaso di quello. E pochi puntano più all'animo, al punto da disprezzare anche qualsiasi aspetto corporeo, se manchino le premesse d'animo: come la fama narra di Socrate, che esigeva che il ragazzino grazioso si manifestasse a parole, prima di decidere del proprio amore verso di lui.

XX. Condizione del vincolante.

Gli adulatori ingrandiscono le virtù modeste, sfumano i difetti, scusano gli errori, riconducono le malefatte a ragioni di virtù: tacendo tutto ciò cautamente, per non scoprire la propria arte adulatoria. Così avviene che vincolino a sé le persone non particolarmente avvedute: perché essere amato, essere onorato fa grandissimo piacere a chiunque e il poter vincolare a sé qualcuno è indizio di una certa superiorità qualitativa.

XXI. Com'è vincolato chi vincola.

C'è gioia, e c'è un certo sapore di gloria, in colui che vincola: e tanto più grande, tanto più intensa, quanto più nobile e meritevole e alto è l'oggetto del vincolo. E in quella gioia, in quel sapore di gloria, poggia una valenza del vincolo, che fa sì che chi lega sia legato a sua volta da chi è legato. I vincitori lodando gli oggetti dei loro vincoli innalzano la propria vittoria, ingannando anche se stessi, per non dire gli altri: e ciò si fa anche in amore e nelle altre civili manifestazioni di vincoli. Oltre modo vile deve essere una persona che non ricambi con gratitudine d'animo chi l'ama, quando questi è meritevole e speciale o vincolato a lui in spirito per altra ragione.

XXII. Distinzione del vincolante.

C'è un genere di vincolante, in forza del quale aspiriamo a divenire degni, belli e buoni; ed altro genere, per cui desideriamo impadronirci del buono, del bello, del degno. Il primo tipo di vincolante proviene dall'oggetto di cui ci sentiamo manchevoli, il secondo da quello che possediamo maggiormente. E tra questi tipi di vincolante, non solo il bene vincola, ma la semplice opinione del bene. E il vincolo è sempre indisgiungibile da un certo tipo di proporzionamento e adeguamento. Addirittura ha più estesa efficacia la fantasia e l'opinione che non la ragione; perché agisce con più tesa energia di questa. E in verità molti che amano fuori del contatto della ragione (il che non significa senza l'impulso di una causa), sono certamente vincolati, ma ignorano da dove provenga il vincolo.

XXIII. Cecità del vincolante.

Occulta anche in grandissima parte (e anche ai sapienti) è la spiegazione dei vincoli: che vale infatti invocare analogia, somiglianza, comunanza di genere e voci di questo tipo senza senso, quando vediamo che l'uomo null'altro tanto odia quanto l'altro uomo, suo compagno di sorte, l'essere più simile a lui, ma talvolta anche null'altro tanto ama, e ciò per cause ignote? La spiegazione generale che si adduce non significa nulla, visto che c'è assenza di legame ed indifferenza tra cose che sono dello stesso genere e della stessa specie, come tra femmina e femmina, tra maschio e femmina (e aggiungi le condizioni di uomo fatto, di vecchio, di fanciullo). E che dirai del tipo d'amore per cose di cui si ha soltanto cognizione per sentito dire, che volgarmente viene descritto col termine "devozione"? L'uomo non vi è forse incatenato a cose superne e immateriali, anzi immaginarie e fuori d'esperienza? Tralascio di descrivere specificamente l'aspetto della potenza dei vincoli, mi limito a riferirmi alla potenza che si genera negli incantesimi. Né è vero che derivi dal bene, come sostiene qualcuno, la forza di un vincolo, visto che è più efficace il vincolo di una semplice opinione di bene; e neanche quella che emana da causa manifesta, più che da causa ignota. E abbiamo detto sopra come sono varie le differenze e le specificazioni del bene.

XXIV. Industriosità del vincolante.

Come gli ignoranti si lasciano legare da un adulatore accorto più che da un amico vero, così i vincoli e l'efficacia del vincolare si costituiscono e si sostengono con l'artificio: quando, ad esempio, uno sconsiglia la carriera militare a chi è timoroso, il sacerdozio a chi è selvaggiamente empio, o consiglia di curare i propri interessi a chi non ha amore per il prossimo; e, insomma, spinge le cose nella direzione verso cui sono più inclini, come chi vuole attirare a sè un cilindro lo rotola secondo il verso della rotondità e non per i piatti e le cornici.

XXV. Armi del vincolante.

Le armi di chi vincola sono di tre tipi. Il primo tipo sta in lui, e comporta due specie di armi: essenziali o naturali, vale a dire quelle che provengono dalla natura della specie; ed accidentali o aggiuntive, e cioè quelle che si associano alla natura della specie, come sono la sagacia, la saggezza, l'arte. Il secondo tipo sta attorno a lui: sorte, fortuna, caso, occorrenza, cose che ti vengono addosso. Il terzo tipo sta sopra di lui: fato, natura e favore degli dei.

XXVI. Vicenda del vincolante.

Fatte le debite proporzioni, in ogni operazione del vincolare avviene ciò che sperimentiamo di continuo nel coito o nel cibo. Siamo infatti attratti e vincolati da desiderio e amore per queste cose, ma non sempre delle stesse e nello stesso modo e nella stessa misura e con le stesse vicende di tempo. Infatti fluttua e precipita assieme al tempo la nostra struttura fisica e tutto cio che alla struttura fisica si accompagna. Quindi, con riflessione previdente e anticipatoria, bisogna conoscere in tempo il momento del gettare il vincolo, e cogliere con la maggior sveltezza la compresenza dell'oggetto, in modo che chi può tendere un laccio lo tenda e lo chiuda al più presto.

XXVII. Gli occhi del vincolante.

I vincoli sono sottili, ciò che viene soggetto a vincoli affiora appena alla sensibilità dai suoi recessi profondi, ed è possibile esaminarlo solo fuggevolmente come da una superficie, ed ancora è soggetto a trasformazioni momento dopo momento, rapportandosi a chi vuole imbrigliarlo nei suoi lacci non altrimenti che Teti quando sfugge agli abbracci di Peleo: bisogna quindi cogliere il ritmo del cambiamento, spiare nella forma che precede le potenzialità della forma successiva. Per quanto infatti la materia sia indefinitamente aperta a forme innumerevoli, tuttavia la sua forma presente non è a distanza eguale da tutte le altre possibili: tra esse ce n'è una sola che segue con immediatezza, altra segue con interposizione di più intervalli, altre con meno, un'altra ancora si colloca a maggior distanza tra tutte. Quindi come la forma sangue segue immediatamente la forma chilo, così al vincolo dell'indignazione succede quello dell'ira, ai vincoli d'ira succedono quelli di tristezza, come facilmente la bile rossa passa a quella scura. Sicché, penetrata a fondo la disposizione e la qualità presente del soggetto, Peleo progetta e predispone i vincoli per codesta Teti, prima che essa gli sfugga verso altre definite forme, ben sapendo che altri sono i modi di legare un serpente e altri quelli che servono per un leone o per un cinghiale.

XXVIII. Astuzie del vincolante.

Il vincolante non lega il vincolabile facilmente, come il condottiero non conquista facilmente una rocca ben fortificata, se il passaggio non gli viene aperto da un traditore che si trova all'interno, da un collaboratore che in qualche modo non cospiri o non si assoggetti o si presti comunque ad un accordo; così, nel suo terreno specifico, Venere non vincola e non conquista facilmente la rocca, quando i vasi sono vuoti, lo spirito inquieto, l'ansia bruciante; mentre spalancano la rocca i vasi tumescenti, l'animo sereno, la mente quieta, il corpo in riposo: ed è dopo aver studiato l'avvicendarsi di questi guardiani e sentinelle, che si deve osare rapidamente, attaccare con forza, agire con tutti i mezzi, non concedere tregua. Pratica da mantenere anche in tutte le altre operazioni del vincolare.

XXIX. Scala del vincolante.

Chi vincola, non incatena a sé l'anima se non l'ha rapita; non la rapisce se non incatenata; non l'incatena se non si congiunge a lei; non si congiunge se non la raggiunge; non la raggiunge se non per impetuoso avvicinamento; non si avvicina se non inclina anzi declina verso di lei; non inclina se non è mosso da desiderio, da appetito; non appetisce se non ha maturato conoscenza; ma non matura conoscenza se l'oggetto in figura o simulacro non si fa presente ai suoi occhi, orecchi, o alle percezioni del senso interno. Dunque conduce a destinazione i vincoli tramite la conoscenza in genere, porta ad intreccio i vincoli tramite la scossa emotiva in genere (dico conoscenza in genere, perché non si sa talvolta da quale dato conoscitivo si viene rapiti; e dico scossa emotiva in genere, perché neanche questa è agevole a definire).

XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

Le porte per cui il cacciatore d'anime getta i suoi vincoli sono tre: la vista, l'udito, e la mente o immaginazione. Se riesce ad aprirsi un varco per tutte e tre quelle porte, vincola nel modo più rigoroso, allaccia coi lacci più stretti. Egli penetra la porta dell'udito armato di voce e del bel parlare che è figlio della voce; penetra la porta della vista armato di forma e gesto e movimento e figura adeguata; e la porta dell'immaginazione, della mente, della ragione, la varca coi comportamenti e le arti. Allora, la prima mossa è l'entrata, la seconda il contatto, la terza il vincolo, la quarta sarà l'attrazione. Il vincolato si fa incontro al vincolante per le aperture di tutti i sensi, a tal punto che, realizzato il legame perfetto, questo si trasferisce tutto in quello o arde dal desiderio di trasferirvisi, quando si tratta del vincolo di attrazione reciproca (poiché, paralleli a questi, si danno vincoli sgradevoli, di cui tratteremo parlando del vincolo naturale: come quello con cui il rospo attrae la faina per una sorta di misteriosa forza del suo soffio, e il gallo distrugge il leone col suo canto, e il muggine al semplice contatto blocca la nave, l'energumeno nella sua fantasia inghiotte il demone, e l'umore malinconico e ventoso funziona come una calamita per l'incubo).

 

In conclusione questo campo del vincolante presenta trenta linee di forza e precisamente a partire da:

1. Aspetto.
2. Effetto.
3. Arte.
4. Numero.
5. Scala.
6. Moltitudine.
7. Genio.
8. Facoltà.
9. Coincidenza di contrarii.
10. Diversità.
11. Mediazione.
12. Favore o concorso di circostanze.
13. Mezzo.
14. Opportunità.
15. Differenza.
16. Diversità di attitudini.
17. Collocazione.
18. Predisposizione.
19. Diversità di predisposizioni.
20. Condizione.
21. Reazione.
22. Distinzione.
23. Cecità o ignoranza.
24. Industriosità.
25. Armi.
26. Avvicendamenti.
27. Occhi.
28. Lusinghe.
29. Scala.
30. Porta.

 

I vincolabili in generale

I. Specie di vincolabilità.

Attorno a Dio (o natura universale o bene universale o bello in assoluto, che è centro del macrocosmo) sono quattro realtà in movimento disposte in modo che non possono, pena il loro annichilimento, distaccarsi da lui, né farne a meno più che non possa ciascuna circonferenza fare a meno del proprio centro; quattro realtà, ripeto, mobili di moto circolare attorno al proprio vincolante, disposte in tal modo che consistono eternamente nello stesso ordine. Sono, secondo la dottrina dei platonici, la mente, l'anima, la natura, la materia; la mente per sé stabile, l'anima per sé mobile, la natura parte stabile parte mobile, la materia totalmente mobile e totalmente stabile.

II. Condizione di vincolabilità.

Nulla è suscettibile di vincolo se non è predisposto nel modo più conveniente, perché quel fulgore non si comunica a tutte le cose in una sola guisa.

III. Forma di vincolabilità.

Tutte le cose che sono suscettibili di vincolo sentono in qualche modo nella sostanza di qual senso sia da reperire la loro specie determinata di conoscenza e la loro specie determinata di impulso: è così che il magnete attrae e respinge, secondo il genere degli oggetti. Dunque chi vuol vincolare deve in qualche modo indirizzare il suo senso a ciò che è vincolabile: e in verità il vincolo accompagna il senso delle cose, come l'ombra il corpo.

IV. Paragone dei vincolabili.

Rifletti: gli uomini sono più vincolabili che le bestie; gli uomini bestiali e stolidi non sono adatti ai vincoli eroici, a differenza di quelli che sono approdati a maggior chiarezza d'anima. In riferimento, poi, ai vincoli naturali, il volgo vi si assoggetta più del filosofo, donde il detto proverbiale che i sapienti dominano gli astri. Infine, in riferimento a vincoli di genere medio, il tipo del goloso ingordo può permettersi di vantare la castità, e il tipo del lussurioso la sobrietà nei cibi.

V. Distinzione dei vincolabili.

Da ciò che si è appena detto consegue opportuna riflessione sul fatto che l'energia di un vincolo rende meno suscettibile ad altra specie di vincolo o comunque meno arrendevole. Perciò i tedeschi sentono meno lo stimolo di Venere, gli italiani quello della crapula; lo spagnolo è più incline all'amore, il francese più infiammabile all'ira.

VI. Seme o stimolo di vincolabilità.

Una cosa è suscettibile di vincolo soprattutto quando ha qualcosa di sé nel vincolante, proprio perché il vincolante le si impone attraverso quel qualcosa di se. A partire da questo (tanto per fare un esempio, da un caso particolare) i negromanti confidano di esercitare impero su tutto il corpo attraverso unghie e capelli di vivi, o addirittura tramite parti di vestiario o impronte dei piedi; evocano gli spiriti dei defunti, per mezzo di ossa e parti qualsivoglia del morto. E per questo che si aveva la massima cura delle pratiche di sepoltura, e si introdussero i roghi, e si annoverava tra i supplizi crudeli lasciare un corpo insepolto. I retori catturano la benevolenza con la loro arte a patto che uditori e giudici trovino in loro qualcosa di sé.

VII. Tempo di vincolabilità.

Una sola ed identica realtà è variamente suscettibile di vincolo in relazione al variare del tempo e dell'età; e variabile è il comportamento rispetto a un solo ed identico vincolo delle cose disposte non in un solo modo. Rifletti, a partire da qui, come chi è stato mutevole da giovane, fatto uomo è più fermo e più prudente, da vecchio più sospettoso e bisbetico, infine greve di dispetto e fastidio nella decrepitezza

VIII. Differenza dei vincolabili.

Quindi chi vuole legare deve porre attenzione al fatto che le cose suscettibili di vincolo sono mosse alcune più dalla natura, altre più dal giudizio e dalla prudenza, altre ancora più dall'usanza e dalla consuetudine: sicché la persona accorta lega e costringe individui del primo tipo tramite vincoli ricavati dalle cose naturali, del secondo tipo con ragionamenti e dimostrazioni e simboli e tratti convincenti, del terzo tipo ricorrendo a condizioni di immediata necessità.

IX. Avversione alla vincolabilità.

Poiché l'animo tanto più si vincola ad un oggetto, quanto più si astrae e distacca dagli altri, conseguentemente, chi voglia delimitare il destinatario del vincolo ad un solo oggetto, deve investire fatica nel renderlo svogliato per altre attività o più distanziato dalle preoccupazioni ad esse legate. E invero un'attività più gratificante esclude la gratificazione di un'altra: l'animo intento all'orecchio lascia in riposo l'occhio, chi guarda con molta attenzione si fa sordo; quando poi siamo molto allegri o molto tristi per un qualche motivo non facciamo molto altro, anzi svogliati tralasciamo o rallentiamo il lavoro. Ed è appunto questo che significa "essere astratto" o "tratto", "essere dominato", "essere vincolato". A partire da ciò, l'oratore, suscitando riso o invidia o altri stati d'animo, spezza il vincolo d'amore, rende disponibili per vincolo d'odio, di disprezzo, d'indignazione.

X. Il numero dei vincolabili.

I contemplativi vengono vincolati alle cose divine, staccandosi dall'aspetto delle parvenze sensibili; i voluttuosi attraverso la vista si abbassano alle fruizioni del tatto; le nature morali sono condotte al diletto dalla civile conversazione. I primi sono considerati eroici, i secondi naturali, i terzi razionali; i primi stanno più in alto, i secondi più in basso, i terzi a mezza via; i primi sono detti degni dell'etere, i secondi della vita, i terzi della conoscenza; i primi ascendono a Dio, i secondi si aggrappano al corpo, i terzi si distaccano da uno degli estremi e si avvicinano all'altro.

XI. Il movimento dei vincolabili.

Nelle realtà composite e variabili e in genere in tutte le cose che subiscono modificazioni nella loro natura e disposizione, come è il caso dell'anima e dello spirito, che assumono modificazioni varie attraverso il corpo e i moti corporei (benché l'una e l'altra sostanza nella sua semplicità sia del tutto stabile ed eterna, in conseguenza della privazione prova desiderio, in conseguenza del desiderio impulso, e dell'impulso movimento e dopo il movimento liberazione)... Quindi nessun vincolo è eterno, ma si alternano vicissitudini di carcere e di libertà, di vincolo e di liberazione da vincolo o piuttosto di passaggio da una ad altra specie di vincolo. E poiché questa situazione è naturale e precede accompagna e segue la condizione eterna di ogni realtà, bisogna dire che la natura lega con la varietà e il movimento, e l'arte, emula della natura, moltiplica i vincoli e li varia e diversifica e ordina e dispone per così dire in una sequenza. modulare. Una condizione stabile è a tal punto estranea alla realtà, che talvolta addirittura ci buttiamo su ciò che è vietato e siamo travolti dal suo desiderio. E' invece conforme a natura aspirare a liberarsi dai vincoli, proprio come poco prima abbiamo potuto imbrigliarci in essi per una specie di autonoma e spontanea inclinazione.

XII. Indefinizione dei vincolabili.

Quanto più sono numerose le componenti del vincolabile, tanto meno esso è delimitato a determinati vincoli. Sicché il piacere umano è meno determinato a un sol tempo, un solo individuo, un solo sesso, rispetto a quello dei bruti. Forse tutti i cavalli potrebbero avvincere una cavalla, ma in molti casi non può avvenire lo stesso tra tutti gli uomini e una donna. Questo dislivello e questa indefinizione distanzia l'uomo dal bruto, come anche l'uomo vero dall'uomo brutale, il più sensibile (che è anche più soggetto alle emozioni) dal più ottuso. E ciò che si dice rispetto a un tipo di vincolo, va esteso ad ogni tipo e genere di vincoli.

XIII. Il fondamento della vincolabilità.

La prima spiegazione del fatto che ogni realtà è vincolabile va ricavata in parte dalla constatazione che essa desidera conservarsi nella situazione che possiede al presente, e in parte dal fatto che essa desidera giungere a completezza secondo tale situazione e all'interno di essa. In ciò consiste in genere la filautìa o amore di se. Quindi se uno riuscisse ad estinguere in un soggetto la filautìa, sarebbe messo in condizione di legare e sciogliere in qualsiasi modo. Per converso, accesa la filautìa, tutte le cose si imbrigliano più facilmente nei tipi di vincoli che sono loro naturali.

XIV. La relazione dei vincolabili.

Contempla, negli esseri viventi, l'amicizia e l'inimicizia, la simpatia e l'antipatia, l'affinità e la diversità e le circostanze di queste cose; poi passa a raffrontare, secondo certo ordine ed analogia, le realtà particolari e individuali singolarmente prese all'interno della specie umana; quindi in primo luogo le specie, una per una e poi tutte insieme, degli altri viventi; infine tutte le altre specie di cose. Capirai di quale varietà e disponibilità di vincoli tu hai bisogno.

XV. Diversità della materia dei vincolabili.

Sebbene ogni vincolabile sia in qualche modo un composto, tuttavia uno si dice semplice, un altro molteplice o conglomerato, uno più semplice o più mescolato rispetto all'altro. Consegue da ciò che date realtà si vincolano puramente, altre impuramente, e i vincoli puri, impuri: come i piaceri e i dolori che sono puri, impuri e misti. Così Epicuro definisce impuro il piacere venereo, nel senso che si accompagna con dolore e con desiderio inestinguibile (quello per cui tutto il corpo si strugge di trasferirsi nell'altro corpo: invano), e poi lo segue una sfinitezza sconsolata. Ma se esistessero realtà in cui i principii non si esaurissero mai (del tipo, forse, degli astri e dei grandi viventi cosmici o numi nei quali non si dà stanchezza, ed afflusso e influsso di sostanza è in equilibrio inalterabile), allora esse resterebbero vincolate in se stesse in pienezza di felicità. Da ciò consegue che chi desideri vincolare alcuno sul piano della civile conversazione, deve spiare attentamente la specifica varietà di composti: e formulare progetti, decisioni, conclusioni diverse per gli ingegni eroici, per gli ordinari, per i più prossimi ai bruti.

XVI. Grado dei vincolabili.

I bambini sono meno soggetti ai vincoli delle passioni naturali, per la ragione che in loro la natura è tutta impegnata nel processo di crescita, e questa è l'alterazione maggiore che la scuote, e tutto il nutrimento è volto a crescita e strutturazione dell'individuo. Ma verso il quattordicesimo anno cominciano ad essere ben vincolabili: questa età è, sì, ancora protesa nella crescita, ma la crescita non è più così veloce ed esigente come nei bambini. Uomini fatti, in età di stabilizzazione, hanno maggior dotazione spermatica e questa pare sia una causa maggiore di vincolabilità. Più precisamente: pare che gli adolescenti e i giovani siano dotati di un erotismo più avido, e perché la novità di quel tipo di piacere li rende più ardenti, e perché i condotti per cui passa il seme sono più angusti, quindi il flusso spermatico scaturisce superando una resistenza più deliziosa: sicché il solletico venereo che si genera da tale conflitto è più carico di piacere e di gioiosa liberazione. Nelle persone più anziane, in cui le energie sono pressocché spente e gli organi e i condotti esausti e il seme non più abbondante, i vincoli sono più difficili. E questa situazione si riproduce in generale nelle altre passioni, che ammettono una certa analogia, o opposizione o contiguità con la passione d'amore.

XVII. I temperamenti dei vincolabili.

In conseguenza del loro temperamento i malinconici sono più vincolabili ad indignazione, tristezza, voluttà e amore: essendo infatti più impressionabili, si fanno un'immagine più intensa, ad esempio, del piacere; per la stessa ragione anche sono più adatti alla contemplazione e alla speculazione; e in generale sono mossi e agitati da passioni più veementi. Quindi, per ciò che attiene a Venere, si danno come scopo più il piacere proprio che la propagazione della specie. Affini a costoro sono i collerici, rispetto ai quali sono meno stimolabili i sanguigni. I flemmatici sono meno libidinosi rispetto agli altri, ma più dediti alla gola. Resta stabilito tuttavia che ognuno fa la sua parte in obbedienza alla natura: i malinconici sono vincolati dalla loro maggior forza d'immaginazione, i sanguigni dalla maggior facilità di emissione spermatica e dal calore del loro temperamento, i flemmatici dalla maggior ricchezza umorale, i collerici da un solletico o stimolo più intenso e acuto di spirito caldo.

XVIII. I segni dei vincolabili.

In quest'ordine di considerazioni ha il suo posto anche la fisionomia. Chi ha tibie asciutte e muscolose, chi è caprino e somiglia ad un satiro dal naso schiacciato e largo ed ha volto triste e sospiroso ama con più intensità e corre dietro a ogni sfrenatezza di tipo venereo; ma è anche facilmente placabile e non ha passione che duri a lungo.

XIX. Durata dei vincolabili.

Rispetto ai vincoli i vecchi sono più costanti, ma meno disponibili; i giovani più instabili, ma più disponibili. Sono quelli di mezza età che si lasciano legare stabilmente, strettamente e con piena disponibilità.

XX. La reazione dei vincolabili.

La cortesia reciproca genera vincoli reciproci; vincoli possono trovarsi negli scherzi, nel comportamento istrionico, nelle facezie: talvolta per queste vie una persona, altrimenti sgradevole e deforme, lega coloro che hanno gusto per tali cose. Aggiungi un fatto che abbiamo sperimentato a proposito di fantasie circa dimensioni e vivacità di membro: accampate nell'immaginazione gettano come un incantesimo sul fanciullo o la fanciulla. Di qui i versi: Confesso che non son d'aspetto bello. Eppure agli dei stessi mi antepone Ogni ragazza d'appetito sano. Analogamente altri vincoli con cui i brutti avvincono poggiano sull'opinione di coraggio, valore, eloquenza, operosità e altre qualità di questo genere: sicché, partendo da qualità di un certo tipo possono acquistarsi anche affetti d'altro tipo. Non è rara l'esperienza che anche le viragini più brutte travolgono ad atti d'amore con la fama delle loro qualità o l'esercizio della loro parlantina.

XXI. L'eterogeneità dei vincolabili.

Aggiungi che si dà il caso che una specie è vincolata da una specie diversa per via d'amore, odio, ammirazione, pietà, compassione ed altri sentimenti del genere: Lesbia per il suo passero, Corinna per la sua cucciola, Ciparisso per una cerva o il delfino per Arione. Sono vincoli celebri. Insomma, in ogni specie giacciono semi di attrazione per tutte le altre. Taccio della simpatia tra un uomo e un leone, tralascio ciò che so della stupefacente familiarità tra un bambino e un serpente.

XXII. Il mutamento dei vincolabili.

Ciò che è suscettibile di una specie di vincolo può senza difficoltà essere trasferito al suo contrario, come del resto è mutevole anche il vincolante; e non fa differenza se realmente o solo nell'opinione. Nei riguardi di una persona cui mi legava il rispetto intellettuale, poi, approfondita la conoscenza e cancellata la stima, è sottentrato un rapporto di disprezzo e sdegno. E i vincoli che provengono dalla vista dell'età ardente e della bellezza si allentano e si spezzano col tempo quando non sopravvengono a rafforzarli quelli del comportamento e dell'ingegno.

XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili.

Misterioso è ciò che vincola ad amore e odio o disprezzo al di qua di ogni operazione di ragione. Ed è futile l'escogitazione di Adrastea, che la spiegazione dell'amore che si sviluppa alla vista di un bell'oggetto sia una specie di rammemorazione, da parte dell'anima, della divina bellezza percepita prima di essere accolta nell'involucro del corpo. Se fosse vero, quale spiegazione si dà allora del passaggio improvviso dell'animo allo sdegno verso lo stesso oggetto che non ha subito mutazione? E perché animi diversi sono incatenati di più da oggetti diversi? Perché ciò che per uno è il culmine della bellezza al gusto non meno sveglio di un altro risulta addirittura sgradevole? E chiaro che la condizione di vincolabilità non si apre alla riflessione debole.

XXIV. Definizione dei vincolabili.

Teocrito ricondusse al caso, alla fortuna, ad un indefinito non so che, l'amore e gli altri sentimenti che legano i singoli esseri; ma avrebbe pensato con più rigore se avesse considerato e definito "occulto e determinato" ciò che qualificò come "indefinito" perché non gli si svelava: i sentimenti nascono infatti da un ben determinato intreccio strutturale donato da natura o introdotto dalla forza della consuetudine.

XXV. Senso dei vincolabili.

I Greci non riconducevano a conoscenza razionale, ma a fortuna, il fatto che uno fosse vincolato da amore, odio o altri sentimenti: e veneravano Amore e Fortuna sullo stesso altare. A questo giudizio si associano alcuni platonici, sostenendo che i viventi privi di parola non sempre soggiacciono al vincolo d'amore, perché privi di discernimento razionale. Ma costoro hanno opinioni troppo rozze sulla natura della conoscenza e dell'intelligenza, che in realtà pervade tutte le cose con lo spirito universale e si accende in tutte, in proporzione al soggetto. Per noi in realtà l'amore, come ogni altro sentimento, è una forma molto effettiva del conoscere; ed è anzi il procedere discorsivo e raziocinante e argomentante, da cui soprattutto gli uomini si lasciano vincolare, che non si colloca affatto tra le forme primarie di conoscenza. In conclusione: chi vuol vincolare si convinca che la ragione non ha né più né meglio carte per legare. Ciò che funziona è piuttosto una conoscenza che si proporziona al genere.

XXVI. La fuga vincolabile.

C'è chi, sfuggendo ad un tipo di vincolo, si lascia poi legare da vincoli d'altro tipo. Quindi chi si propone di vincolare deve stare attento ad operare coi mezzi ai quali il destinatario del vincolo è suscettibile: assecondando, cioè, i vincoli di cui quello è già prigioniero. Fu così che la ninfa trasse ad amore col dono che si adattava al suo tipo umano (precisamente, un corno al cui suono si immobilizzavano le fiere in fuga) il cacciatore che la passione per la selvaggina distraeva da amore. Anche il soldato sarebbe costretto ad altri affetti dall'incanto che esercita su di lui la qualità di un'armatura. Svincolano dunque da Venere la caccia, il digiuno, l'ebbrezza, gli esercizi di ginnastica e in genere gli impegni e i diporti più svariati, e vari tipi d'astinenza, lusso ecc. E come in questo genere di vincoli, così in tutti gli altri bisogna valutare caso per caso.

XXVII. La sostanza vincolabile.

Due sono le radici della vincolabilità, e sono della stessa essenza del vincolabile in quanto è vincolabile: conoscenza appropriata al genere e desiderio appropriato al genere. Supponi un oggetto che non abbia desiderio alcuno, e avrai una cosa che non è suscettibile di alcun vincolo spirituale. Aggiungi che senza conoscenza e passione nessuno ha possibilità di legare: né con vincoli di civile conversazione né con vincoli magici. Di altri tipi di vincolo non parlo perché alla gente di vista corta, che è la maggioranza, darei l'impressione di dire cose sconvenienti.

XXVIII. La perfezione vincolabile.

Il vincolo perfetto è quello che allaccia tutte le parti e tutte le potenzialità di una persona. Il vincolante deve penetrarne a fondo il numero, per irretire l'oggetto della sua caccia con più vincoli, anzi con tutti i vincoli, volendo spingere l'intreccio alla perfezione. E non deve avere dubbi, punti oscuri, sui nutrimenti e sulle lusinghe che si debbono all'animo e allo spirito: diversi secondo le sue diverse potenze.

XXIX. L'obbligo dei vincolabili.

Non è possibile vincolare a sé alcuno, se il vincolante non patisca egli stesso legame. Al vincolato le catene aderiscono, lo penetrano. Chi vincola ciò che è vincolabile anche per un altro non si lega se non di legame accidentale, ma chi vincola ciò che è vincolabile solo per sé non può essere che legato a sua volta. Tuttavia il vincolante ha sul vincolato questo vantaggio, che egli è padrone dei vincoli e che talvolta non li patisce e non ne è toccato in pari modo. E in analogia con questa dottrina il fatto che il lenone lega e non è legato, mentre l'amata nell'atto d'amore non si lega all'amato, se anch'egli non si leghi a lei nello stesso atto. E tuttavia esiste una specie di misterioso vincolo spirituale in forza di cui la cosa amata si vincola ad un amante che talvolta, nonché non amarlo, neppure conosce: questo è l'ordine di realtà in cui Eros senza Anteros piange e si sente infelice. Ma sul piano dei rapporti di società nessuno vincola se non si lega almeno con quello che desidera vincolare del medesimo vincolo o di un vincolo affine: infatti, per parlare più chiaro, l'oratore non suscita passione senza passione.

XXX. La verità vincolabile.

Il destinatario del vincolo, per essere vincolato, non richiede tanto vincoli reali, cioè quelli che sono così sostanzialmente, quanto apparenti, cioè vincoli d'opinione: infatti l'immaginazione senza verità può vincolare veramente, imbrigliare davvero il destinatario del vincolo per via immaginaria. Posto anche che non esista inferno, la credenza immaginaria nell'inferno senza fondamento di verità produce veramente un vero inferno: l'immagine fantastica ha la sua verità, con la conseguenza che essa reagisce realmente e realmente e potentemente resta imbrigliato chi si lascia vincolare e il tormento infernale si fa eterno con l'eternità della convinzione di fede; e l'animo, pur spoglio del corpo, conserva tuttavia il medesimo aspetto e nonostante tutto persevera con esso infelice nei secoli, anzi ancor più potentemente talvolta per indisciplina o diletto o acquisite parvenze. Che i volgari filosofanti non si capacitino di questo e distribuiscano insulse condanne sulla base di quella dottrina da ignoranti, non ci turba più che tanto: eravamo bambini ed inesperti quando padroneggiavamo queste dottrine, più di quanto possano mai padroneggiarle essi, esperti e vecchi. Ma noi perdoniamo loro invecchiati in questo sentire, non meno di quanto riteniamo si debba perdonare alle nostre credenze di quando eravamo bambini.
 


Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.

Abbiamo detto nelle riflessioni sulla Magia naturale come tutti i vincoli o si riconducano al vincolo d'amore, o ne dipendano o addirittura consistano in esso. A chi argomenti attraverso le trenta specie di nodo risulterà agevolmente chiaro che l'amore è il fondamento di tutte le passioni: chi non ama nulla, infatti, non ha motivo di temere, sperare, gloriarsi, insuperbirsi, osare, disprezzare, accusare, scusare e umiliarsi e gareggiare e infuriarsi, turbarsi insomma in altre guise analoghe. Dunque l'argomento cui diamo avvio sotto il titolo di Vincolo di Cupido apre un vasto campo alla riflessione o speculazione: né si deve pensare che questa riflessione sia troppo lontana dall'impegno civile, solo perché il suo orizzonte è più ampio di ciò che l'impegno civile richiede.

I. Definizione del vincolo.

Presso pitagorici e platonici il vincolo di bellezza si trova definito come fulgore, raggio o almeno come impronta o ombra o simulacro e traccia di essa: stampata in primo luogo nella mente che adorna con l'ordine delle cose, in secondo luogo nell'anima che colma con la sequenza delle cose, in terzo luogo nella natura che distingue e caratterizza coi suoi semi, in quarto luogo nella materia che essa arricchisce di forme. Questo raggio brilla nella sua forma più limpida nella mente, limpidamente nell'anima, oscuramente nella natura, oscurissimamente nella materia, che è substrato delle realtà naturali: così essi dicono. Esso non è una quantità e non consiste nella quantità (anche se si aggira attorno alla quantità e alla grandezza in generale) dal momento che anche le cose non grandi o addirittura piccole comunicano impressione di bellezza: anzi all'interno di una stessa specie gli esemplari grandi sono deformi e quelli piccoli ben formati (ma anche il contrario); e spesso, invariata restando la quantità, la bellezza si dissolve, oppure permane mutando quella. Un bambino o un fanciullo molto grazioso piace, ma non incatena se non adolescente, a partire da una determinata età: questo vuol dire che la quantità ha un certo significato e ciò è vero anche quando non si modifichino in nulla forma, figura e struttura di una cosa. Da ciò puoi trarre alcune conseguenze per i vincoli che riguardano i rapporti civili: ci sono questioni di misura da cui dipende forma ed efficacia del vincolo. Pensa a gesto, parola, abbigliamento, abitudini, e al riso e ad altri segnali degli stati d'animo.

II. Origine del vincolo.

Alcuni dei platonici dogmatizzano che il vincolo proviene da una determinata proporzione delle membra congiunta a certa delicatezza di colorito. Ma chi riflette in maniera più analitica osserva almeno questo: in primo luogo sono vincolanti le cose composite e risultanti da una differenziata varietà di parti; poi il colore di per sé, la voce di per sé hanno poteri vincolanti; infine nessuna cosa trascorre a senescenza più rapidamente della bellezza, mentre nulla si mantiene più inalterato della forma e della figura che la composizione delle membra rivela all'esterno. In conclusione: il vincolo di bellezza va rintracciato altrove che nella figura e nella disposizione proporzionata delle membra, tanto più che, invariata restando bellezza e figura, talvolta dopo il godimento della cosa amata l'amore passa; quindi la spiegazione del vincolo deve cercarsi soprattutto in una sorta di condisposizione del rapitore e del rapito. Talvolta infatti a livello razionale non abbiamo nulla da criticare nella bellezza di una ragazza, nulla sul piano dei rapporti umani da biasimare nella parola, nel comportamento, nell'agire in genere di un uomo: eppure non ci piacciono. E viceversa: in una persona singole cose ci dispiacciono, anche parecchie, eppure essa ci piace. Ancora più stolto è ciò che essi sostengono sul rapporto fra vincolo e colore, non distinguendo tra colore e ciò che gli fa da contorno: come si può dire che il colore lega per conto suo, quando più acceso in un vecchio risulta sgradevole e disprezzabile, e più smorto in un giovane può legare e trascinare? Così, nella civile conversazione, un discorso di gravità consolare in bocca ad un adolescente, quanta che sia l'arte di cui risplende, muove ad indignazione la persona più riflessiva per l'impressione di sconveniente arroganza che suscita; come sulla bocca di un vecchio un parlare aggraziato, carezzevole, fiorito, genera disprezzo e muove talvolta a riso e fornisce materia di schemi. E in generale nell'attenzione al corpo o al linguaggio o al comportamento altro si addice alla donna fatta, altro alla giovinetta o alla bambina, altro al bambino e all'uomo maturo e al vecchio, altro ancora all'uomo di guerra e all'uomo di legge.

III. Indefinizione del vincolo.

Non tanto è difficile, io penso, vincolare e sciogliere, quanto scoprire il vincolo, specie nelle situazioni in cui i vincoli si riconducono più al caso che alla natura e all'arte. Per fare un esempio: il vincolo che parte dal corpo, non ha però nel corpo una locazione definita; l'amante ha l'impressione che a legarlo siano occhi, guance, bocca, ma questi tratti particolari, spostati in un altro soggetto, tanto son lontani dal vincolare alla stessa maniera, che anzi talvolta sciolgono e vanificano i vincoli di Cupido. E ancora: noi talvolta ci consumiamo d'amore per un involucro corporeo, e poi, visti i modi, ascoltato il parlare, ci accorgiamo che i vincoli di Cupido sono spariti. Allo stesso modo, fatte le debite distinzioni, tu ragionerai sui legami della conversazione civile.

IV. La composizione del vincolo.

E' vincolo gettato da un Cupido più basso quello per cui siamo catturati dalle realtà composte o giustapposte, mentre non ci sfiorano le entità semplici e assolute, anzi c'è chi addirittura le spregia. Persone così penseranno che Dio non ha in sé bellezza, perché essendo a suo modo un'entità semplice, non brilla affatto per ordinata simmetria di struttura. E' vero che, per una premessa, egli è il principio e la fine di ogni bellezza e di ogni vincolo. Ma poi per debolezza d'ingegno non distinguono tra ciò che è bello in sé e ciò che è bello in relazione a noi; come sul piano pratico dei rapporti umani non è assennato chi non distingue tra ciò che è bello rispetto agli uomini in generale e alla ragione, e ciò che è bello rispetto a questi determinati uomini e alla consuetudine, all'uso e all'occasione: sicché getta i suoi vincoli a caso.

V. Numero dei vincoli.

Senza troppo distinguere e badando alla sostanza sono vincoli la forma, il portamento, il movimento del corpo, la convenienza reciproca di voce e discorso, l'armonica coerenza dei comportamenti e la fortuna e il casuale incrociarsi delle simpatie che vincolano non solo gli uomini tra loro, ma anche gli animali tra di loro e gli animali agli uomini. Si riconduce a ciò il fatto che per impronta di natura il bambino che vede un serpente, l'agnello che vede un lupo, senza bisogno di nozione o di esperienza precedente, è colto da terrore mortale; mentre se vede un bue o una pecora ci gioca e si diverte assieme. E ci sono profumi e aromi da cui uomini e spiriti sono toccati in maniera diversa: ho conosciuto persone che reagivano inorridite all'odore del muschio o di altre sostanze universalmente gradevoli al punto da cadere a terra per turbamento di spirito; ma ho conosciuto anche un tale che provava un piacere straordinario a portarsi al naso sulle dita cimici schiacciate. Insomma c'è varietà di legame per cose varie e non solo gli opposti ma i diversi si vincolano tra di loro. E sul piano dei rapporti civili non è uguale il gusto che un italiano e un tedesco hanno per lo stile del discorso e la cura e l'ornamento del corpo e l'armonia ed affabilità del costume; ma può accadere che un italiano si distacchi dalla generalità in modo da avere, per così dire, carattere tedesco (e un tedesco carattere italiano). Qui sta il difficile e si richiede prudenza maggiore per legare sul piano dei rapporti civili, specialmente quando i vincoli si gettano non sulla moltitudine, ma su un individuo: in effetti è più facile legare molti che uno e il tiro di un uccellatore potrà trafiggere a caso più uccelli tirando nel mucchio, che un uccello singolo tra i molti anche con mira più accurata.

VI. Le porte dei vincoli.

I sensi sono la porta attraverso cui si gettano i vincoli. Tra questi la vista è la porta principale, la più degna; gli altri possono essere più appropriati in relazione alla varietà degli oggetti e alle loro potenzialità: così il tatto è conquistato dalla tenera soavità della carne, l'udito dall'armonia della voce, l'olfatto dal profumo del respiro, l'animo dalla musica dei comportamenti, l'intelletto dalla chiarezza delle dimostrazioni. Vincoli diversi si insinuano per finestre diverse ed hanno diverso potere a seconda delle persone: quindi chi trae piacere coltivando un interesse, chi un altro. E non si trae vincolo ugualmente da tutte le cose né ugualmente a tutte si applica.

VII. I generi dei vincoli.

Si capisce che ci sono tanti generi e varietà di vincoli quanti sono i generi e le varietà del bello. Queste varietà sono tante quante le varietà delle cose significative, cioè secondo le specie. Aggiungi poi che all'interno delle singole specie varietà di situazioni particolari richiedono modalità di legame diverso: l'affamato subisce il vincolo del cibo, l'assetato della bevanda, chi è pieno di seme aspira a Venere; e questi a specie sensibile, quell'altro ad intelligibile; e uno a una specie di natura, un altro a una specie d'arte; il matematico è affascinato dalle cose astratte, il pratico da quelle concrete, l'eremita si masturba nel sogno di una bellezza lontana, l'uomo di famiglia è attratto da una presente. Ma legami diversi sempre per diversi individui secondo ogni genere; e per giunta gli stessi vincoli non si caricano della stessa potenza indipendentemente dalla parte da cui provengono: io subisco il fascino della musica eseguita da un fanciullo o da un adolescente, in misura inferiore quella di una fanciulla o di un uomo. La forza ti lega in un uomo, perché dà un'impressione di grandezza, per nulla in una donna; la fanciulla ti lega con la semplicità e il ritegno, ma se un adulto ha queste caratteristiche ti scioglie dai vincoli e lo trovi via via meno gradevole.

VIII. La misura dei vincoli.

Sul piano della civile conversazione gli oratori, i cortigiani e quelli che comunque sanno gli usi del comportamento vincolano con più efficacia quando operano con clandestina dissimulazione dell'artificio; non incontrerà gradimento colui che ostenta linguaggio manierato o un sapere puntigliosamente intessuto di minuzie; dispiacciono anche le vesti indossate con troppo metodo e troppa geometria, e i capelli arricciolati e gli occhi, i gesti, i movimenti controllati sempre a regola d'arte: uno che si atteggia così non può non dispiacere. Anche un'eloquenza pubblica di questo tipo sarebbe concordemente criticata come troppo elaborata ed affettata. Questo stile infatti è da ricondurre più che altro a pigrizia e scarsità d'ingegno e di giudizio: giacché non piccola componente dell'arte è usare l'arte dissimulandola. Quindi non è sapienza elegante quella di chi fa il sapiente in ogni occasione e su tutto, come non è inanellato con eleganza chi porta tutte le dita grevi di anelli e gemme, né ingioiellato con buon gusto chi incede carico di una moltitudine di monili d'ogni genere. E il caso di riflettere a questo proposito che il fulgore luminoso spegne il fulgore luminoso, e la luce non luce, rifulge, sfolgora e insomma piace se non fra tenebre. Inoltre: l'ornamento è nulla se non si accorda con ciò che deve essere ornato e ricevere forma. Così l'arte non è disgiunta dalla natura, e l'artificio non può fare a meno della semplicità.

IX. Descrizione del vincolo.

Per Platone vincolo è bellezza secondo genere o accordo di forme, per Socrate eccellenza di grazia spirituale, per Timeo tirannide esercitata sull'anima, per Plotino privilegio di natura, per Teofrasto inganno segreto, per Salomone "fuoco nascosto, acque furtive", per Teocrito eburnea rovina, per Carneade regno pieno di angoscia: per me tristezza ilare, ilarità triste. E per le ragioni addotte nella prefazione a questa parte le altre descrizioni di sentimenti e le altre specie di vincolo presentano analogie con questo sentimento e questo vincolo.

X. Distribuzione dei vincoli.

All'atto perfetto sono vincolate le cose perfette, all'atto nobile quelle nobili o nobilitate; all'atto imperfetto e difettoso quelle in cui c'è qualche imperfezione e difetto. Perciò si è detto sopra che nel destinatario del vincolo ci deve essere qualcosa del vincolante. Una ragazza totalmente casta, in cui non ci sia seme alcuno di stimolo, non c'è artificio o stella che possa indurla all'amore dei sensi, se non ci sono prima toccamenti, abbracciamenti e insomma una sua collaborazione con la mano di chi la lega e un passaggio di qualcosa dalla mano del vincolante a lei. Non parlerò della ragazza non ancora matura: in tutti gli atti si richiede, per così dire, un germe dell'atto e non tutti i germi germogliano dappertutto. Chi non sprecherà il suo tempo se tenta di irretire un malato, un vecchio, un frigido, un castrato (al contrario invece per quelli che sono contrariamente disposti)? La valutazione è del tutto analoga, per ciò che riguarda i legami di società.

XI. Il grado dei vincoli.

In universale le cose sono disposte in modo che stanno in rapporto reciproco, in una sorta di coordinazione, per cui si realizza il passaggio da tutte a tutte come per un continuo fluire. Tuttavia alcune di esse sono in rapporto reciproco immediato (ad esempio gli individui della stessa specie, per la propagazione naturale) e tra di esse i vincoli sono familiari, intrinseci e agevolissimi; mentre altre si subordinano reciprocamente con certe mediazioni e per loro è necessario l'attraversamento, la perforazione in un certo senso di tutte queste mediazioni, perché dal vincolante i vincoli raggiungano il destinatario: e così che i Numi, attraverso il dono delle cose e il favore di certe mediazioni compartibili, influiscono sulle cose inferiori e le infime e infine le vincolano a sé; e reciprocamente, in una sorta di corrispondenza naturale o razionale, le cose inferiori si levano, come in un atto di ossequio, a legare a sé, secondo ciò che è loro possibile, le cose superiori e poste in sublime. E come varie sono le specie delle cose e le loro differenze, così vari sono i loro tempi, luoghi, mediazioni, vie, organi e funzioni. Ed è facilissimo cogliere questo dato di fatto per ogni tipo di vincoli e di vincolabili e trarre le debite conseguenze.

XII. La grandezza del vincolo.

In tutte le cose risiede una forza divina, l'amore, padre, fonte, Anfitrite dei vincoli. Non a caso dunque Orfeo e Mercurio lo chiamano il grande demone, perché in verità tutta la sostanza e consistenza e (per usare un termine difficile) ipostasi della realtà è una specie di vincolo. E noi conseguiremo il livello più alto e primario della dottrina del vincolo quando volgeremo gli occhi all'ordine dell'universo: qui, per mezzo di questo vincolo, le cose superiori provvedono alle inferiori, le inferiori si volgono alle superiori, le pari si associano in mutuo vincolo, e si celebra infine la perfezione dell'universo in conformità alla ragione della sua forma.

XIII. L'effetto principale del vincolo.

Un amore solo, e quindi vincolo, fa di tutte le cose una sola cosa; ma ha volti diversi nelle diverse cose, sicché una identica realtà lega in maniera diversa le diverse cose. E perciò che di Cupido si dice che egli è superiore ed inferiore, nuovissimo e antichissimo, cieco e di acutissima vista: egli, che da una parte si adopera perché tutte le cose, secondo le proprie potenzialità, restino salde in se stesse e non si distacchino da sé, per il perpetuarsi della specie; ma poi per le vicende degli individui fa sì che le realtà singole in un certo senso si distacchino da sé, visto che tutto ciò che ama desidera ardentemente di trasferirsi nell'oggetto amato; e che in se stesse anche si dissolvano, si aprano, si spalanchino, visto che tutto ciò che ama vuole appassionatamente accogliere in sé l'amato ed imbeversene. Sicché il vincolo è tal condizione per cui le cose vogliono contemporaneamente essere dove sono e non perdere ciò che hanno, ed essere in ogni dove ed avere ciò che non hanno: e ciò a seguito di una forma di compiacenza per il posseduto; di una forma di desiderio e di appetito per il distante e il possibile; di una forma di amore per la totalità del reale: perché la sete di avere e di capire del singolo individuo non si placa nel possesso di un bene e di un vero singolo e determinato, e mira, come a suoi obiettivi, al bene universale, al vero universale. Deriva da ciò che una potenza determinata in una materia determinata sperimenti contemporaneamente la concentrazione e la dispersione, l'impoverimento, la dissipazione. Questa è la condizione generale del vincolo, che tu osserverai secondo la varietà delle specie.

XIV. La qualità del vincolo.

Il vincolo in sé non è né bello né buono: è infatti il mezzo con cui tutte le cose (e ciascuna singolarmente) perseguono il bello e il buono; la connessione di ciò che riceve con ciò che è ricevuto, di ciò che dà con ciò che è dato; del vincolabile col vincolante, del desiderabile e del desiderante. Ma ciò che desidera il bello e il buono ne è privo nella misura in cui lo desidera, quindi, in quella misura, non è né bello né buono. Perciò, sotto questo riguardo, trae una conclusione errata il peripatetico che sostiene essere la materia brutta e cattiva, perché, desiderando il buono e il bello, testimonia di esserne priva. Aristotele, più cautamente, la definì "come brutta", "come cattiva", non tale in maniera pura e semplice; ma in verità non si definisce né bello né brutto, né buono né cattivo, ciò che, come la materia, tende e si muove ugualmente verso bene e male, brutto e bello. Se la materia fosse il male, sarebbe contrario alla sua essenza l'aspirare al bene; e così se fosse naturalmente brutta ecc. Ma coloro che filosofano più a fondo capiscono ciò che noi abbiamo chiarito altrove; come la materia contenga nel proprio seno l'avvio di tutte le forme, sicché da esso tutte le produce e le emette; e come non sia quella pura privazione, che accoglie in sé tutte le cose dall'esterno quasi come straniere: fuori del grembo della materia, invero, non esiste forma alcuna, e tutte si celano in esso e da esso a suo tempo tutte rampollano. A chi dunque rifletta sul vincolo dal punto di vista delle sue applicazioni civili e secondo tutte le prospettive deve essere chiaro come in tutta la materia o in una parte della materia, in ogni individuo o nell'individuo singolo, vivono allo stato latente tutti i semi delle cose e di conseguenza, con accorto artificio, si possono attivare le applicazioni di tutti i vincoli. Ed in uno dei Trenta sigilli abbiamo insegnato come abbia luogo questa generale trasformazione e applicazione.

XV. Generalità o universalità del vincolo.

A ciò che si è appena detto consegue: che l'amore con cui noi amiamo, la forza desiderante con cui tutte le forze desiderano, è cosa intermedia tra bene e male, tra bello e brutto; non quindi non bello, non brutto, ma certamente buono e bello secondo un certo livello di comunicazione e partecipazione. Il vincolo d'amore, infatti, ha la sua radice nei due principi attivo e passivo, secondo la comune ragione per cui tutte le cose, sia che agiscano sia che patiscano sia che facciano entrambe le cose, bramano ordine, copula, unione e perfezione, e senza questo vincolo nulla è, come senza natura nulla è. Non perciò l'amore è segnale di un'imperfezione, quando si guarda alla materia e al Chaos, prima che le cose prendessero forma: invero tutto ciò che in quel Chaos e nella materia bruta escogitata dai filosofi si dice essere amore, si dice contemporaneamente anche perfezione; e tutto ciò che vi si identifica come non essere e disordine e imperfezione, si capisce anche che non è amore. Resta stabilito dunque che l'amore è ovunque cosa perfetta e che il vincolo d'amore testimonia ovunque la perfezione: poiché, quando una cosa imperfetta ama esser condotta a perfezione, essa consegue il suo oggetto certo attraverso imperfezione ma non a partire da imperfezione; bensì da una qualche forma di partecipazione alla perfezione; e da lume di divinità; e da uno scopo di più elevata natura; e tanto più vivacemente quanto più vigorosa è la qualità del suo desiderio: poiché ciò che è più perfetto s'infiamma d'amore per il sommo bene più ardentemente di ciò che è imperfetto. Perfettissimo è dunque quel principio che aspira a divenire tutte le cose ed è rapito non verso una forma particolare e una perfezione particolare, ma verso la forma universale e la perfezione universale: e questo è la materia in universale, fuori della quale non si dà forma e nella cui potenza ed energia desiderante e disposizione stanno tutte le forme; ed essa, che non ne potrebbe accogliere simultaneamente neanche due, le accoglie tutte in sé in una sorta di eterna vicenda. Dunque alcunché di divino è la materia, come alcunché di divino è ritenuta la forma, la quale o è nulla o è parte della materia: nulla fuori della materia o senza la materia, così come il poter fare e il poter essere fatto sono una sola ed identica cosa e poggiano in un solo indivisibile fondamento e assieme si dà e assieme si toglie ciò che può fare tutto e ciò che può essere fatto tutto. Ed una sola è la potenza assoluta e in sé presa (qual che sia poi la potenza in particolare, e quella dei composti, e quella accidentale che ha abbacinato i sensi e la mente dei peripatetici, con alcuni dei loro seguaci frateschi), come abbiamo argomentato più analiticamente nello scritto Sull'infinito e l`universo e più rigorosamente nei dialoghi Del principio e dell'uno, concludendo che non è stolta l'opinione di David da Dinanto e di Avicebron nell'opera Fonte di vita: egli la riprende dagli arabi che non esitarono a conferire anche alla materia l'appellativo di "Dio".

XVI. Paragone dei vincoli.

Il più importante di tutti è quello di Venere, da specificare secondo il tipo d'amore: al cui equilibrio ed alla cui unità si rapporta in primo luogo e come più importante il vincolo d'odio; giacché nella misura in cui amiamo uno degli opposti o contrari secondo genere, nella stessa misura odiamo e disprezziamo l'altro. Questi due sentimenti, ma insomma quell'unico sentimento che è l'amore, nella cui sostanza è incluso anche l'odio, domina in tutti, anzi sopra tutti e li attiva, indirizza, regola e governa. Questo vincolo dissolve tutti gli altri vincoli, sicché sotto la sua costrizione i viventi di sesso femminile non tollerano le altre femmine e i maschi i rivali dello stesso sesso; trascurano cibi, bevande e talvolta la stessa vita e neppur vinti rinunciano, anzi schiacciati dai più forti più ancora li incalzano e non temono piogge né geli. Partendo da considerazioni di questo genere, Aristippo indicò il sommo bene nel piacere del corpo e in particolare in quello venereo, ma a lui si parava dinanzi agli occhi, per suggestione del personale temperamento, un uomo più fermo [di quello che è]. Resta vero comunque che un fascinatore abbastanza vivace e sagace, partendo da ciò che ama e odia il destinatario del suo legame o del suo vincolo, si spiana la strada ai vincoli di altre passioni: poiché realmente l'amore è vincolo dei vincoli.

XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli.

Come non ovunque né sempre, per quanto buoni semi si spargano, consegue nascita di nuove cose; così neanche i vincoli che devono irretire hanno sempre e dovunque virtù di efficacia: bensì a tempo debito e con adeguata disposizione dei destinatari.

XVIII. La distinzione del vincolo.

Vincolo puramente naturale e puramente volontario (nel senso in cui il volgo distingue tra natura e volontà) non esiste. La volontà infatti è con partecipazione dell'intelletto e l'intelletto agisce in ogni caso non entro i limiti della volontà, tranne là dove c'è il nulla, come abbiamo mostrato in altri luoghi: sicché si fanno molte dispute vane. In noi, dal punto di vista della ragione, ci sono tre varietà di vincoli (sebbene poi tutti poggino su una sola radice di natura): naturale, razionale e volontaria. Quindi, in parte, non siamo in grado di controllare una varietà di vincolo con altra varietà. Di conseguenza le leggi dei saggi non vietano di amare, bensì di amare fuor di ragione; le ciarlatanerie degli stolti invece impongono senza ragione i termini della ragione e condannano la legge di natura: anzi più corrotti sono e più la chiamano corrotta, con la conseguenza che gli uomini non si sollevino sopra la natura come eroi, ma si abbassino come bestie contro natura e al di sotto di ogni umana dignità.

XIX. Avanzamento e scala del vincolo.

Per i platonici l'intreccio del vincolo di Cupido si attua così: in primo luogo l'aspetto del bello o del buono e così via incontra i sensi esterni; in secondo luogo si concentra nella loro centrale, che è il senso comune; in terzo luogo investe l'immaginazione, in quarto la memoria. A quel punto l'anima, per un impulso ingenito, è colta da desiderio, sicché in primo luogo è mossa, attratta, rapita; in secondo luogo, attratta e rapita, viene illuminata dal raggio del bello o del buono o del vero; in terzo luogo, illuminata e vestita di luce, si incendia di desiderio dei sensi; in quarto luogo, accesa d'amore, brama di unirsi all'amato; in quinto luogo, unendosi a lui, si mescola e incorpora in lui; in sesto luogo, incorporata, si perde rispetto alla forma primiera e in un certo modo abbandona se stessa e si veste di qualità estranea; in settimo luogo, si trasforma completamente, assumendo la qualità dell'oggetto in cui è passata dopo esserne stata motivata. I platonici definiscono preparazione il primo volgersi all'impulso di Cupido, conversione la nascita di Cupido, illuminazione il nutrirsi di Cupido, accensione di fiamma lo sviluppo di Cupido, contatto la forza appassionata di Cupido, incorporazione l'impero dominatore di Cupido, metamorfosi il trionfo di Cupido, il punto d'arrivo del suo percorso.

XX. Le basi della scala dei vincoli.

Ed ecco ove poggia ciascuno scalino di questa scala: la nascita di Cupido si attua in primo luogo nel corpo (nutrizione, delicatezze, lusso), poi nell'anima, dove si alimenta dei fascini dello spirito, delle fantasie, lascive o degne di miglior denominazione, in cui la bellezza si presenta inghirlandata di grazia. Il cibo di Cupido, che ne impedisce l'estinzione una volta nato, è la conoscenza del bello; ma l'alimento che lo fa crescere è la meditazione, è l'indugio della fantasia sulla bellezza che si è conosciuta. La forza appassionata di Cupido nasce dal fatto che l'animo, da una parte sola dell'amato, scivola e si perde in tutte le altre, sicché dal tutto viene la sua fiamma. L'impero di Cupido affonda le sue radici nella condizione per cui l'animo dell'amante, abbandonato il corpo che gli è proprio, vive e agisce nel corpo di un altro. La metamorfosi di Cupido è completa quando uno muore a se stesso e vive della vita dell'altro, in modo tale che finisce per albergare in essa, non come in casa estranea, ma nella propria. Questo significano i miti che raccontano come Giove si trasformò in toro, e Apollo in pastore, e Saturno in cavallo ed altri dei in altre forme: l'animo a seguito di un movimento, anzi di uno sconvolgimento, dei suoi affetti passa da una forma o specie di vincolo ad altra forma.

XXI. La condizione dei vincoli.

Ci sono alcune esteriorità che hanno il potere di legare: regali, atti di cortesia, onori, favori. Ma legano realmente quando non tradiscono l'aspetto di una offerta fatta quasi per comprare, in risposta, un ricambio d'amore: l'evidenza del mercanteggiamento è evidenza di un'ignobile ricerca di tornaconto ed ha come esito il disprezzo.

XXII. La proprietà dei vincoli.

Vincoli veri e propri e particolarmente efficaci sono quelli che si attuano per accostamento del contrario, secondo una modalità, che ora si può descrivere con un esempio, piuttosto che con una definizione o con un termine (che non si conosce): l'animo umile e disposto all'omaggio incatena l'animo superbo; poiché il superbo ama colui da cui si vede considerato grande e tanto più quanto più grande è l'estimatore (c'è maggior valore, infatti, nella stima che riceviamo dai grandi più che dai piccoli, la cui ammirazione, anzi, siamo soliti disprezzare). Chi vincola con accortezza sa intuire l'aspetto di cui va superbo il superbo. Prendi i guerrieri: loro aspirano al primato nella forza e nell'impavidità fisica e quindi non si indignano se non gli attribuisci il primato nella ricchezza o nell'acutezza di mente. Così i filosofi: si gloriano della conoscenza della realtà ed è per loro del tutto tollerabile se non vengono esaltati per il loro coraggio. Lo stesso ordine di considerazione vale per il lancio degli altri vincoli.

XXIII. La grazia dei vincoli.

I vincoli fanno nascere il desiderio di un atteggiamento di gratitudine reciproca. Per esemplificare da un genere di vincoli: nasce lamentela fra gli amanti quando presumono che ci sia una situazione di debito reciproco. Così l'amante denuncia il debito dell'amata, chiedendo che essa gli restituisca l'anima sottratta, giacché egli, morto nel corpo proprio, vive nel corpo altrui; e se l'amante accarezza di meno la sua amata, lei si lamenta, come negletta; e l'amante si lagna con l'amata, se ****

A questo punto si interrompe il manoscritto che ci è pervenuto del De vinculis in genere.



INDICE

Le forze che legano, in prospettiva generale.

I. Specie delle forze che legano. II. Effetti delle forze che legano. III. Si lega con l'arte. IV. L'uomo si lega in molti modi. V. Il senso è mezzano per il vincolante. VI. Perché non basta un solo vincolo. VII. Perché a chi lega occorre genio. VIII. Chi è vincolato più facilmente. IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie. X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo. XI. Chi vincola. XII Nessun particolare vincola tutto. XIII. Vari strumenti di chi vincola. XIV. Opportunità di chi vincola. XV. Differenze delle cose vincolanti. XVI. Diverse posizioni di chi vincola. XVII. Sedi di ciò che vincola. XVIII. Predisposizioni del vincolante. XIX. Diversità delle predisposizioni. XX. Condizione del vincolante. XXI. Com'è vincolato chi vincola. XXII. Distinzione del vincolante. XXIII. Cecità del vincolante. XXIV. Industriosità del vincolante. XXV. Armi del vincolante. XXVI. Vicenda del vincolante. XXVII. Gli occhi del vincolante. XXVIII. Astuzie del vincolante. XXIX. Scala del vincolante. XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

I vincolabili in generale.

I. Specie di vincolabilità. II. Condizione di vincolabilità. III. Forma di vincolabilità. IV. Paragone dei vincolabili. V. Distinzione dei vincolabili. VI. Seme o stimolo di vincolabilità. VII. Tempo di vincolabilità. VIII. Differenza dei vincolabili. IX. Avversione alla vincolabilità. X. Il numero dei vincolabili. XI. Il movimento dei vincolabili. XII. Indefinizione dei vinco labili. XIII. Il fondamento della vincolabilità. XIV. La relazione dei vincolabili. XV. Diversità della materia dei vincolabili. XVI. Grado dei vincolabili. XVII. I temperamenti dei vincolabili. XVIII. I segni dei vincolabili. XIX. Durata dei vincolabili. XX. La reazione dei vincolabili. XXI. L'eterogeneità dei vincolabili. XXII. Il mutamento dei vincolabili. XXIII. Causa ed effetto dei vincolabili. XXIV. Definizione dei vincolabili. XXV. Senso dei vincolabili. XXVI. La fuga vincolabile. XXVII. La sostanza vincolabile. XXVIII. La perfezione vincolabile. XXIX. L'obbligo dei vincolabili. XXX. La verità vincolabile.

Il vincolo di Cupido, per parlare del vincolo in generale.

I. Definizione del vincolo. Il. Origine del vincolo. III. Indefinizione del vincolo. IV. La composizione del vincolo. V. Numero dei vincoli. VI. Le porte dei vincoli. VII. I generi dei vincoli. VIII. La misura dei vincoli. IX. Descrizione del vincolo. X. Distribuzione dei vincoli. XI. Il grado dei vincoli. XII. La grandezza del vincolo. XIII. L'effetto principale del vincolo. XIV. La qualità del vincolo. XV. Generalità o universalità del vincolo. XVI. Paragone dei vincoli. XVII. Il tempo e il luogo dei vincoli. XVIII. La distinzione del vincolo. XIX. Avanzamento e scala del vincolo. XX. Le basi della scala dei vincoli. XXI. La condizione dei vincoli. XXII. La proprietà dei vincoli. XXIII. La grazia dei vincoli.

 

 

 



 

 



DE VINCVLIS IN GENERE
Iordani Bruni Nolani

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De vinculo spiritus

  • naturali

  • animali

  • divino.

     

His absque medicus non est, divinator non est, operator non est, amator non est, philosophus non est etc. Per haec sunt omnes omnia.

Nihil absolute pulchrum quod vinciat, sed ad aliquid pulchrum; alioqui asini amarent pulchras mulieres, simiae abolerent filios. Similiter nihil absolute bonum quod alliciat, sed cum omnia seu universum et ens est ex contrariis, ita et bonum est ex contrariis; sunt enim alia quae consistunt igne, alia quae aqua etc.

Se si potesse `a te chiuder l'entrata,
tant' il regno d'amor saria pi`u vago.
Honestum et iustum civile lege videtur esse, et non natura; sed opinio multum valet ad habitum, ut quasi naturale sit quod appetatur et vinciat appetitum, et e contra.

Evenit ut idem diversimode dispositum vinciatur et non vinciatur: ut in Venere intumescentibus vasis et inanitis, in turbato et tranquillo animo; in cibis etiam idem eidem est amarum et dulce, cum diversimode afficiantur. Et praegnantes vidi appetere cineres.

Vincire novit qui universi rationem habet et naturam particularis et particularis dispositiones, habitus et inclinationem.

Quant' il mondo senz' odio et senza morte.
Id quod absolute pulchrum et bonum et absolute vincit est universum, et hoc ideo nil perdit omnia continens. Et omnia esse desiderant, et non est quod fastidiat esse in universali et simpliciter, sed hoc vel illud esse.

Cum nullum particulare sit simpliciter pulchrum, nil simpliciter vincire potest. Est tamen appetitus simpliciter pulchri in omnibus, omnia enim appetunt esse absolute et ex omni parte pulchra, non simpliciter, quod hoc est impossibile particularibus; alia enim est pulchritudo unius speciei, alia alterius, alia unius generis, alia alius. Non tamen specie, quia tota pulchritudo est in tota specie. Unde licet omnis puella desideret esse ex omni parte pulchra, nulla tamen est. Unde bene dixit Charidemus mutilatum imperfectumque esse pulchrum quod corporea natura cernitur; et testatur Zeusis Helena de pluribus Crotoniatis virginibus < -- >

Item cum pulchritudo in quadam simmetria consistat, haec autem sit multiplex et innumerabilis numero ad multa supposita, non autem simplex, vinculum pulchritudinis non erit simpliciter, sed ad aliquid. Immo sicut diversae species, ita et diversa individua a diversis vinciuntur; alia enim simmetria est ad vinciendum Socratem, alia ad Platonem, alia ad multitudinem, alia ad paucos; alii masculos, alii faeminam, alii viraginem, alii mollem adamant.

Ideo stultus amor qui uni alligatur, quia conditiones boni et amabilis sunt dispersae; ideo plures possumus bene amare: sicut bonum cocum, bonum militem, bonum philosophum; ita mulierem bene incedentem, aliam bene loquentem, aliam bene ............., aliam ..... .......... una ...... omnia .... amabili.

Ita nulla est absoluta iustitia nec sapientia quae animum vinciat, sicut nulla est mensura cibi vel potus quae omnibus sit adcommodata.

Quidquid dicimus de pulchro, idem de purpi per contrarium dici potest.

Quidlibet vincitur pulchro ad se et non pulchro ad aliud aliter et bono; et fallacia iudiciorum hinc dependet maxime. Videat ergo index.

Sunt quae vinciunt non sui sed alterius ratione, et aurum; nusquam enim per se.

Est vinculum cathena, ordo, daemon magnus, quo omnia vinciuntur.

Apprehensio utilis, quia bonum est similitudine vel spe vel specie vincit ratione corporea et incorporea.

Idem dicitur bonum alliciens, pulchrum, animi Vinculum. Hinc deus dicitur circulorum pulchritudinis seu vinculi centrum, a quo quattuor vinciuntur, ut ab ipso nequeant recedere ni velint adnihilari. Haec cum moveantur, moventur ideo circa ipsum in circulum: et ipsum non minus nequeunt destituere, quam suum quaeque circumferentia centrum. Sunt ergo 4r circuli: mens, anima, natura, materia. Mens per se stabilis, anima per se mobilis, natura mobilis in alio non ab alio, materia mobilis in et ab alio. Deus est vinculum et pulchrum sibi et aliis. Ab hoc centro 4 illa procedentia in idem redire nituntur, et ideo circuli rationem subeunt.

Vinculum pulchritudinis dicitur actus seu radius boni, primo diffusus in mentem, secundo in animam, tertio in naturam, quarto in materiam. Hoc mentem rationum ordine decorat, animam rationum serie complet, naturam seminibus fulcit, materiam formis exornat. Ideo vinculum hoc est splendor divini nullus. Qui radius obscure est rerum corruptibilium subiecto, minus obscure in natura, clare in anima, clarissime in mente.

Vincula sunt morum concinnitas, corporis forma, vocum consonantia, et caetera quae profluunt et ab aedificiis, a statuis, carminibus, orationibus. Haec Platoni pulchrum, Socrati excellens animi venustas, Timaeo animi tyrannis, Platoni naturae privilegium, Theophrasto tacita deceptio, Salomoni ignis absconditus, aquae furtivae. Theocrito eburneum detrimentum, Carneadi regnum sollicitum, et aliis aliter.

Vinculum hoc non est corpus, licet in corpore versetur; idem enim hodie formosum, cras casu aliquo foedum. Unde aliud formosum, aliud corpus, aliud vinculum.

Id autem est vinculum tum ad partes corporis concinnandas, ratione quadam incorporea, tum etiam ad aliquid ea ratione trahendum ad corpus.

Vinculum hoc non est moles nec in mole consistens, licet circa molem etiam versetur; quandoquidem non grandia modo, sed et brevia, formosa videantur, et saepe grandia deformia, parva formosa, et e contra; et saepe stante eadem quantitate casu quodam pulchritudo tollitur, eademque mutata pulchritudo perseverat.

Vinculum hoc est quaedam rei species, quae a re ad animam proficiscitur, non tamen recedit a re subiecta, sicut ignis qui suam speciem emittens et comunicans non attenuatur, sicut imago quae in subiecto primo, in speculo, in intermedio, in oculis.

Vinculum, quod a corpore proficiscitur, nullam habet corporis partem definitam; licet enim rapiunt dicendi suavitas, oculi, incessus, maxilla et caetera, haec tamen eodem numero si diversis trib<uan>tur subiectis, non identidem similiterque vinciunt. Alia quoque ratione nullam habet definitam corporis partem, quia ex omni parte gratia procedit: unde Plato incorpoream et spiritalem animae pulchritudinem, licet post raptum universum corpus gratiosum reddit amantis.

Falsum esse videtur quod vinculum a certa membrorum omnium proportione proficiscatur cum colorum suavitate; quod si esset verum, aiunt Platonici, solae res compositae vincirent, nunc autem puri colores, vox una, fulgor auri, argenti candor ...... Ni citius labitur et senescit quam pulchritudo, nil tardius quam figura; non ergo idem pulchritudo et vinculum quod figura, immo et manente eadem pulchritudine et figura praeterit amor, ut accidit quibusdam post fruitionem rei amatae. Vinculum ergo est in quadam convenientia non tantum membrorum ad invicem, sed et in quadam rapientis et rapti condispositione, ut ita dicam. Quandoque enim etsi nil habeamus in una puella quod ratione arguamus, in alia vero plura, displicet tamen illa et ista placet. Color item per se non vincit; clarior enim in seniore despicitur, remissior in iuniore vincit.

Non color purus, ut omnino albus, omnino niger, sed mixtus; non vox simplex, ut acuta vel gravis, sed media; non una currente nota vel tono, sed pluribus.

Nodum istum difficile est invenire; ideo non facile est solvere.

Vinculum ligat spiritum maxime per visum, auditum, per imaginationem.

Vinculum quoddam gratum vincto, quoddam ingratum, sicut quo bubo trahit mustellam, lupus detinet etc.; incubus spiritum rationalem, daemon energumenum occupat etc., gallus leonem, mugil navim.

Vinculum non rapit animam nisi liget vinciatque; illam non vincit, nisi perveniat ad ipsam; non pervenit, nisi per aliqua rapiatur. Pervenit per cognitionem in genere, ligat per affectum in genere, trahit per delectationem in genere. Cognitio in genere ' dicimus, quia aliquando nescimus quo sensu rapiamur. Item expertus sum amare quod audivi, et absens et de non nota specie nescio quomodo deperibam. 'In genere' inquam, quia per omnes, per plures et per singulos sensus vincimur, et aliquando sensu indeterminato et non satis noto.

Plato ponit tria vehicula vinculi: visum, auditum et mentem. Vincit enim gratia per vocem, forma per visum, mores per mentem.

Plura vinciuntur affectu per haec tria, quae vinci consequenter cupiunt actu, per tactum in genere; unde visibile non vincit oculum, sed per oculum vincit, per aurem vincit audibile, per mentem ratio.

Quatuor motus sunt vinciendo, prime iniectio seu invectio, secundo ligatio seu vinculum, tertio attractio, quarto copulatio quae fruitia dicitur. Et haec ni fiat per omnes sensus, per quos vinculum vectum est, non erit perfecta. Ideo amans totus vellet migrare in amatum, lingua, ore, oculis etc.

[2v] Triplex amor triplexque raptus Platonicis. Rapit enim ad vitam aut contemplativam aut activam seu moralem et voluptariam. Prima est a formae corporalis aspectu ad considerationem spiritalis et divinae erecta, secunda in sola videndi et conversandi oblectatione perseverat, tertia a visu ad tactus concupiscentiam descendit. Per primam ingeniosi, per ultimam hebetes, per mediam medii. Primum vinculum dicitur amor divinus, secundum humanus, tertium ferinus. Tripliciter illectant: intellectualiter, animaliter, corporee: primum est boni splendor <-->

Vinculum non in omni vinciente aequale, neque in omni vincto idem.

Vinculum hoc quia ad summum bonum visum, auditum atque mentem convertit, hinc veluti circulus quidam divinae lucis est a bono manans, in bono residens, per bonum se diffundens et ad bonum sempiterne refluens, estque velut unum rerum omnium principium vel principiorum potius unitivum.

Hinc primo mens decoratur idearum ordine, secundo animus rationum serie numerosisque discursibus, tertio naturas seminibus, quarto materiam formis. Omnia vivificans, leniens, mulciens, excitans. Omnia ordinat, procreat, regit, complet. Omnia aperit, purgat, illuminat, gratificat. Omnia movet, incendit, allicit.

Nil vincitur nisi aptissime praeparatum, quia fulgor ille non eodem modo rebus omnibus comunicatur.

Corporum praeparatio ad vinciendum tribus constat: ordine, modo, specie; 1. ordo partium intervalla, 2. modus quantitatem, 3. species figuram, lineamenta et colores significat. Sicut in vocis vinculo 1. ordo consistit in ascensu a gravi ad acutum et descensu, 2. modus in debitis tertiis, quartis, quintis, sextis, tonis et semitonis progressione, 3. species in canoro, claro, suavi. In omnibus proportionalia iis tribus ad vinciendum disponunt, sive compositis, sive simplicibus; iis enim color placet etc. Sic animus disciplinis adcommodatur, ut per eas in eo divini vultus luceat imago.

Deus, augelus, animus nos non ligant ut corporea, quia non afficiunt, quia non pulsant per sese sensus, vel alio genere vinculi, quod manu methaphorica affectus intellectuque .......tur. Duplex ergo ad vinciendum praeparatio, et reddit aequivoce significans vinculum.

Sic per omnes sensus cupimus, per omnes sensus vincimur.

Non simplicibus et absolutis, sed compositis et appositis vincimur. Vinculum enim est ex plurium concinnitate cooriens gratia, cui contrarium est ingratum seu turpe. Deus non habet in se pulchritudinem, quia non habet ordinatam compositionem; non hanc, quia non habet partes. Est autem pulchritudinis et vinculi fons, author et actor. Dii similiter non sunt pulchri. Universum non est pulchrum, ut videri potest; ita enim est simplici quadam ratione constans suis similiter se habentibus sphaeris, stellis, astris, magnis animalibus; nisi quadam similitudine et analogica ratione; vel saltem in iis non est pulchritudo quae nos vinciat.

Vinculum sequitur rei sensum, sicut umbra corpus. Omnia ergo quae vinciunt, quoquo pacto sensum aliquam ingerunt, et quae vinciuntur, quoquo pacto sentiunt. Ferram magnetem sentit.

Sunt cantus quidam et harmoniae quae vinciunt homines, non autem feras; aliae aves, non autem homines. Quibusdam figuris et linearam coloribus rapiuntur homines, quibus non alia animantia; quibusdam fumigiis rapiuntur spiritus, quibus non homines. Aliud ergo nobis, aliud aliis est pulchrum; ideo diversa vinculoram genera.

Plura vinciunt hominas quam bruta, quia plures habet potentias, partes, circumstantias, fines, et consequenter plures appetitus.

Pulchrum non vincit sensum, sed per ipsum vincula connectenda iniicit; sensus enim sunt veluti ostia seu portae seu fenestrae.

Caeli astra, viridia prata, cantus etc. movent, alliciunt, inclinant, non rapiunt; at in iis proprie amor non dicitur, cum non sit cum appetitu Veneris, quae eius amor est. Atqui sunt horti Veneris, quibus patet ad Venerem accessus. Qui vincitur ad cibum famelicus, qui ad potum sitiens, qui ad Venerem amans, et hic secundum speciem sensibilem, et hic amor fertur cum feris, vel ad intelligibilem, et divinus dicitur. Primus amor est physicus seu naturalis, secundus est abstractus seu mathematicus, et est amor heremitae masturbantis.

Vinculum non aequaliter ab omnibus, nec aequaliter in omnia, nec semper, sed dispositum disposita. Hinc vinculum non est quod vincit, sed quod vincire valet non prohibitum, non impeditum.

Vincitur maxime aliquid per hoc quod aliquid sui est in vinciente, vel per hoc quod per aliquid sui vinciens imperat illi. Hinc ungues et capilli vivorum sufficiunt ut in universum corpus habeat imperium, item et in spiritus; necromanti avocant manes per ossa mortuorum, similiter et per cognata iis. Hinc non temere antiquorum quidam maxime curabant sepulturas, alii rogos, et inter supplicia insepultum relinguere.

Tot genera vinculorum quot pulchri, quot boni; et haec sunt pro specierum numero. Ideo falluntur qui amant hominem solum pulchrum.

Non me vincit musica in puella, qui musicae cum pudicitia non convenit: vincit autem a puella. Nec versutia nec fortitudo corporis.

Vincit Venus decora voce, anhelitu odoreque suavi, carnis lenitate, osculi etc., quia laquei per omnes sensus iniecti arctius ligant. Sed sint sine superbia.

Iactu seminis vincula relaxantur, retentione vero intenduntur; taliter debet affectus qui vincire vult, qualiter qui vinciri debet. Propterea in conviviis et post convivia inspirare introducitur in ossibus ignem Cupido. Vide. Continentia est principium vinculi, abstinentia praecurrit famem, haec melius cibum attrahit. Indignatio è santo sdegno.

Ab habitu interno, qui convictu delitescit, et externo, qui in corporis culta consistit, provenit vinculum. Movent haec, si transfuga quadam artis dissimulatione fiant; neque si qui satis belle loquitur et satis nimisque superstitiosula sapit, placet, neque
vestes cirotecas
que qui nimis methodice ornat capillos, oculos, motus, gestas etc.
con i guanti piegati
placere potest magis quam displicere. Sicut de Mario ambitu.

Puella, cuius gratia praeparationem habet in animi concinnitate tantum, animum movet ad animalem fruitionem duntaxat; cuius vero gratia praeparationem habet in corporis forma, animum movet ad corporalem fruitionem; cuius gratia praeparationem habet in utroque, ad utramque fruitionem movet. Atqui sunt qui ita vinciuntur ab animo, ut et corpus ipsum, quod illius animi vas est, concipiscant; sunt qui corpus sine animo despiciant: talis perhibetur Socrates, cum dixit 'loquere, puer.'

Potens est corporalis pulchritudo, ut et mentem vinciat et adtollat; amor enim plures reddit poetas et heroas, sed illud non fit per vinculum nisi per accidens; causat enim illud concitationem quamdam.

Ars est artificis pulchritudo, et hac artifex vincit. Stupide enim videbit quis artificialium et naturalium pulchritudinem, qui una ingenium, quo sunt effecta, non contemplatur: iis caeli non enarrant gloriam Dei`; ideo non magis Deum quam Dei effectus exosculantur.

Vinculum intellectuale per mentem anima rapit, naturale per sensum.

Helluones iactant continentiam quod ...................................
.........................................................................................


Gratia .... Veneris .................... perfectos, non mutilates, non aegrotos, non senes non bon........................., non iuvenes senibus ...............

Vinculum si aptum ad generationem vel illi simile consequatur, non sine actione vel passione Veneris affectu completur.

Ii quibus utitur natura et eam omnino dominam habent, ut bruta, ad masculam non vinciuntur Venerem: sed qui natura utuntur et.... ipsa suae voluptatis finis, forsè .......... aliquando.

Alio vinculo exosculamur filios, alio patrem, alio sororem, alio uxorem, alio amicam, alio cinaedum, alio amicum.

A contrariis dispositionibus evenit ut hic vinciatur, amore, alius omnino solvatur et fastidiat illud idem. Unde patet non idem esse pulchrum et in eadem specie; simpatiam enim habet hic qua caret ille; ideo pulchrum est huic quod illi deforme; ideo qui vincire cupit videat quos possit et quomodo possit. Non ignoret autem causam huius esse satis occultam, item effectus esse inconstantes, quia hodie consonat quod cras dissonabit, imo et eadem hora.

Omnes a cubili et cibo vinciuntur et trahuntur, sed non ab eodem cubili atque cibo, neque eodem cibo vesci cupimus mane atque vesperi, aestate et hieme; fluit enim complexio, fluunt omnia; ideo cum quis vincire potest, quanto primo potest vinciat et stringat; amor enim sicut et occasio praeceps; ita vinciat primo, ut semper tentat.

Non eodem vincimur vinculo, quoniam nostra natura non est simplex nec semper easem. Est igitur sicut Thetis ad Peleum et Proteus etc. Cum ergo natura multifariam varia sit, alia atque alia idio...... individualique complexione afficietur; ideo Proteus

fluvius ab Hercule

serpens seu coluber aliter vincitur quam cum leo. Deus simplex a variatione a......s est, ideo vincire semper gaudet. Caetera variatione gaudent, ideo varie aliter atque aliter vinciunt; aliter Acheloum virum, aliter anguem, secus taurum vinxit Hercules.

Quia est omnia gaudet omnibus ille omnia ............................. ...... amor omnia vel nihil.

Qui ....... vincitur a vinculis minus vincitur, qui a pluribus magis. Haec igitur est maxima ad solutionem viri a pluribus occupati. Amor perfectus non est plurium. Amor intensus superlationi comparatur; supereminens autem semper est unum.

......dus est qui a pluribus vincitur. Quia diversi sunt pulchritudinis gradus atque disiuncti. Hinc una ratione me urit hic, alia alius ratione. Quod si utraque ratio aggregaretur in uno, placeret unus ex duobus; si omnes gradus atque rationes aggregarentur in uno, unus ex omnibus placeret.

Placet invatque vincire, quia amari et honorari iuvat atque placet. Hinc assentatores adulatoreque vinciunt. Sed si sint cauti, ne ita agant ut assentationem detegant: magnificent modicas virtutes, attenuent vitia, excusent accusabilia, convertant in virtutes facinora. Avarum faciat providum et parsimo...

Quae vincit generosum et laudatum virum, vincto gaudet, et hoc gaudium est via qua ex eius vinculis ipsa vinciatur. Ultra modum enim vilis est quae laudatum et egregium virum amantem non redamet; alia ratione si ignobilia amet aliquis <-->

Multa sunt quae cum pulchra exstant, tanquam bona nos vinciunt, ut equus, navis, domus, statua, canis, avis, et ex iis turpia sunt mala. At homo pulcher non vincit ut bonus habeatur, bonus non ut pulcher exstimetur, sed hoc est per accidens, id est per malam educationem. Et quia pulchrae magis sollicitantur et per paupertatem etiam sunt minus pudicae. Contraria ratione aliae quandoque bonae ......................... oculi naturalis complexio melior temperantior est et virtutibus in mediocritate consistentibus aptior.

Vincimur maxime per visum; est enim sensuum activissimus, spiritualissimus, optimus. Atqui [4r] saepe multi rem non visam depereunt.

Is vere uni vincitur, qui in rebus negociisque aliis torpescit et in ipso sollicitatur; iocundior enim operatio alteram excludit, animus auribus intentus remittit oculos. Hinc vehementius gaudentes, tristes, aestuantes, non valde aliud agimus, imo statim cessamus ab opere; hoc est teneri, vinciri, abstrahi, trahi.

Voluptas hominum minus est determinata ad unum, unde rationalis dicitur, quam voluptas brutorum, quae naturalis appellatur; hinc equa pariter omnes equos vincire potest, mulier una viros omnes non ita: ut aiunt.

Pudor et fides propugnator vinculorum optimus; est autem pudor ignominiae metus. Quae bene vinculis obstat et vere afficitur pudore, rubet; quae vero timore vecordiaque se proripit a vinculis, pallet: hanc qui vincire cupit, additis animis superabit, non illam. Primam proprie dicimus verecundam, secundam vero proprie pudere dixerim; verecundia enim recti honestique rationem habet, pudor autem infamiae timorem prae se fert; pallent enim et qui timent verbera et mortem.


N Si fecit hoc, factus est hinc verecundus.
Si fecit illud, postea erubuit.
Si fecit aliud, pudorem concepit.
Ergo bonus est, quia est verecundus
iuxta illud 'Verecundiam serva.'
Homini probo verecundia non competit propter sua delicta qui .....|..... veritus improbus fiat. Seniorem hominem nemo laudabit quia est verecundus; nil enim agere debeat pro quo verecundia emergere solet. Frustra ergo N semper est verecundus. Verecundiam enim servent pueri atque puellae.

Amor ut in amante est, passive dicitur et est vinculum, alio modo dicitur active, id est quod amare facit; et est quaedam divina vis in rebus, et hic est ille qui vincit. Et Orpheo atque Mercurio est Daemon magnus, antiquus ante mundum, quo chaos ornamentum appetebat eratque in sino illius. Quia autem in generatione operatur et nova facit et principiis dominatur, senectutem fugere et odisse dicitur, iuvenibus se miscere, duros habitus aufugit, mites mollesque inhabitat, iuvenis et tenellus .......... habetur etc. Vide Polyantheam.

Hunc vincientem vel vinculum hoc nec pulchrum neque bonum appellat Socrates, quia pulchrum appetit atque bonum; eo igitur caret: ideoque noluit esse deorum aliquem. Item inquit ille amorem medium inter bonum et malum, turpe et pulchrum, mortale et immortale. Sed hic rhetorice et aequivoce sentit de appetitu et medio. Sumimus amorem vinculum secundum rationem comunem activo (et) passivo, qua omnia volunt perfici, uniri, copulari, ordinari, et natura agit perfectionem, unionem, copulam et ordinem.

Et sic nihil est sine amore divinum ne<que> perfectum. Imo amor ubique dicit perfectionem, et si in materia et chaos supponat (ut aiunt) inperfectionem, nunquam tamen significat imperfectionem, sed semper perfectionem et participationem luminis divinitatis. Si quodlibet imperfectum amat perfici, non per imperfectionem amat perfici, sed per perfectionis participationem, tanto magis vivaciter, quanto vehementius appetit; altius enim summi boni amore flagrat quod perfectius est quam quod minus perfectum.

Hoc vinculo superiora dicuntur providere inferioribus, inferiora converti ad superiora, et aequalia invicwm adsociari. Ideo est numen et divinitas in omnibus supiective, ut universi perfectio.

Hic amor unus est et vinculum unum, qui facit omnia unum. Habetque in diversis diversas facies; [4v] aliter enim atque aliter alia vinciuntur atque alia. Hinc illae Cupidinis distinctiones et amoris. Vide amor. Poly. et Natal.

Hoc vinculo rapitur amans, ut in amatum transferri velit, vel totum concipere amatum et imbibere.

Est vinculum quo volumus habere quae absunt, et est vinculum quo nolumus amittere quae habemus primum est desiderium et appetitus, secundum est amoris species complacentia dicitur nobis.

Est pulchri amor quo pulchri fieri volumus, est et pulchri amor quo pulchro potiri concupiscimus: primo modo amamus id quo caremus, secundo et id quod habemus.

Duplex amoris vinculum dixit Eriximachus, ulterum quo contraria in ipsius .......... male concordant, velut in aegrotis corporibus humores, et hic malus amor dicitur; alterum quo bene, ut in ......... magistratibus, orationibus, harmonia.

Contemplativi a formae corporalis aspectu divinis vinciuntur, voluptuosi a visu ad tangendi concupiscentiam descendunt, morales in conversandi oblectationem trahuntur primi ......, secundi hebetes, tertii medii: primi digni ethere, secundi vita, tertii sensu: primi .. pavent et fugiunt, secundi haerent, tertii appropiant.

Sanctimonia, zelus et religio ligant unde quidam sanctus doctor 'A..................... ideo cavendae; quo enim sanctiores fuerint, eo magis alliciunt; et sub praetextu blandi piique sermonis ...miscet se viscus impiissimae libidinis, credo mihi.' Haec ille.

Vincit non solum bonum, sed opinio boni; vinculum tamen semper est cum quadam adcommodatione proportioneque.

Amoris, amicitiae, benevolentiae, placentiae, voluptatis, charitatis, compassionis, cupiditatis, cupidinis, avaritiae, libidinis, desiderii vinculum, nisi mutuum fuerit, facile evanescit. Unde illud proverbium 'sine amore perit amor.'

Catullus Lesbiae nuptae magis vinctus, quod maiore fruendi desiderio afficiebatur. 'Nitimur in vetitum' aliquid est ............... pro univs complexs

Vinculum fit ex prolifico semine quod ad actum suum rapitur, nititur atque rapit; ideo hoc emisso secundum partem; perit secundum partem vinculi vis.

Multiplex semen, multiplex Venus, multiplex amor, multiplex vinculum. Unde et scientiarum et morum concinnitatem in aliis ingenerare concupiscimus. Semen quo cum quis plenus est, desiderat emittere in alterius viri animam.

Alligator faemina faeminae, puer puero, mas mari, mas faeminae, homo supernis, aequalibus, infernis, naturalibus, artificialibus. Res rebus, sicut per incantationem cicada aurea etc.

Amabile et bonum pulchro fusius; ideo plura sunt vinculorum genera quam a pulchro; imo sunt et a malo et violente plura, quae principium sunt corruptionis. Pater vincitur filio etiam monstro.

Plures vincit phantasia et opinio, quam ratio, imo et intensius. Multi amant, et cur amant nesciunt, quia sine ratione amant: non tamen sine causa impellente, febricitantem vincit amor aquae.

Unde devinciuntur et invincibilia animalium. Arist. De animalibus, Agripp. Quae est propter cognationem quandam vel cognati vestigium.

Omnia sunt bona, non tamen ab omnibus vincimur. Non ergo omne bonum vincit, quod aliis aliud est bonum et .....| ........... et spec.............. differentia sunt bona: super hoc .... dulce non est dulce ......

Vincimur apprehensione voluptifici.

Si philautiam extinguamus, invincibiles reddimus reddimurque; philantia excitata vincimus concitamusque.

Voluptas vinculorem vinculum; quaerenti enim 'cur voluptate caperis?' respondemus 'quia voluptate capior', 'quia placet.'

Non idem omnium bonum, non idem summum, non idem maximum, si contraria et diversa sunt genera, erit autem idem identitate entis, maxime aequivocum.

Vincimus confortando, si timidum prohibemus militare, impium deos colere, inhumanum nolumus suis servire commodis. Pro naturae inclinatione quemque rapimus. Qui cylindrum vult ducere, non ad capita et angulos, sed in rotundum inclinat.

Plus vincit cantus adulator quam verus amicus.


[5r]

Chi mette il piè su l'amorosa pania etc.

Crates Thebanus dixit 'remedium amoris fames; si haec non sufficit, tempus; si hoc non sufficit, laqueus.'

Dove l'amor Venereo spinge più gaglardamente .............. .... pero.............. | ............. l'armi et amori: et questo vale più che la cupidità del ore ne gl'animi generosi ... servir questo fece Menelao ...... o Agamon. S il M...o che dona.


Ne distanza di loco ne di tempe
altra affettione
Ne ............ alcuna che la morte
Ne passion di corpo ne diggiuno
Ne esser voto o pieno ne per forte
altrove affaticarmi
Vincula Palladis Cup.
Martis phantas.
Veneris auri Cupid.
Cupidinis .......
Saturni Malefici necromantis.








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[87r]


IORDANI BRVNI NOLANI

DE VINCVLIS IN GENERA.



Ut eum qui vincire debet necessarium est rerum quodammodo universalem rationem habere, ut hominem (qui epilogus quidam omnium est) valeat, alligare, quandoquidem, ut alibi diximus, in hac potissimum specie rerum omnium species maxime per numeros licet intueri, ut eorum alii referuntur ad pisces, alii ad aves, ad serpentes, alii ad reptilia, tum secundum genus, tum secundum eorum species. Singulis item horum accidit diversitas usus, consuetudinis, finis, inclinationis, complexionis, aetatis; atque ita ut de Proteo fingunt atque Acheloo, eandem licet subiectam materiam in varias formas atque figuras transmigrantem, ut continue ad vinciendum aliis atque aliis et nodorum utendum sit speciebus. Huc spectat quod consideratio de moribus hominum, nunc invenum, nunc senum, nunc mediorum, nobilium, divitum, potentium, fortunatorum, quibus adde mores invidorum, ambitiosorum, militum, mercatorum et id genus aliorum, quando et tales in reipub. administrationem plerisque in partibus assumuntur, vel talibus etiam opus sit mediis sit mediis instrumentis, quos propterea vincire sibi etiam oporteat. Nihil tandem esse videtur, quod a civili speculatione sub forma huiusce considerationis (quatenus vel vinciuntur vel vinciuntur vel vincula quaedam sunt vel horum circumstantiae) possit esse alienum. Quapropter adiecimus hanc considerationem, quae De vinculo in genere intitulatur.


 





DE VINCIENTE IN GENERE.

Artic. I. Vincientum species.
Vincientia per universum sunt Deus, Daemon, Animus, Animal, Natura, Sors et Fortuna, tandem Fatum. Hoc universaliter vinciens, quod uno non potest nomine designari, non ligat sub specie et sensu corporis; corpus enim per se sensum non pulsat, sed per vim quandam in corpore existentem et a corpore prodeuntem. Manus ergo vinciens metaphorico nomine appellatur, quae multiplici ad vinciendum praeparatione deflectitur et inclinat.



Effectus vincientis. Art. II.
Hic est quem vinciendo aiunt Platonici memtem idearum ordine decorare; animum rationum serie numerosisque discursibus implere; naturam variis foecundare seminibus; materiam innumerabilibus conditionibus informare; omnia vivificare, lenire, mulcere, excitare; omnia ordinare, procreare, regere, allicere, incendere; omnia movere, aperire, illuminare, purgare, gratificare, complere.



Vt arte vinciat. Art. III.
Vincit arte artifex, quandoquidem ars est artificis pulritudo. Nimirum ut attonitus et stupidus videbit quispiam artificialium et naturalium pulchritudinem, qui una ingenium, quo universa sunt effecta, minime contemplatur et admiratur. Illi 'stellae non enarrant gloriam Dei'; item non magis Deum, quam Dei effectus (bruta nempe anima) exosculabitur etc.



Ut pluribus hominem vinciat. Artic. IV.
Ex his quae vinciunt plurima nimirum vinciunt homines quam bruta, plura item magis vegeti ingenii quam stupidiores, utpote qui pluribus abundant facultatibus atque potentiis, ad plures respiciunt partes, circumstantias atque fines, pluribus consequenter aguntur appetitibus.



Ut sensus est leno vincienti. Art. V.
Hominem stupidum rara et impetu naturali excitata vincit libido, paucis speciebus definitur cibus atque crassis. Hunc non eloquium mulcet, non veneres pelliciunt, non musica, non pictura, non caetera naturae lenocinia.



Quare uno non expleat vinculo. Art. VI.
Pluribus ideo vincior, plures ideo sentio vincientes, quia diversi sunt pulchritudinis gradus atque disiuncti. Hinc una me hic, alia me alii urunt et vinciunt ratione. Quod si omnis ratio in unum aggregaretur, forte pro omnibus et ex omnibus placeret unus. Id vero hactenus minime natura passa est, ut varia pulchritudinis, iocunditatis, bonitatis, contrariorum et diversorum ab his effectuum vincula spargeret, et iuxta partium materiae numeros distincte promeret atque seiunctim. Accidit vero ut quidam uno tantum obiecto teneatur interdum, vel propter sensus stupiditatem, qui ad reliquos ordines est caecus et remissus, vel propter vinculi unius vehementiam, quae sic unice affligat atque torqueat, ut inde aliorum sensus lentescat, obruatur, supprimatur. Hoc vero raro et in paucis accidit et est mirabile, ut in quibusdam, qui spe vitae aeternae et quadam vivacitate fidei vel credulitatis ita animo abrepti visi sunt et a corpore quodammodo distracti, et obiecto, cui phantasiae et opinionis virtute devincti erant vehementius astringente, horribiles cruciatus ne sentire quidem visi sunt, ut in Anaxarcho philosopho et Andrea Galilaeo, in Laurentio presbytero et aliis usque ad nostram aetatem pro religionis specie in principes et reges sicariis est manifestum; cum ratione vero in Cynico Diogene et Epicuro, quibus hac ratione animo rerum contemptu et specie opinionis secundum principia naturalia et ordines devincto, sensum voluptatum et dolorum omnium abigebant; ...que summum huius vitae pro conditione humanae speciei bonum se assequutos esse censebant, ubi animum extra dolorem, timorem, iram tristesque alios affectus positum in quadam heroica voluptate servarent, et rerum ignobilium quae sunt in hac vita, nempe temporanearum, contemptu Deorum se similem vitam in hoc etiam mortali corpore consequutos testabantur, itaque summum bonum et eximiam virtutem cum aliis ostendisse, tum ipsos putarunt se esse consequutos.



Quid genius conferat vincienti. Art. VII.
Sunt qui dicant vincientem genus superioritate alium vincire et ab alio non revinciri, comparis vero ingenii esse

reciprocum vinculum et in quodam qualitatis ordine consistere. [88r] Atqui iuxta horum sententiam genium sequeretur continue mutari et alterari, sicut formae, complexiones et species alterantur, quia quem puer vincit, iuvenis non item vincit; quem vinciebat puella, eadem matrona non vincit. Non ergo ad unum principium referendum est et simplex, quod aliquid compositum et in sua natura varium atque etiam ex contrariis consistens vinciatur.



Quem facilius vinciat. Art. VIII.
Homo potissimum vincitur, qui verius homo est, specie dignissimorum, qui longe placet amplius dignissima sperare quam possidere vilia: horum quippe possessione facile stomachamur; quaecunque non facile possidemus, ardentius deperimus.



Ut idem eodem contrariis alligat. Art. IX.
Confusa et quodammodo etiam contraria videntur esse vincientia ab eodem etiam vincientis genere, ubi contrarii vinculorum effectus et affectus inspiciuntur. Quem enim (verbi gratia) Cupidinis vincula invaserint, uno eodemque igne atque laquei sensu videbitur cogi ad exclamandum et tacendum, laetitiam tristitiam, spem et desperationem, timorem et audaciam, iram et mansuetudinem, fletum et risum; unde illud


Io che porto d'amor l'alto vessillo
Gelate ho speme e li desir cocenti,
A un tempo agghiaccio e tremo, ardo e sfavillo,
E muto colmo il ciel de strida ardenti.
Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stilli,
E vivo e muoio, e fo risa e lamenti;
Ho vive l'acqui e l'incendio nò more,
Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.



Non uno vinculo vincit vinciens diversa. Art. X.
Nihil absolute pulchrum quod vinciat tanquam iocundum, nihil absolute bonum quod alliciat tanquam utile, nihil absolute magnum si finitum est. In pulchritudine enim respice ut simius simiae, equus equae placeat, ne Venus quidem aliac ab homine et heroum speciei. In bono respice ut ex contrariis sunt universa, ut aliis animantum bona sunt sub undis, aliis in arido; hiis in montibus, illis in campo; quibusdam in profundo, aliis in sublimi.



Qui vinciat. Art. XI.
Vincire ergo novit, qui universi rationem habet vel saltem rei particularis vinciendae naturam, dispositionem, inclinationem, habitum, usum, finem.



Non est unus qui omne vinciat particularis. Art. XII.
Id quod absolute pulchrum et bonum et magnum et verum absolute vincit affectum, intellectum et omne. Item nihil perdit, omnia continet, omnia desiderat, desideratur et persequitur a pluribus, quod diverso vinculorum genere viget; ideo pluribus artibus abundare ambimus, siquidem non est quod fastidiat esse in universali atque simpliciter, sed hoc et huiusmodi, illud et eiusmodi. Cum ergo nullum particulare atque absolute pulchrum, bonum, verum etc., non solum supra genus, sed neque in genere neque in specie aliqua nihil est quod simpliciter vincire per eosdem gradus possit, nihilominus tamen appetitus pulchri boni etc. est in omnibus; omnia enim appetunt esse absolute et ex omni parte pulchra, iuxta propriae speciei et generis conditionem saltem. Alia enim pulchritudo et bonitas est unius speciei, alia alterius; in alia quidem unum contrariorum, in alia alterum dominatur. Totam quoque pulchritudinem [88v] et bonitatem speciei unius non nisi in tota specie et per totam aeternitatem per omnia individua atque sigillatim est petendum. Hoc testatus est Zeuxis in pulchritudinw humana, qui Helenam de pluribus Crotoniatis virginibus depinxit. Quin imo si danri esset puellam ex omni parte pulchram seu ex toto, quî fieri potest, ut omnimodo et omnibus modis pulchrum afferre possit, quandoquidem innumerabiles sunt pulchritudinis corporalis in muliebri specie differentiae, e quibus non nisi unae in uno subiecto possunt reperiri? Pulchritudo enim, sive in quadam symmetria consistat sive in alio quodam quod incorporeum corporea in natura cernitur ipsum, multiplex est et innumerabilibus proveniens ordinibus; ideo quemadmodum lapidis asperitas non cum cuiuslibet lapidis asperitate quadrat, concurrit, cohaeret, sed ubi respondentes sunt magis sinus atque cavitates, ita non quaelibet species in quolibet animo sedebit. Diversa igitur individua a diversis vinciuntur obiectis; etsi quippe idem sit quod vinciat Socratem atque Platonem, aliter tamen hunc vinciet atque illum; alia multitudinem, alia paucos movent; alia mares et viriles, alia foeminas et muliebres.



Varia vincientis instrumenta. Art. XIII.
Dispersit, distinxit et quodammodo disseminavit natura pulchritudinis, bonitatis, veritatis et dignitatis obiecta; ideo plures pluribus rationibus et pro diverso fine vincire possunt. Vincit fitque amabilis bonus agricola, alia ratione coquus, alia miles, alia musicus, alia pictor, philosophus, puer, puella haec quod bene incedat, illa quod melius loquatur. Ex his nemo est qui solus habeat omnia atque omnimode; sed qui ad plurima secundum species atque modos inveniatur habilis atque felix, ille vinciet plures, pluribus dominabitur et per plures de omnibus in sua specie triumphabit.



Vincientis commoda Art. XIV.
Ut diversa sunt tempora, diversae occasiones, et diversi subeunt affectus, neque una eademque mensura; ita neque est aliquid unum atque simplex et eiusdem quantitatis et qualitatis, quod omnibus placere aeque possit, aeque omnes explere, quinimo vel singulos, vel diversis temporibus unum, sicut nec idem cibus nec eadem cibi mensura atque qualitas. Idem iudicium est de omnibus, quibus vincitur appetitus.



Vincientum differentiae. Art. XV.
Et sunt quae vinciunt secundum se, et sunt quae vinciunt per aliquid sui quod est vel pars vel quantitas, et sunt quae vinciunt alterius ratione cui adsint, subministrent, vel ad quod disponant, sicut et formosum aedificium ex informibus partibus consurgit.



Vincientis varia facultas. Art. XVI.
Multa sunt quae, cum pulchra existant, tanquam bona tamen nos vinciunt, ut equus, navis, domus, statua, canis et avis. Homo vero pulcher non vincit ut bonus habeatur, bonus etiam non vincit ut pulcher existimetur; accidente enim quodam fit, ut cum pulchritudine sit facinus et error. Da quippe pulchram et pauperem: magis sollicitatur, facilius donis allicitur. Divarsa diversorum, contraria contrariorum et similium similis est ratio.



Vincientis sedes. Art. XVII.
Putant nonnulli parum distinguentes, ut Platonici, illud quod vincit esse rei speciem, quae a re [89r] ad animam proficiscitur, a re subiecta tamen non recedit, sicut ignis qui communicans suam speciem non attenuatur, sicut imago quae in subiecto primo, inde in speculo, in intermedio et in oculis. Atqui profundius considerantes invenimus, esse quidem in corpore et quodam sensibili vinculi consistentiam, sed, sicut anima, cuius conditionem animae virtus consequitur, nullam habet definitam in corpore partem. Etsi quippe vulnus amoris sit ab oculis vel ab ore vel a colore, non tamen in illis simpliciter vel ab illis inveniri vel provenire videbitur, quando oculi per se seorsimque conspecti non habent eandem vim, quam a collatione cum reliquis partibus faciei. Simile indicium est de ore, de naso, simile de colore, qualis etiam in pyxide pictoris non placebit. Indefinita ergo et incircumscriptibilis omnino est ratio pulchritudinis, et a simili ratio iocundi atque boni. Proinde non tota vinculi ratio in re subiecta perspicienda est, sed etiam, secundum alteram non minus praecipuam partem, in eo quod vincitur; nihilo enim mutata cibi qualitate atque substantia, nunc post refectionem reiicitur, qui paulo ante avide sumebatur. Cupidinis vincula, quae ante coitum intensa erant, modico seminis iactu sunt remissa et ignes temperati, obiecto pulchro nihilominus eodem permanente. Non tota igitur vinculi ratio ad illud est referenda.



Praeparationes vincientis. Artic. XVIII.
Vinciens tribus dicitur praeparari ad ligandum: ordine, modo et specie. Ordo partium dat intervalla, modus definit quantitatem, species figuris, lineamentis et coloribus significatur. Sicut in vocis vinculo ordo consistit in ascensu et descensu per grave, acutum et media; modus in debitis tertiis, quartis, quintis, sextis etc., tonis et semitonis progressione; species in canoritate, suavitate, claritate. Proportionalia sunt tribus hisce in omnibus sive compositis sive simplicibus, ubi praeparatio esti ad vinciendum.



Diversitas praeparationum. Artic. XIX.
Pro vinculis alia est praeparatio ex signis et vestigiis animi concinnitatem indicantibus tantum, et per ipsam movetur animus ad animalem tantummodo fruitionem persequendam, ut illi adhaereat et uniatur, gratia vero praeparationem habens in corporis et huiuscemodi nempe membrorum dispositione, vel quae est ex habilibus, qui circa corpus sunt, animum corporali appiscendae fruitioni alligat; ubi vero praeparatio fuerit in utroque, ad utramque vehementius fruitionem impellet, seu ab utroque attrahet principio. Porro sunt qui ita ab animo vinciuntur, ut corpus ipsum, quod illius vas est, etiam concupiscant. Pauci item animo magis incumbunt, ut quamlibet etiam corporalem speciem absque animi praeparatione etiam despiciant, ut fama est de Socrate, qui venustum puellum effari primo praecipiebat, antequam de suo erga illum amore definiret.



Vincientis conditio. Art. XX.
Magnificant assentatores modicas virtutes, attenuant vitia, excusant mendas, referunt in virtutes facinora, et caute ita agunt ne propriam detegant assentationis artem. Itaque non admodum astutos sibi devinciunt, per hoc quod cuicumque amari et honorari maxime placet atque iuvat, nec non vincire quenquam posse praedominantis cuiusdam est virtutis.



Ut vinciens vincitur. Art. XXI.
Gaudium et gloria quaedam est vincientis, eaque maxima atque tanto vehementior, quanto generosius, laudabilius et praestantius est quod vincitur; eo in gaudio eaque in gloria est sita vinculi vis, qua et vinciens ipse a vincto revinciatur. Victores laudando suos victos victoriam suam efferunt, et interdum seque etiam nedum alios decipiunt, et in cupidine et aliis civilibus vinculorum effectibus. Ultra modum vile oportet esse ingenium, quod laudatum et egregium amantem, seu alia ratione sibi ex animo devinctum, ingrato non vicissim persequatur animo.



Vincientis distinctio. Art. XXII.
Est vincientis species qua digni, pulchri et boni fieri volumus, et est species qua bono, pulchro et digno potiri concupiscimus. Primum vincientis genus est ab obiecto quo caremus, secundum ab eo quod habemus magis. Ex his vincit non solum bonum, sed et opinio boni; ubique tamen vinculum cum quadam proportione et accommodatione semper est. Plures quoque vincit phantasia et opinio, quam ratio; quin immo intensius illa quam ista. Multi quippe, quia sine ratione amant, quamvis non sine causa ament impellente, vinciuntur quidem, sed unde vincantur ignorant.



Vincientis caecitas. Art. XXIII.
Occulta etiam maxima ex parte etiam sapientibus vinculorum est ratio; quid enim magni est referre rationem analogiae, similitudinis, congeneitatis et id genus vocum sine sensu, quando hominem videmus nihil odisse magis quam alterum hominem, eumque consortem atque simillimum, interdum quoque nihil amare magis, idque ex ignota causa? Quae enim generalis affertur ratio, nulla est omnino, ut solutio quaedam est et apathia inter ea quae eiusdem generis et speciei, ut foeminam et foeminam, marem et foeminam; quibus addo conditiones viri, senis, pueri. Quid dices de amore earum, quorum solummodo est auditus, qui devotionis nomine vulgo describitur? An non homo supernis et immaterialibus, imo imaginariis et non repertis summopere devincitur? Mitto speciem virtutis vinculorum referre per species, potissimum vero eam, quae est per incantationem. Nec est quod dicit quisquam vinculi vim esse a bono magis, quam vincire possit boni opinio; quin etiam ab evidenti magis, quam ab occulta causa. Et diximus supra ut diversae sunt bonorum differentiae atque species.



Vincientis industria. Art. XXIV.
Quemadmodum ignorantes plus a cauto vincimur adulatore, quam ab amico vero, ita artificiose formantur et confortantur vincula et vincientis efficacia, si timidum ille prohibeat militare, vesane impium deos colere, inhumanum propriis inservire commoditatibus, et illuc quo res inclinant magis afflare, quemadmodum qui cylindrum sibi vult arripere, non per capita et angulos, sed per suam rotundam superficiem obvertit.



Arma vincientis. Art. XXV.
Vincientis arma triplicia sunt. Prima in ipso, et haec sunt duplicia: essentialia seu naturalia, nempe quae sunt ex natura speciei; et accidentalia seu adiuncta, nempe quae naturam speciei consequuntur, cuiusmodi sunt sagacitas, sapientia et ars. Quaedam [90r] sunt circa ipsum, ut sors, fortuna, casus, occursum et incursionem facientia; quaedam super ipsum, ut fatum, natura et favor divûm.



Vincientis vices. Art. XXVI.
Proportionale est in omni vinciendi actu, quod in cibo et coitu continue experimur. Trahimur enim et vincimur horum desiderio et amore, sed non eorundem semper, eodem modo, eademque mensura, iisdemque temporis vicissitudinibus; cum tempore enim fluit et praecipitatur complexio, et omnia quae complexionem consequantur. Ideo provide et praematurato consilio vinciendi tempus praecognoscendum est, velocissime praesens praesenti utendum, ut vincire potens quamprimum vinciat et stringat.



Vincientis oculi. Art. XXVII.
Ut subtilia sunt vincula, ut pene insensibile est quod vincitur atque profundum, quod leviter tanquam a superficie liceat examinare, quod item per momenta transformabile, non aliter ad vincientem se habens, quam Thetis ad Pelei concubitus evitantdos, respicere debet mutationis ordinem et potentiam subsequentis formae sub praecedente. Quamvis enim materia ad innumerabiles indefinita sit formas, a praesenti tamen forma non aequaliter distat ab omnibus, sed ex his una tantummodo est potissime succedens, alia vero plurium mediorum interiectione, alia pauciorum, quaedam vero omnium elongata consistit. Itaque sicut formam chyli immediate consequitur forma sanguinis, ita indignationis vinculo succedunt irae, irae vero vinculis succurrunt vincula tristiae, ut facile bilis flava transit in atram. Dispositione igitur perspecta et praesenti qualitate subiectum afficiente, Thetidi isti, antequam in certam migraverit formam, Peleo praeconcepta et praeparata sunt vincula, non ignoranti aliter colubrum, aliter leonem, aliter aprum esse vinciendum.



Vincientis lenocinia. Art. XXVIII.
Non ligat vincibile vinciens, sicut neque munitissimam arcem expugnat dux facile, nisi domestico aliquo proditore vel alio quocunque pacto consentiente vel succumbente vel utcunque tractabili ministro fiat aditus; sicut in specie non vincit Venus neque arcem expugnat facile, ubi inania sunt vasa, turbatus spiritus, urens anxia, sed produnt arcem intumescentia vasa, tranquillus animus. mens quieta, corpus otiosum, quorum custodum et vigilum vicibus observatis repente audendum, vi ruedum, viribus omnibus agendum, non cessandum. Haud aliter in aliis vinciendi actibus observandum.



Vincientis scala. Art. XXIX.
Vinciens non unit sibi animam, nisi raptam; non rapit, nisi vinctam; non vincit, nisi illi se copulaverit; non copulatur, nisi ad eam pervenerit; non pervenit, nisi per motum; non movetur, nisi per appulsum; non appellit, nisi postquam inclinaverit vel declinaverit ad illam; non inclinat, nisi desideraverit et appetierit; non appetit, nisi cognoverit; non cognovit, nisi oculis et auribus vel interni sensus obtutibus obiectum specie vel simulachro praesens adfuerit. Pervenire igitur facit vincula per cognitionem in genere, nectit vincula per affectum in genere: cognitionem dico in genere, quia nescitur interdum quo sensu rapiatur; affectum dice in genere, quia nec iste facile interdum definitur.



[90v]


Portae per quas vinciens adoritur. Art. XXX.
Tres sunt portae per quas audet animarum venator ligare: visus, auditus et mens seu imaginatio. Quod si contingat per omnes illum intrare portas, potentissime vincit arctissimeque obligat. Per portam auditus ingreditur armatus voce et sermone filio vocis; per portam visus ingreditur armatus forma, gestu et motu figuraque convenienti; per portam imaginationis, mentis, rationis ingreditur per mores et artes. Inde facta primum invectione, secundo copulatione, tertio ligatione, quarto fiet attractio. Per omnes sensus occurrit vinctum vincienti, adeo usque perfecta obligatione facta, ut hoc in totum illud immigret vel immigrare concupiscat, ubi de concupiscentiae vinculo agitur; sunt quippe etiam ingrata vincula proportionalia his, de quibus in his quae de vinculo naturali proferemus, qualibus bufo trahit mustelam spiritus quadam vi occulta, gallus voce rumpit leonem, mugil tactu sistit navim, energumenus phantasia ebibit daemonem, humor melancholicus et ventosus ut magnes se habet ad incubum.




Habet ergo campus iste vinvientis intentiones triginta, nempe a

Specie 1
Effectu 2
Arte 3
Numero 4
Scala 5
Multitudine 6
Genio 7
Facultate 8
Coincidentia contrariorum 9
Diversitate 10
Medio 11
Favore seu concursu 12
Instrumento 13
Commodo 14
Differentia 15
Virtutum varietate 16
Sede 17
Praeparatione 18
Praeparationum diversitate 19
Conditione 20
Reactione 21
Distinctione 22
Caecitate seu ignorantia 23
Industria 24
Armis 25
Vicibus 26
Oculis 27
Lenociniis 28
Scala 29
Porta 30

 




[91r]


DE VINCIBILIBVS IN GENERE.
Species vincibilis. Articulus I.
Circa Deum seu naturam universalem seu bonum universum seu puchrum absolute, quod est centrum magni mundi, quatuor sunt convertibilia, ita ut ab ipso, ni velint adnihilari, negueant recedere, nec magis ipsum nequeant destituere, quam proprium quaeque circumferentia centrum; quatuor (inquam) in circulum mobilia circa proprium vincientem, ita ut in eodem ordine perpetuo consistant. Platonicis sunt mens, anima, natura, materia; mens per se stabilis, anima per se mobilis, natura partim stabilis partim mobilis, materia ex toto mobilis et ex toto stabilis.



Vincibilis conditio. Artic. II.
Nihil vincitur nisi aptissime praeparatum, quia fulgor ille non eodem rebus omnibus communicatur modo.



Vincibilis forma. Artic. III.
Omnia quae vinciuntur aliquo pacto sentiunt, in cuius sensus substantia inspicere est certam cognitionis et certam appetitus speciem; non aliter magnes secundum genus attrahit et impedit. Vincire ergo volens debet aliquo modo sensum ingerere in illud quod est vincibile; ita quippe vinculum sequitur rei sensum, sicut umbra corpus.



Vincibilium comparatio. Art. IV.
Considera ut homines plus vinciuntur quam bestiae, et homines bestiales atque stupidi ad heroica vincula minime sunt apti, quam hi qui clariorem animam sunt adepti. Quod vero ad naturalia vincula attinet, his magis subiicitur vulgus quam philosophus, unde et sapientes astris dominari est in proverbio. Quod vero attinat ad vincula medii generis, habet generatio helluonum ut continentiam iactet, generatio vero libidinosorum sobrietatem.



Vincibilium distinctio. Art. V.
Ex eo quod proxime dictum est, considerare licat ut intensio unius vinculi reddat alia vinculi specie minus vincibile seu remissius. Idcirco Germanus minus sollicitatur ad Venerem, Italus minus ad crapulam; Hispanus magis pronus est ad amorem, Gallus ad iram.



Vincibilis semen seu fomes. Art. VI.
Vincitur maxime aliquid, quando aliquid sui est in vinciente, vel ideo quia per aliquid sui vinciens imperat illi. Hinc necromantici (ut uno in genere demonstrem) per ungues et capillos vivorum, quin imo et per vestium partes et vestigia, in universum corpus exercere confidunt imperium; per ossa item et quascunque mortuorum partes manes evocant. Unde non temere sepulturas maxime curabant, rogos praeposuerunt et insepultum relinquere inter fera suplicia computabant. Rhetores arte benevolentiam captant, ideo ut aliquid sui auditores et iudex habeat in ipso.



Vincibilis tempus. Art. VII.
Pro aetatis atque temporis varietate varie unum idemque fit vincibile, et varia sunt ad unum idemque vinculum non uno modo disposita, neque ex eodem pariter composita redduntur. Hinc adverte ut qui iunior extitarit et facilis, vir est constantior et prudentior, senex suspiciosior magis et morosus, decrepitus contemnit et fastidit.



Vincibilium differentia. Art. VIII.
Unde vincire volenti animadvertendum est, ut vincibilium quaedam magis natura, quaedam [91v] magis indico seu prudentia, quaedam magis usu et consuetudine agantur; ut solers primos per vincula ex naturalibus comparata, secundos ex rationibus et demonstrationibus, signis et argumentis, tertios ex propinquis et necessariis obligat et astringat.



Vincibilis aversio Artic. IX.
Quoniam magis uni obiecto vincitur animus, quo magis ab aliis abstrahitur et relaxatur, ideo vincibile ad unum definire volenti operae precium est, ut eum in negotiis aliisque rebus torpentem, vel magis ab earum sollicitudine abductum reddat; iocundior quippe operatio iocundam alteram excludit, animus auribus intentus remittit oculos, attentius respiciens obsurdesclt, vehementius gaudentes ob unam causam vel tristes non valde aliud agimus, desidiosi vel cessamus vel retardamur ab opere; hoc est abstrahi, trahi, tenari, vinciri. Hinc rhetor per risum, per invidiam et alios affectus solvit ab amore, vincit odio vel contemptui vel indignationi.



Vincibilium numerus. Art. X.
Contemplativi a sensibilium specierum specierum aspectu divinis vinciuntur, voluptuosi per visum ad tangendi copiam descendunt, ethici in conversandi oblectationem trahuntur; primi heroici habentur, secundi naturales, tertii rationales; primi altiores, secundi inferiores, tertii medii; primi dicuntur aethere digni, secundi vita, tertii sensu; primi ascendunt ad Deum, secundi haerent corporibus, tertii ab altero extremorum recedunt, alteri appropinquant.



Vincibilis. motus. Art. XI.
In rebus compositis et variabilibus, et omnino in omnibus quae novitatem naturae et dispositionis subeant, cuiusmodi est anima et spiritus, qui vices varias per corpora et corporum motiones assumunt (quamvis utraque substantia in sua simplicitate constantissima sit et aeterna, ex privatione habet appetitum, ex appetitu appulsum, ex appulsu motum, ex motu solutionem). Inde nullum vinculum est aeternum, sed vicissitudines sunt carceris et libertatis, vinculi et solutionis a vinculo, vel potius demigratio ab una ad aliam vinculi speciem. Idque ut naturale est et aeternam rerum conditionem antecedit, concomitatur atque consequitur, ita natura varietate et motu vincit, et ars naturae aemulatrix vincula multiplicat, variat, diversificat, ordinat et successiva quadam serie componit. Status quoque usque adeo a rebus abhorret, ut interdum etiam in vetitum nitamur magis et eius desiderio amplius afficiamur. A vinculis enim solvi ita naturale est appetere, sicut et paulo ante ipsis alligari ultronea et spontanea quadam inclinatione potuimus.



Vincibilis indefinitio. Art. XII.
Quanto ex pluribus constat vincibile, tanto minus ad certa definitum est vincula. Unde voluptas hominum minus determinata est ad unum tum tempus tum individuum tum sexum, quam brutorum; equam pariter forte omnes equi vincire possunt, mulierem vero frequenter omnes viri non ita. Hic gradus et haec indefinitio, sicut est ab homine ab brutum, ita est a vero homine ad brutalem, a magis sensato, qui etiam magis afficitur, ad magis quod dicitur in uno vinculi genere, ad omnia vinculorum genera atque species referendum.



[92r]


Vincibilitatis fundamentum. Art. XIII.
Ratio prima qua unumquoque vincibile est, partim est ex eo quod in eo esse quod est sibi praesens appetit servari, partim quod secundum ipsum et in ipso maxime perfici. Hoc est philautia in genere. Ergo si quis philautiam posset in subiecto extinguere, maximopere potens ad quomodolibet vinciendum et exolvendum redderetur. Philautia item accensa, facilius naturalium sibi vinculorum generibus astringuntur omnia.



Vincibilum relatio. Art. XIV.
Contemplari animalium amicitiam et inimicitiam, sympathiam et antipathiam, cogitationem et diversitatem, et circumstantias horum; et subeat in humana specie particularia et individua sigillatim, singulas et per universum omnes aliorum animalium primo, deinde omnium rerum aliarum species ordine quodam et analogia referre, ut quam tibi vinculorum diversitate opus sit atque commodo coniicias.



Vincibilium materiae diversitas. Art. XV.
Etsi vincibile omne compositum sit quodammodo, aliud tamen simplex dicitur, aliud multiplex seu compactum, aliud simplicius, aliud permixtum magis. Hinc est quod alia pure vinciuntur alia impure, et vincula alia pura sunt alia impura, ut voluptates et dolores alii puri sunt alii impuri alii commixti, ut Epicuro voluptas Veneris impura indicatur, quia dolorem et inexplebile desiderium (quo corpus totum in totum immigrare contendit in frustra) concomitatur, et tristis eam consequitur lassitudo. Si quae vero essent, in quibus principia nunquam deficiunt, cuiusmodi fortasse sunt astra et magna mundi animalia seu numina, quibus defatigatio {non) accidit, et in quibus effluxio et influxio substantiae aequalis est et eadem, felicissime ipsa sibi in se ipsis sunt devincta.

Qui ergo civiter vincire concupiat, diversitatem compositionum seu complexionum rimetur oportet, et aliter de heroicis, aliter de ordinariis, aliter de magis brutis ingeniis consulat, definiat atque statuat.



Vincibilium gradus. Art. XVI.
Quemadmodum ad naturales affectus, minus vinciuntur pueri, ratione qua natura in illis incumbit in augmentum, et maiore alteratione exagitatur, et nutrimentum totum ad augmentum et constitutionem individui convertitur. Item ad XIV annum incipiunt bene vinciri; quamvis enim aetas adhuc ad incrementum tendat, auctio tamen non est aeque velox atque tanta quanta in pueris. Viri autem in consistente aetate, ut maiorem habent seminis genitalis vim, inde magis vinciri posse videntur. Porro iuvenes et adolescentes ea de causa salaciores esse videntur, et quia novitate delectationis longe magis ardent, et quia meatus per quos transit semen sunt angustiores et humiditas cum suaviori resistentia scaturit, unde fit ut venereo pruritu, qui ex tali conflictu enascitur, delectentur et resolvantur magis. In senioribus vero, in quibus vires sunt semimortuae et organa et meatus effoeti et semen non ita exuperat, vincula sunt difficiliora. Proportionaliter se habet omnino in aliis affectibus, qui cum Venere analogiam, oppositionem et consequentiam quandam agnoscunt.



Vincibilium temperamenta. Art. XVII.
Ad indignationem, tristitiam, voluptatem et amorem ex merito temperaturae melancholici vinciuntur magis; ex hoc enim quod magis sunt apprehensivi, et fortius voluptatem imaginantur. [92v] Unde contemplationi et speculationi etiam sunt aptiores, affectuum in universitate magis et vehementius fluctuant et agitantur. Hinc quod ad Venerem attinet, magis propriam voluptatem finem constituunt, quam speciei propagationem. Istis affines sunt cholerici, quibus minus pruriunt sanguinei. Prae reliquis minus libidinosi sunt phlegmatici, sed magis helluones. Stat tamen quod ad obsequium naturae singuli suas habent partes; vinciuntur enim melancholici maiori imaginationis vi, sanguinei maiori spermatizandi facilitate et caliditatis temperie, phleginatici maiori humoris abundantia, cholerici fortiore et acutiore calidi spiritus prurigine et stimulo.



Vincibilium signa. Art. XVIII.
Habet in hac consideratione suas etiam physiognomia partes. Tibias enim habentes graciles et nervosas, et hircini, qui ad Satyros referuntur, nasum habentes concavum et obrotundum, suspiriosi et remissi vultus intentius amant, et licentiam per venereas species magis affectant. Idem sunt placabiles facile, nec ullos affectus habent diuturnos.



Vincibilium duratio. Art. XIX.
Senes ad vincula sunt tum duriores, tum ineptiores; iuvenes instabiliores et aptiores; medii vero apte, stabiliter et arte vinciuntur.



Vincibilium reactio. Art. XX.
Mutua gratia parit mutua vincula ; vincula sunt in scommatibus, in histrionia, in facetia; per haec interdum alioqui turpis et deformis arte vincit eos qui erga huiusmodi sunt affecti. Adde quod experti sumus in opinione membrositatis et salacitatis; parta enim imaginatione, puero vel puellae fascinationem iniecit; unde illud.

Me pulchra fateor carere forma;
Porro me mavult, quam Deus priores,
Si qua non fatui est puella fundi.
Proportionaliter vincula sunt, quibus turpes vinciunt ex opinione animositatis, strenuitatis, item eloquentiae, solertiae et aliorum huiusmodi, ut ex uno genere virtutis etiam per aliud genus affectus vincire possint. Non est rara experientia, qua ex optinione virtutis vel actu facundiae turpiores ad Venerem vinciunt viragines.



Vincibilium heterogeneitas. Art. XXI.
Adde quod habeat species, quod a diversa specie vinciatur, per amorem, odium, admirationem, pietatem, compatentiam, et id genus alia, ut pro passere Lesbia, Corinna pro catella, Cyparissus pro cerva, delphin pro Arione vincti celebrantur. In summa, in omni specie semina sunt illecebris ad reliquas. Sileo de sympathia inter hominem et leonem, praetereo quod novi de consuetudine inter draconem et puerum mira.



Vincibilium mutatio. Art. XXII.
Vincibile ab una vinculi specie ad contrariam etiam non difficile est mutare, quemadmodum et mutabile est vinciens; sive secundum rem sive secundum opinionem, nihil interest. Cui enim opinione doctrinae olim vinciebar, mox maiori luce ablata ea opinione vincula contemptus et indignationis successerunt. Vincta specie urentis aetatis et pulchritudinis, quam etiam morum et ingenii vincula non confortant, tempore relaxantur et delentur.



Vincibilium causa et oblectum. Art. XXIII.
Latens est quod ad amorem et odium seu despectum citra rationis actum obvincit, et futile [93r] est Adrastiae commentum, [qui] rationem amoris, qui ab aspectu pulchri suppositi exoritur, esse animae quandam recordationem divinae pulchritudinis, quam perceperat priusquam corporis contubernio reciperetur. Quod si verum esset, quid est quod repente ad indignationem obiecto nihilo secundum eam speciem mutato animum convertit? Cur diversi animi diversis magis rapiuntur obiectis? Cur quod uni est summe pulchrum, non minus vegeto ingenio fit etiam turpe? Vincibilium ergo conditio non leviter neque modica fiet observatione pervia.



Vincibilium definitio. Art. XXIV.
Ad casum, fortunam et indefinitum quiddam retulit Theocritus amorem et alios affectus, quibus particularia vinciantur; sed castigatius sensisset existimando et dicendo 'occultum et determinatum' illud, quod 'indefinitum' appellavit quia non apertum; a determinata nempe complexionis ratione, quam vel natura largita est, vel usus et consuetudo invexit.



Vincibilium sensus. Art. XXV.
Achaei non ad rationem seu cognitionis speciem, sed ad fortunam referebant, quod aliqiud amore vel odio vel aliis affectibus vinciretur; unde in eadem ara Amorem atque Fortunam colebant. Cui iudicio adstipulanur Platonici quidam, ideo dicentes animalia muta non semper amore vinciri, quia ratione carent et prudentia. Sed isti nimis crasse sentiunt de natura cognitionis et intellectus, qui cum spiritu universi implet omnia et ex omnibus pro suppositi ratione enitescit. Nobis vero tum amor tum omnis affectus valde practica est cognitio; quin etiam discursus, ratiocinatio et argumentatio, qua potidsimum homines vinciuntur, nequaquam inter primarias cognitionis species numeratur. Credat ergo vincire volens rationem neque plures neque praecipuas ad ligandum partes obtinere, bene autem cognitio secundum genus.



Vincibilis fuga. Art. XXVI.
Alii alius se generis vinculis alligat interdum ......, ut ab uno vinculi genere diffugiat. Hinc hoc est quod vincire volens observare debeat, ut per media eorum, quibus vincitur vincibile, operatur, vinculis nempe quibus ille tenetur obsecundando. Hinc Nympha venatorem amore, sollicitudine et occupatione circa feras abductum, donis sui generis ad Venerem pellexit, cornu nempe cuius voce ferae fugientes sistebantur. Miles etiam armorum virtute et incantatione aliis abduceretur affectibus. Devinciunt ergo a Venere venatio, ieiunium, ebrietas, gymnicae exercitates, et per universum variae sollicitudines et otia, abstinentiae item variae atque luxus etc. Sicut in hoc vinculorum genere, ita in reliquis suo modo iudicandum.



Vincibilis substantia. Art. XXVII.
Duae Vincibilitatis sunt causae, et eadem sunt de essentia vincibilis, quatenus vincibile est: cognitio secundum genus, et appetitus secundum genus. Da quod nullo modo appetat, dabis quod nullo modo spiritualiter vinciatur. Adde quod sine cognitione et affectu, neque est quod aliquis vinciat civiliter neque magice. De reliquis non loquor vinculorum modis, quia parum videntibus, qui sunt plures, inconvenientiora dicere viderer.



[93v]


Vincibilis perfectio. Art. XXVIII.
Perfecte vincitur quod per omnes facultatas atque partes obligatur. Ipsarum ergo numerus vincienti debet esse exploratus, ut ad perfectionem usque obligare volens per plura irretiat vincibile vel per omnia. Illi non debent esse dubia neque impervia animi et spiritus diversa iuxta diversas potentias alimenta atque illecebrae.



Vincibilium obligatio. Art. XXIX.
Non est possibile vincire quenquam sibi, cui vinciens ipsum non siet etiam obligatum; haerent enim et inseruntur vincula vincto, vinciens vincibile alteri non obligatur quidem nisi per accidens, vinciens vero vincibile sibi non potest esse nisi et obligatum. Hanc vero felicitatem habet vinciens supra vincto, qua vinculis dominus est et qua interdum non pari patiatur et afficiatur ratione. Huic doctrinae proportionale est, quod leno vincit et non vincitur, amico vero amica non vincitur in actu nisi etiam amicus amicae actu vinciatur. Ex spiritu vero occulta est vinculi ratio interdum, qua res amata amanti vincitur, quem non cognoscit interdum, nedum non amat. Pro eadem vero specie et in eodem ordine Eros sine Antero conqueritur et infortunatur. Civiliter vero nemo vincit nisi in eodem vel propinque vinculi genere si non ei, saltem cum eo, quem vincire concupiscit, vinciatur; non enim (ut clarius loquar) rhetor affectus movet sine affectu.



Vincibilis veritas. Art. XXX.
Vincibila, ut vera vinciatur, non tantum vera requirit vincula, nempe quae ex fundamanto huiusmodi sunt, quantum apparentia, id est quae ex opinione; potest enim imaginatio sine veritate vera vincire, et per imaginationem vincibile vere obligare. Etsi enim nullus sit infernus, opinio et imaginatio inferni sine veritatis fundamento vere et verum facit infernum; habet enim sua species phantastica veritatem, unde sequitur quod et vere agat, et vere atque potentissime per eam vincibile obstringatur, et cum aeternitate opinionis et fidei aeternus sit inferni cruciatus, usque adeo ut et animus exutus corpore easdem tamen retinet species, iisdem nihilominus, quinimo etiam potentius interdum propter indisciplinem vel obiectationem vel imbibitam speciem per secula infelix perseveret. Quod vulgo philosophantes hoc non capiant at ignorantissima illa doctrina illsulsissime reprobent, non magni facimus, utpote qui pueri non minus eorum rationibus abundavimus et inexperti, quam iisdem ipsi abundare possint periti atque senes; non minus tamen ideo ipsis in hoc sensu adultis condonamus, quam nobis iudicemus condonandum fuisse pueris.




 






[94r]

DE VINCVLO CVPIDINIS

ET QVODAMMODO IN GENERE.
Diximus in his quae De naturali magia quemadmodum vincula omnia tum ad amoris vinculum referantur, tum ab amoris vinculo pedeant, tum in amoris vinculo consistant. Per triginta quippe nodi species inducenti facile manifestum erit, ut amor omnium affectuum extet fundamentum. Qui enim nihil amat, non est cur timeat, speret, glorietur, superbiat, audeat, contemnat, accuset, excuset, humilietur, aemuletur, irascatur et aliis eiusce generis modis afficiatur. Late igitur patet materia et late funditur consideratio seu speculatio, cui ansam tribuimus sub titulo vinculi Cupidinis; at contemplatio haec a civili instituto non idcirco longius recedere existimanda, quia amplior est mirifice quam ad civile institutum.



Vinculi definitio. Articulus Primus.
Vinculum pulchritudinis apud Pythagoricos at Platonicos dicitur fulgor, radius at actus quidam vel umbra et simulacrum illius saltem atque vestigium: primo diffusum in mentem quam rerum ordine decoret, secundo in animam quam rerum serie compleat, tertio (in) naturam quam seminibus distinguat at suffulciat, quarto in materiam quam formis exornet. Hic radius clarissime est in menta, clare in anima, obscure in natura, obscurissime in rerum naturalium subiecto, aiunt. Ipsum non est in mole neque moles consistens, [neque moles] licet etiam circa molem versetur et per universum magnitudinem, quandoquidem non grandia modo sed et brevia formosa videntur, in eadam item specie grandia deformia sunt et parva formosa et econtra, et saepe eadem quantitate stante casu quodam pulchritudo tollitur, eademque mutata pulchritudo perseverat. Placet venustissimus infans et puellus, sed non vincit nisi a certa aetate adolescens. Habet ergo aliquid moles; hoc enim verum est etiam nihilo forma, figura et complexione rei variata. Inde inducito ad civiles vinciendi species, per media quantitatis in quibus consistit forma et efficacia vinculi: referas, inquam, ad gestum, verba, vestes, consuetudines, risus et affectuum alia signa.



Vinculi origo. Art. II.
Platonicorum quidam vinculum a certa membrorum proportione proficisci definiunt cum colorum quadam suavitate concurrente. Ad plura vero respicientibus, saltem ad hoc quod non solum res compositae et membrorum varietate consistentes vinciunt, sed interdum purus color, pura vox; nihil item citius labitur et senescit quam pulchritudo, nihil vere tardius alteratur quam figura et forma quae ex membrorum compositione exterius enitescit; vinculum igitur pulchritudinis in alio respiciendum esse videtur, quem in figura et membrorum proportione, quinimo eadam pulchritudine permanente etiam atque figura, interdum post rei amatae fruitionem praeterit amor. Quocirca praesertim in quadam rapientis et rapti condispositione vinculi ratio consistit. Interdum quippe [94v] rationaliter in puellae pulchritudine, civiliter in hominis conversatione, oratione, habitu et actione per universum, cum nihil habeamus quod ratione argui possit, non placent tamen; in uno vero plura vel singula cum displiceant, placebit tamen nihilominus ille. Stupidius vero est quod coloris de vinculo referunt, non distinguentes inter colorem et inter id quod circa colorem est; quî enim color per se vincit, quando clarior in seniore displicet et despicitur, remissior vero in iuniore ligat atque rapit? Sic civiliter consularis et gravis oratio ab adolescente profecta, quantavis eniteat arte, arrogantiae specie maturiora iudicia ad indignationem concitat; venusta vero, blanda atque florida ex ore senioris contemptum parit, atque risum interdum exuscitat et irrisionis materiam subministrat; ita ut in cultu corporis, verborum et operis aliud est quod matronam, aliud quod virginem, aliud quod puellam, aliud quod puerum, quod virum, quod seniorem decet, aliud item quod militem, aliud quod togatum.



Vinculi indefinito. Art. III.
Non tam difficile est (credo) vincire et solvere, quam vinculum invenire, in his (inquam) propositis, in quibus magis ad casum, quam ad naturam et artem vincula referantur. Vinculum nempe, quod a corpore proficiscitur, nullam habet corporis definitam partem; sunt enim oculi, genae et es, quibus se vinciri sentit amans, quae tamen vel eodem numero diversis tributa subiectis tantum abest interdum ut similiter vinciant, ut etiam Cupidinis vincula dissolvant vel arceant. Quid quod quem corporea specie interdum deperimus, novimus ex more vel sermone vincula Cupidinis cessasse? Ita suo modo in civilibus vinculis considerabis.



Vinculi compositio. Artic. IV.
Cupidinis inferioris vinculum est quod compositis et appositis vincimur, simplicibus vero et absolutis nihilo capimur. Et sunt qui haec usque adeo contemnant etiam; iisdem Deus pulchritudinem in se habere non existimabitur, quia cum simplex quaedam natura sit, in compositionis ordinatione minime praefulgeat. Stat tamen ex fide ipsum pulcritudinis omnis atque vinculi authorem esse atque perfectorem. Non distinguunt vero propter ingenii imbecillitatem inter simpliciter pulchrum et ad nos pulchrum, sicut et civiliter non sapit, qui inter pulchrum ad homines omnes et rationem, et homines istos et consuetudinem, usus et occasionem non distinguit, perperam vincire concupiscens.



Vinculorum numerus. Art. V.
Vincula sunt confuse seu consistenter corporis forma, corporis habitus, corporis motus, vocum et sermonis consonantia, morum concinnitas et fortuna et sympathiae occursus, quibus non solum homines hominibus et ferae feris, sed etiam hominibus ferae vinciuntur. Huc spectat quod ex naturali charactere puer viso serpente, agnus viso lupo, nulla [95r] experientia vel noticia praevia, mortaliter exhorrescit, viso autem bove vel ove colludit et congaudet. Sunt fumigia, quibus homines et spiritus rapiuntur varii, varia. Novi homines qui odorem moschi mire exhorrebant et omnes qui per universum sunt suaves, ut etiam caderent prae spiritus turbatione; inter alios unum, qui digitis perfrictos cimices naribus supponendo mirifice delectabatur. Sic varus varia, quin etiam contrariis non solum contraria, sed etiam diversa, vinciuntur. Et civiliter non eadem orationis species atque cultus corporis ornatus et morum concinnitas vel facilitas Germano probatur atque Italo, uni et alteri Germano, ut ab universitate Italus recedens Germanum habeat ingenium, Germanus Italicum. Hinc difficultas est et maior prudentia requiritur in vinciendo civiliter, praesertim ubi non ad multitudinem, sed ad individuum vincula iaciuntur; facilius quippe est vincire multos quam unum, et uno iaculo in multitudinem avium proiecto etiam casu plures potent aucupis iactus traiicere, quam aptiore collineatione e pluribus unam.



Vinculorum portae. Art. VI.
Ostia per quae vincula iaciuntur sunt sensus, maxime vero omnium visus atque dignissime; reliqui vero pro obiectorum et potentiarum varietate proprius, sicut ex carnis lenitate vincitur tactus, vocis symphonia auditus, suavi anhelitu olfactus, morum concinnitate animus, demonstrationum claritate intellectus. Per diversas fenestras diversa ingrediuntur vincula, quorum quaedam plus in uno, quaedam plus in alio praepollent; unde alii uno, alii altero magis studio delectantur; quippe etiam vinculum non aequaliter ab omnibus nec aequaliter in omnia perducitur.



Vinculorum, genera. Art. VII.
Vinculorum totidem intelligimus esse genera atque differentias, quot pulchri sunt genera atque differentiae; istae vero differentiae non pauciores esse videntur, quam rerum sint praecipuarum, nempe secundum speciem. Adde quod in singulis speciebus diversa particularia diversimode atque diversis vinciuntur. Vincitur ad cibum famelicus, ad potum sitiens, ad Venerem semine plenus, ad speciem sensibilem hic, ad intelligibilem ille, ad naturalem unus, ad artificialem alius, vincitur abstractis mathematicus, concretis practicus, absente specie masturbans eremita, praesente familiaris, diversis tamen secundum omne genus diversa, quin etiam non undique eadem vincula procedentia eandem secum virtutem referunt. Vincit enim musica pueri et adolescentis, puellae vero non ita neque viri; robur in viro magnifaciendo vincit, in foemina vero minime; puella simplicitate et honestate vincit. Solvit vero a vinculis si ita afficiatur adultus, et amplius atque amplius displicet.



Vinculorum modus. Art. VIII.
Vinciunt magis civiliter rhetores et aulici et utlibet consuetudinem habentes, ubi transfuga quadam artis dissimulatione operantur; neque enim qui satis belle loquitur nimisque superstitiosule sapit, ille placebit; displicent nimis methodice et geometrice vestes appositae, capilli intorti, oculi et gestus et motus ad normam omnem exacti; multum enim abest ut eiusmodi etiam non [95v] displiceat. Ita civiliter in oratione, quam vulgo nimis affectatam et elaboratam indicarent. Hoc enim ad inertiam potius referendum est et ingenii mentisque inopiam; non exigua quippe artis pars est artem dissimulando arte uti. Non ergo belle sapit qui ubique et per omnia belle sapit, sicut neque annulatus est belle qui omnes digitos annulis. confertos habet atque gemmis, nec belle torquatus qui onustus monilium varietate et multitudine progreditur. Huc spectat maxime considerare quod lucis fulgor lucis fulgorem extinguit, et lux non nisi in tenebris lucet, fulget, enitescit, placet. Ornamentum etiam nullum est, ubi cum er quod est ornandum et informe non cohaeret. Itaque ars a natura non absolvitur, cultus a simplicitate non recedit.



Vinculi descriptio. Art. IX.
Vinculum Platoni est secundum genus pulchritudo seu conformitas, Socrati excellens animi venustas, Timaeo animae tyrannis, Plotino naturae privilegium, Teophrasto tacita deceptio, Salomoni ignis absconditus et aquae furtivae, Theocrito eburneum detrimentum, Carneadi regnum sollicitum, mihi tristitia hilaris, hilaritas tristis. Analogiam habent descriptiones aliae affectuum et vinculorum species ad praesentem affectum atque vinculum, per ea quae in praefatione partis huius adduximus.



Vinculorum distributio. Art. X.
Ad actum perfectum perfecta vinciuntur, nobilem nobilia vel nobilitata; ad imperfectum vero et defectum vinciuntur ea in quibus aliqua est imperfectio atque defectus. Ideo dictum est in superioribus aliquid vinciendi debere esse in vinciente. Puella omnino casta, in qua fomitis semina nulla consistant, ad libidinem nulla arte et nullo astro vincitur, si non tangatur, si non attingatur, sine (inquam) participatione eius ad manus vincientis, et sine aliqua profusione a manu vincientis ad ipsam. De immatura nihil loquar; in omnibus enim actibus semine quodam opus est, semina vero omnia non ubique prolificant. Aegrotum, senem, frigidum, mutilum, quis non frustra irretire conabitur, econtra vero se habentem quis non implicare? In civilibus vinculis proportionale omnino facile est iudicium.



Vinculorum gradus. Art. XI.
Res in universo ita sunt ordinatae, ut in una quadam coordinatione consistant, ita ut continuo quodam quasi fluxu ab omnibus progressio fieri possit ad omnia. Horum vero alia aliis immediate cohaerent, sicut ad naturalem propagationem eiusdem speciei individua, et in his familiaria sunt vincula cognata et facillima. Alia vero mediis quibusdam subordinantur, et in his media omnia pertransire oportet et penetrare quodammodo, ut a vinciente in vincibile vincula protendantur. Itaque numina, per rerum elargitionem et mediorum quorundam impertibilium favorem, inferiora et infima tandem sibi devinciunt influendo. Vicissim vero obsecundatione quadam [96r] naturali vel rationali, quodam cultu inferiora tollantur, ut superiora et eminus posita sibi pro congruo arbitrio revinciant. Utqae variae sunt rerum species eorum atque differentiae, ita eorum varia sunt tempora loca, media, via, organa et officium. Hoc in omni genere vinculorum et vincibilium perspicere facillimum est et inducere.



Vinculi magnitudo. Art. XII.
Divina vis quaedam est in rebus omnibus, amor ipse pater, fons et Amphitrites est vinculorum. Ideo non perperam Orpheus et Mercurius ipsum magnum Daemona appellant, quippe et tota rerum substantia, constitutio et (ut ita dicam) hypostasis vinculum quoddam est. Maximam ergo et principem vinculi doctrinam assequemur, ubi ad ordinem universi oculos convertemus. Hoc vinculo superiora provident inferioribus, inferiora convertuntur ad superiora, paria invicem associantur, universi tandem perfectio est secundum formae rationem.



Vinculi principalis effectus. Ar. XIII.
Amor unus, vinculum unum, facit omnia unum, diversas habet in diversis facies, ut idem aliter alia atque alia vinciat. Hinc Cupido idem dicitur superior et inferior, novissimus et antiquissimus, caecus et perspicacissimus, qui facit omnia pro viribus vel in se ipsis consistere ne a se recedant, ad speciei perennitatem. Ad particularium vero vicissitudinem facit, ut singula quodammodo a se ipsis recedant, ubi in amatum transferri concupiscit amans omne; per se ipsa quoque dissolvantur, aperiantur, dehiscant, ubi totum amans concipere concupit amatum et imbibere. Itaque est vinculum, quo res volunt esse ubi sunt et non amittere quae habent, interea quoque volunt esse ubique et habere quae absunt; unde ex complacentia quadam circa possessa, desiderio et appetitu circa distantia et possessibilia, et amore circa omnia, quia particulari et finito bono atque vero non expletur particularis appetitus et intellectus, qui ad universum bonum et universum verum respiciunt obiecta. Hinc est ut ab eodem vinculo finita potentia in quadam definita materia simul et stringi et dispergi, detrahi atque dissipari se experiatur. Hanc conditionem vinculi secundum genus in vinculis secundum specierum singulas observato.



Vinculi qualitas. Art XIV.
Vinculum neque pulchrum est neque bonum; est enim quo pulchrum atque bonum persequuntur omnia atque singula, et connectit iliud quod accipit cum eo quod accipitur, illud quod dat cum eo cui datur, vincibile cum vinciente, appetibile cum appetente. Hoc vero quod appetit pulchrum atque bonum, quatenus appetit, caret; ideo pulchrum neque bonum eatentis est. Inde male concludit in proposito materiae Peripateticorum aliquis, materiam turpem esse atque malam, quia appetendo bonum et pulchrum eodem carere se contestatur. Circumspectius dixit Aristoteles 'sicut turpe', 'sicut malum', non autem simpliciter huiusmodi. In rei autem veritate neque turpe, neque pulchrum, neque malum est neque bonum, quod ad bonitatem, malitiam, turpitudinem et pulchritudinem tendit et aeque fertur ut materia. Si materia esset malum, contra eius naturam esset appetere bonum; itidem natura turpe. Item si esset secundum similitudinem, [96v] similiter se haberet atque contrarium, quod alterum contrarium non appetit, sed excludit et abhorret. Profundius vero philosophantes intelligunt, quod nos alibi declaravimus, ut materia ipsa inchoationem habeat omnium formarum in sinu suo, ita ut ex eo omnia promat et emittat, non puram illam exclusionem, ita ut quasi omnia peregrina concipiat ab externo; extra quipp materiae gremium nulla forma est, sed in eo tum omnes latent, et ex eo tum omnes educuntur. Civiliter ergo et secundum omnes rationes de vinculo consideranti perspicuum esse debet, ut in omni materia seu materiae parte, in omni individuo seu particulari, tum omnia sublateant et subcontineantur semina, tum consequenter omnium vinculoram applicationes solerti quodam artificio compleri posse; et docuimus in uno de triginta sigillis, ut generalis ista transformatio fiat et applicatio.



Vinculi generalitas seu universitas. Art. XV.
Ex hoc quod proxime dictum est sequitur amorem quo amamus, appetitum quo appetunt omnia, tum medium esse inter bonum et malum, turpe et pulchrum, tum (non ideo non turpe, non pulchrum) secundum certam communicationem et participationem bonum et pulchrum. Exsumitur enim amoris vinculum secundum rationem communem activo et passivo, qua omnia, sive agant sive patiantur sive utrumque faciant, ordinari, copulari, uniri et perfici cupiunt, quatenus natura quaedam ordinem, copulam, unionem et perfectioriem operatur, atque sine hoc vinculo nihil est, sicut sine natura nihil est. Non propterea igitur amor imperfectionem significat, ubi in materia et Chaos ante rerum perfectionem contemplatur; totum quippe quod in Chaos et bruta ilia quam excogitaverunt materia dicitur esse amor, totum dicitur simul esse perfectio; quantum vero dicitur non esse, imperfectio et inordinatio, intelligitur non esse amor. Stat ergo, ut amor ubique perfectum, et vinculum hoc ubique perfectionem contestetur. Ubi quippe imperfectum amat perfici, hoc quod amat perfici habet quidem per imperfectionem, sed non ab imperfectione, sed certe a perfectionis participatione quadam et lumine divinitatis et eminentioris cuiusdam naturae obiecto, tanto magis vivaciter quanto vehementius appetit. Altius quippe summi amore boni flagrat quod perfectius est, quam quod imperfectum. Perfectissimum ergo est illud principium, quod fieri vult omnia et quod non ad particularem formam fertur et particularem perfectionem, sed ad universam formam et ad universam perfectionem. Eiusmodi est materia per universum, extra quam nulla est forma, in cuius potentia, appetita et dispositione omnes sunt formae, et quae in partibus suis vicissitudine quadam omnes recipit formas, quarum simul vel duas recipere non posset. Et divinum ergo quoddam est materia, sicut et divinum quoddam existimatur esse forma, quae aut nihil est aut materiae quiddam est. Extra et sine materia nihil, sicut posse facere et posse fieri tandem unum et idem sunt, et individuo uno consistunt fundamento, quia simul datur et tollitur potens facere omnia cum potente fieri omnia; atque una potentia absoluta atque simpliciter (quicquid [97r] sit potentia in particulari et compositorum et accidentaria, quae sensus et mentem Peripateticorum fascinavit, cum asseclis quibusdam cucullatis), quemadmodum pluribus in his quae De infinite et universo diximus et in dialogis De principio et uno exactius, non stultam concludentes Davidis de Dinantho et Avicebronis in libro Fontis vitae sententiam ab Arabibus citatam, qui ausi sunt materiam etiam 'Deum' appellare.



Vinculorum comparatio. Art. XVI.
Vinculum omnium potissimum est Veneris et secundum genus amoris, ad cuius aequalitatem et unitatem odii vinculum primo atque potissimum refertur. Quantum quippe unum oppositorum et contrariorum secundum genus amamus, tantum alterum censequenter odimus atque spernimus. Duo hi affectus, et tandem unus ille affectus, qui est amor, omnibus dominatur (in cuius substantia includitur odium), super omnes dominatur et eos erigit, dirigit, regulat et moderatur. Hoc vinculo caetera solvuntur vincula, ut animalia vinculo Veneris constricta foeminina alias foeminas, masculina alios mares rivales non compatiantur; cibos, potus et interdum vitam ipsam negligunt, ne victa quidem absistunt, sed a fortioribus contrita eo magis insectantur, non imbres, non frigora pertimescunt. Quo argumento Aristippus corpoream voluptatem potissimumque Veneream summum bonum statuit, sed illi ante oculos homo plus animalis pro virtute propriae complexionis obiiciebatur. Hoc tamen verum est quod solertior et sagacior irretitor ex his, quae ligandus vel vinciendus amat et odit, ad aliorum affectuum vincula sibi viam sternit; vinculum quippe vinculorum amor est.



Vinculorum tempus et locus. Art. XVII.
Sicut non ubique neque semper, quamvis optima iaciantur semina, rerum propagatio consequitur, ita neque irretientia vincula perpetuo et ubique, sed apto tempore et subiectorum congrua dispositione virtutem concipiunt effectus.



Vinculi distinctio. Art. XVIII.
Vinculum pure naturale et pure voluntarium (iuxta rationem qua vulgus distinguit inter naturam et voluntatem) non datur. Voluntas enim cum intellectus participatione et intelligentia non voluntatis termino ubique viget, praeterquam ubi nihil est, ut in aliis ostentdimus locis; unde sequitur multos multa frustra disputare. In nobis secundum rationem tres sunt differentiae vinculorum (licet in una naturae radice fundentur omnia): naturale, rationale et voluntarium. Unde ex parte unam vinculi differentiam per aliam vinculi differentiam moderari nequimus. Hinc prudentum leges non prohibent amare, sed praeter rationem amare; stultorum vero sycophantiae sine ratione (rationi) rationis terminos praescribunt, naturae legem damnant; quin et corruptissimi corruptam eam vocant, quo non supra naturam tollantur heroës, sed contra naturam et infra omnem dignitatem deprimantur bestiae.



Vinculi progressio et scala. Art. XVIII.
Vinculi Cupidinisque complexio ita Platonicis completur. Primo pulchri seu boni et id genus species in sensus externos fertur, secundo in eorum centrum, qui sensus est communis, retrahitur tertio in imaginationem, quarto in memoriam. Inde anima ingenio quodam [97v] appetit, ut primo moveatur convertatur, rapiatur, secundo conversa et rapta pulchri vel boni vel veri radio illustratur, tertio illustrata et illuminata appetitu sensitivo accenditur, quarto accensa amato adhaerere concupiscit, quinto adhaerens ipsi etiam immiscetur et incorporatur, sexto incorporata iuxta pristinam formam deperditur et se ipsam quodammodo destituit et aliena qualitate afficitur, septimo in ipsum qualitatis subiectum in quod transiit et ita affecta fuit transformatur. Conversionem ad motum Cupidinis praeparationem appellant, conversionem Cupidinis ortum, illustrationem Cupidinis pabulum, accensionem Cupidinis accrementum, adhaerentiam Cupidinis impetum, incorporationem Cupidinis dominium, transformationem Cupidinis triumphum seu perfectionem.



Fulcra scalae vinculorum. Art. XIX.
Habes quo haec scala per singulos gradus innitatur. Ortus Cupidinis fit primo ex corporeis alimento, delitiis, luxibus, secundo ex anima seu spiritus illecebris et lascivis vel meliori nomine dignis meditationibus, quibus pulchrum gratia coniunctum occurrat; Cupidinis pabulum, quod ortum non facit interire, pulchri cognitio est; Cupidinis accrementum est super pulchro cognito meditatio, mora; Cupidinis impetus in eo versatur quod animus ab una amati parte ad omnes prolabitur et diffundatur, ut ex toto accendi possit; dominium Cupidinis in eo nititur quod amantis animus relicto suo corpore it et operatur in alieno; Cupidinis transformatio est tibi sibi mortuus aliena vivit vita, unde non tanquam in alieno, sed tanquam in proprio deinceps ibi consistat domicilio. Hoc est quod aiunt Iovem in taurum, Apollinem in pastorem, Saturnum in equum, et Deos alios in alias migrasse formas, quod animus ex una forma et vinculi specie in aliam affectuum motione seu turbatione transforatur.



Vinculorum conditio. Art. XX.
Sunt quaedam exteriora quac vinciunt, sicut dona, obsequia, honores, officia; sed vere vinciunt, quando non eam ferunt speciem, qua quasi pro emenda redamatione offerantur; mercaturae enim species, utilitatis et ignobilitatis species est et in vilipendium cedit.



Vinculorum proprietas. Art. XXI.
Propria haec sunt vincula et potentissima, quae sunt per approximationem contrarii, iuxta eam speciem quae nunc magis exemplo quam definitione seu nomine (quod ignotum est) explicari potest. Superbum animum vincit humilis et honorificus; eos enim amat superbus, a quo magnifieri se videt, tantoque magis quanto a maiore; maius quippe est a magnis quam a parvis magnifieri, imo et ab istis aestimari contemnere etiam solemus interdum. Vinciens circumspecte speciem qua superbus superbit tuetur. Alii enim, id est milites, in robore et strenuitate corporis primas habere volunt; ideo si primas iisdem in rerum potentia et sagacitate non tribuant, facile ferunt. Qui vero de rerum cognitione gloriantur philosophi, facillime ferunt si pectoris pro strenuitate non magnifiant. Idem iudicium est pro aliorum iniectione vinculorum.



[98r]


Vinculorum gratia. Art. XXII.
Gratitudinis speciem concupiscere faciunt vincula. Oritur quippe (ut in uno vinculorum genere inducam) inter amantes querela, ubi mutuo alterum alteri debere praesumunt; iudicat amans debitum amatae, ut animam illi ablatam restituat, ubi in proprio corpore mortuus in alieno vivit; si amans amatae minus blanditur, queritur haec quasi eam ille curet minus; queritur amans versus amatam, si * * * [abbiamo aggiunto i segni di lacuna]