di Marco Della Luna
07 Magio 2012
dal Sito Web
MarcoDellaLuna
Il FMI ha ultimamente pubblicato numeri che danno la certezza
matematica che l’Italia non può essere risanata e portata nei
parametri dell’Eurosistema:
è vero che dal 2008 al 2017 sarà leader
nell’avanzo primario, ma questo conta ben poco rispetto al fatto che
il suo
pil, in quel periodo, calerà dell’1,7%, mentre quello USA
aumenterà del 20,3, quello francese del 10, quello tedesco dell’8,8,
quello cinese del 116. Il rapporto debito/pil italiano peggiora del
13,2%.
Ciò basta a porre l’Italia fuori del circolo dei paesi del Primo
Mondo (già nella precedente fase di crescita era rimasta indietro di
molti punti dall’Eurozona e dall’America) e ad escludere che possa
rispettare il Fiscal Compact (riduzione del 20% all’anno della quota
di debito pubblico eccedente il 60% del pil).
Quindi, a breve
termine, l’Italia sarà o fuori dall’Euro, oppure governata
direttamente dai finanzieri del Meccanismo Europeo di Stabilità,
cioè di Berlino, con costi, reazioni sociali, controreazioni
repressive, potenzialmente estremi. Anche in Spagna e Grecia le
ricette “europee” (cioè quelle dettate dalla Germania a tutela del
suo c.d. “modello economico renano”), stanno portando l’economia al
disastro. E continuano a venire imposte.
Le richieste di tasse e sacrifici da parte di un governo sono
legittime se il governo dimostra che sono necessarie e idonee a un
programma realistico e utile al paese.
Quelle del governo Monti non
sono necessarie, perché il governo dovrebbe prima tagliare spese
pubbliche parassitarie e gonfiate, e non lo fa; non sono idonee,
perché, conti alla mano, non risolvono la crisi ma paiono aggravarla
con l’avvitamento fiscale; inoltre non rientrano in un programma di
interesse nazionale, anzi non si capisce nemmeno che fine stia
perseguendo il governo, date le grandezze sopra riportate.
I tagli previsti alla spesa pubblica indebita per beni e servizi
sono di 4,2 miliardi su un totale di 147, quindi è chiaro che non si
liberano risorse per investimenti produttivi né per alleggerimenti
fiscali, ma rimane intatto il sistema di produzione di consenso e
profitto partitico e mafioso mediante scialo e appalti gonfiati.
Item per le opere pubbliche, sistematicamente gonfiate.
E per la
spesa per un personale elefantiaco e poco efficiente. Tagliare la
spesa pubblica parassitaria significherebbe peraltro eliminare quel
sistema e i suoi titolari, e ciò è impossibile per un governo che
dipenda dai partiti.
Dato quanto sopra, ciò a cui sta lavorando il governo e chi lo
appoggia, con tanti tagli e tante tasse, non è, non può essere, un
piano di risanamento e rilancio del paese, che essi sanno benissimo
essere irrealizzabile; dunque è un piano con un fine diverso.
Probabilmente è un piano di liquidazione del paese (ossia di
raccolta e distribuzione tra potentati esterni ed esterni dei valori
in esso presenti:
risparmio, proprietà private e pubbliche) e al
contempo di sua collocazione, in posizione subalterna, entro una
nuova architettura “europea” di poteri reali e formali, con un ampio
haircut dei diritti e delle garanzie civili, politici, fiscali,
sindacali; e con forte compressione fiscale e bancaria delle piccole
imprese italiana, onde far posto nel mercato italiano ad imprese
straniere.
Remunerando l’appoggio parlamentare dei partiti politici con la
conservazione dei loro privilegi e feudi, si tiene insieme il paese
per il tempo necessario a liquidare i suoi assets e a completare il
lavoro di ingegneria sociale.
Poi, quando il paese salta, lo si fa
cadere in una gabbia appositamente predisposta. Questo mi pare lo
scenario più verosimile, anche se spero di sbagliarmi.
Come previsto da Paul Krugman già nel 1991, continua la
meridionalizzazione (desertificazione industriale) della periferia
europea, ossia continua il processo di concentrazione dei capitali e
delle competenze nelle aree, perlopiù tedesche, dove il capitale e
le competenze rendono di più, e dove realizzano surplus commerciali
che consentono, da un lato, di aumentare il gap di efficienza
sistemica, con un continuo calo del costo comparato del lavoro tra
Germania e
PIIGS (feedback positivo, anziché correttivo, del mercato);
e dall’altro lato di fare shopping di assets nei paesi periferici - shopping ulteriormente favorito, se questi paesi svalutano uscendo
dall’euro.
Monti e molti altri lavorano a questo processo di riforma
del sistema-europa, processo infrastrutturale rispetto a quello
sovrastrutturale della riforma giuridica che dissolve gli stati
nazionali.
Per tali ragioni, è strutturalmente prevedibile che l’eurosistema si
rompa a breve, e a quel punto è interesse dei PIIGS sciogliersi
anche dal Mercato Unico, al fine di poter adottare misure protettive
contro il take-over dei capitali tedeschi e altre forme di
imperialismo e colonizzazione depredante.
In tale scenario, è ovvio che i cittadini ritengano che le tasse
siano non solo eccessive, ma anche contrarie agli interessi della
nazione, perché esse vanno a sostenere un’operazione di quel tipo.
Se uscire dall’Eurosistema è inevitabile, tanto vale uscire al più
presto, prima che il processo di demolizione dell’economia nazionale
produca ulteriori danni, e con ancora qualche soldo in tasca. Se ci
lasciamo portar via le ultime risorse, dopo saremo in balia del
capitale dominante sostanzialmente tedesco, mentre anticipando i
tempi potremmo ripartire i danni con i paesi amici.
Il popolo e le
imprese hanno quindi interesse ad attivarsi per sventare il disegno
di liquidazione del paese, rovesciando il tavolo. E a ricordare alla
Germania che il Nazismo e la II GM sono conseguenza dell’austerità
imposta ad essa stessa per il pagamento dei suoi debiti.
In termini di senso comune, Monti può essere considerato un nemico
dell’Italia perché fa interessi stranieri contro quelli italiani.
Però a livello più profondo egli, come pure Napolitano, sta
semplicemente assecondando un processo oggettivo, impersonale,
probabilmente inevitabile.
Hollande potrebbe allearsi con Berlino concordando di appoggiare la
politica economica che Berlino sta imponendo agli altri nel proprio
interesse, in cambio di una partecipazione al “bottino” di surplus e
di shopping estero che Berlino sta realizzando e realizzerà.
Ossia
può accordarsi per spartirsi l’Europa con la Germania, inserendo il
nord-est della Francia nella grande area industriale centro-europea
che assorbe i distretti industriali periferici.
In ogni caso, conviene prepararsi a un cambiamento valutario, quindi
alla probabilità che i depositi bancari e gli altri crediti
denominati in Euro siano convertiti in Lire o altra valuta, con una
forte svalutazione rispetto all’Euro e con una perdita di potere
d’acquisto.
Contromisure preventive, oltre all’emigrazione, sono,
-
spostare i depositi in un idoneo paese estero (Svizzera, per
esempio)
-
convertire i depositi da Euro a valute forti, con scarso
debito pubblico
-
investire in valori sganciati
dalla valuta italiana
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