di Mark Lawrence Schrad

02 Marzo 2017

dal Sito Web ForeignPolicy

traduzione di Nicoletta Marino

Versione originale in inglese

Versione in spagnolo

 

 

 

 

 

 

 

La Russia non è una minaccia mondiale,

e nemmeno una superpotenza moribonda

secondo le sempre più isteriche fantasie degli Stati Uniti.

 

 

 

L'isteria degli Stati Uniti sul Presidente russo Vladimir Putin sta aumentando, e non c'è ragione alcuna per pensare che la febbre si abbasserà presto.

 

Per quanto riguarda questo punto bisogna dire che è solo in parte correlato alle accuse che Putin ha fatto al Presidente Donald Trump definendolo "burattino", o che Trump - o il Procuratore Generale Jeff Sessions, o un numero qualsiasi di altri funzionari dell'amministrazione - siano conniventi con gli oligarchi russi.

 

Avete sentito forse parlare della morte dell'ambasciatore russo all'ONU, Vitaly Churkin? Si tratta di tutti nefasti intrighi del Kremlino - o è questo quanto raccontano.

 

Di fatto, recentemente una grande quantità di diplomatici russi sono morti - Non è sospetto?

 

Non ricercate adesso , però mentre si era ossessionati per l'eversione della Russia nella società americana per mezzo della guerra psicologica, può esservi sfuggito che la Russia sta espandendo la sua influenza in Siria.

E' probabile che dobbiamo darci per vinti: la Russia "adesso dirige il mondo."

 

Con questa magniloquenza che domina il discorso politico americano i cittadini e gli esperti sono preoccupati (e a ragione) della possibilità della concorrenza geopolitica della Russia.

 

Però, il regime di Putin è realmente una minaccia così presente dappertutto come vogliono farla apparire?

 

Il commento occidentale sulle ambizioni del Cremlino in politica estera tende a dividersi in due campi opposti, e ognuno parte da un diverso punto di vista: uno inizia con la politica estera e l'altro con la politica interna.

 

Tutti e due propendono all'esagerazione visti i loro commenti e le loro conclusioni, anche se vanni in direzioni diverse. E non sono utili per comprendere o far corrispondere alla realtà, le ambizioni russe.

 

Il primo campo lo chiamo "Putler," una mescolanza tra Putin e Adolf Hitler, i due leader a cui accostano la figura di Putin i commentatori occidentali.

 

In gran parte derivato dall'annessione russa della Crimea del 2014, e all'intervento nel Donbass, questo punto di vista dipinge la Russia come la principale minaccia per la democrazia liberale:

Una reincarnazione terribile, aggressiva, espansionista e revanscista dell'Unione Sovietica, addossando a Putin i peggiori eccessi di autoritarismo.

Con le radici affondate in analogie storiche del 20° secolo, in particolar modo nella II Guerra Mondiale, questo campo descrive implicitamente uno scontro militare:

Qualsiasi altra cosa, comprese le sanzioni economiche, sono atti da pusillanimi, un'accondiscendenza alla Chamberlain, per riportare alla memoria "il paragone hitleriano”.

Un'altra analogia storica scelta dai seguaci di Putler è la Guerra Fredda.

 

Per molti osservatori, è un fatto che stiamo già cercando di risolvere con una "Guerra Fredda 2.0" vita o morte (si dimenticano di menzionare l'ideologia del Comunismo, la strade delle armi nucleari, il reale equilibrio di potere, la concorrenza globale di server proxy o un qualsiasi altro elemento proprio della Guerra Fredda originale).

 

Il recente riferimento fatto alla Russia come una "minaccia globale comandata da un uomo che è minaccioso” riportato dal portavoce Paul Ryan, è il centro di questa scuola di pensiero, ed anche la sua replica che parla delle sanzioni del Presidente Barack Obama definite "una politica troppo pacifica”.

 

Passando dalle ambizioni geopolitiche alla politica interna della Russia, la visione Putler del mondo tende a mettere in risalto il consolidamento del controllo autocratico di Putin, le elezioni fraudolente, le sue vessazioni e uccisioni dei giornalisti all'opposizione, restrizioni delle libertà civili, e l'uso della disinformazione con i mezzi statali per disorientare e controllare il pubblico.

 

E' un ritratto di un Putin totalitarista con la sfrenata intenzione di usare come arma "l'assurdo e l'irreale".

 

Queste valutazioni sfiorano spesso l'isteria, ma pensate che attirano una gran quantità di uso in Internet. All'opposto della gamma di vedute di Putler del mondo troviamo il campo della "morte dell'orso".

 

Questo punto di vista non considera la Russia come una minaccia. I suoi seguaci predicono la crisi, la corruzione e la decadenza.

 

La parola prende spunto dagli esperti demografici, sfiduciati dalle tenui prospettive della salute della Russia però si potrebbero ragionevolmente includere le sue limitazioni politiche, sociali e economiche.

 

Per essere sicuri, le statistiche sulla salute e quelle demografiche della Russia, sono molto arretrate rispetto quelle dell'Europa Occidentale e degli Stati Uniti, con tassi di mortalità relativamente alti, quelli di fecondità relativamente bassi, e l'aspettativa media di vita alla pari con i paesi poveri africani.

 

A breve e lungo raggio questo significa il declino demografico:

Meno Russi significa meno contribuenti,, un numero di reclute più basso e un minor numero dei mezzi di stato. Tutto questo porta a una potenziale decrescita della Russia.

C'è un gruppo di altre limitazioni nel potenziale della Russia per la crescita economica futura:

  • una economia poco diversificata condannata da un eccesso di fiducia nell'estrazione delle risorse

  • uno sfruttamento pesante, sistematicamente corrotto e una crescente burocrazia statale che impedisce l'iniziativa industriale

  • ritardo tecnologico

  • una sistema politico cleptocratico, che premia il clientelismo e penalizza lo sviluppo.

Senza la diversificazione economica e la libertà, ci dicono, l'economia della Russia è arrivata a "toccare il fondo".

 

Soffrendo sotto il peso delle sanzioni occidentali e i prezzi bassi del petrolio a livello mondiale, Il Ministero dello Sviluppo Economico russo non prevede nessun miglioramento reale delle condizioni di vita fino al 2035.

 

Per alcuni della posizione dell'Orso Moribondo, l'aggressione della politica estera della Russia - incluse le sue incursioni in Ucraina e Siria - è solo un tentativo di Putin per distrarre i Russi patriottici dalla miseria in cui versano e far si che si uniscano sotto la bandiera del patriottismo visto che non può dare legittimità al rendimento associato alla crescita economica, dal decennio del 2000, spinta dia prezzi mondiali del petrolio.

 

La prospettiva dei Putler esige uno scontro, mentre quella di Orso Moribondo è incline all'amministrazione o emarginazione se non addirittura lo scollegamento:

Perché preoccuparsi di prendere seriamente la cosa se la Russia è ad ogni modo condannata?

Le sprezzanti dichiarazioni pubbliche del presidente Obama sulla Russia essendo nel migliore dei casi una "potenza regionale", o un "paese più debole" che non produce niente che valga la pena di comprare”, eccetto petrolio e gas e armi", e che i suoi interventi internazionali nascono "non dalla forza, ma dalla debolezza" son un riflesso della posizione portata avanti da Orso Moribondo.

 

La realtà ovviamente si trova in qualche posto tra questi due estremi.

 

La Russia non è proprio la minaccia globale che molti temono, e non è nemmeno condannata allo sfacelo. La forza geopolitica della Russia è di fatto limitata dalle sue debolezze demografiche, economiche, sociali e politiche ma non sono così catastrofiche perché sono fatte per essere così.

 

Oggi i Russi sono più sani e vivono più a lungo di sempre.

 

Nonostante il fatto che avere sempre meno donne fertili fa presagire un calo demografico a largo raggio, con le nascite che superano le morti, la popolazione della Russia ha registrato recentemente una crescita naturale per la prima volta dalla caduta del Comunismo.

 

Economicamente, il rublo si è stabilizzato dopo il collasso alla fine del 2014, e la recessione dal 2014 al 2015, statisticamente è terminata.

 

La Russia comunque non è fuori pericolo visti i prezzi bassi del petrolio che portano ad una diminuzione delle entrate dello Stato e i pochi investimenti dei privati sono prevedibili per il futuro e questo significherà inevitabilmente una stagnazione e una crescita bassa.

 

La prestazione economica della Russia è intimamente legata alla spesa pubblica tale che una qualsiasi riduzione della spesa nonostante la diminuzione delle entrate del petrolio, potrebbe ripercuotersi su tutta l'economia.

 

E l'economia in ultima istanza, limita le sue scelte politiche. Anche se le tattiche geopolitiche di Putin in Ucraina e Siria possono aumentare i suoi indici di gradimento fanno però aumentare la povertà e i salari non pagati, il che sta alimentando un notevole indice delle proteste dei lavoratori in tutto il paese.

 

Sebbene attualmente è manovrabile, il Cremlino dovrà affrontare queste situazioni socio economiche per mantenere la tranquillità interna, limitando le sue risorse per l'avventura all'estero in Siria, in Ucraina e oltre per non parlare degli investimenti per avere cura della salute, dell'educazione, della scienza e delle infrastrutture.

 

La Russia non può seguire tutto.

 

Quindi, nonostante il suo elevato livello di intromissione negli affari americani in un futuro vicino, la Russia è pronta a continuare uscendo fuori dalla stagnazione economica e demografica che limitano le sue ambizioni geopolitiche.

 

Come era prevedibile, la Russia del 2020 assomiglierà di più alla Russia del 2012 o 2016 invece dell'Unione Sovietica espansionistica del 1944 della Unione Sovietica al collasso del 1991.

 

Di conseguenza, la politica estera degli Stati Uniti verso la Russia non deve essere vista come la militarizzazione e il conflitto del campo Putler e nemmeno l'emarginazione come la vede il gruppo dell'Orso Moribondo ma un rispettoso compromesso, riconoscendola interrelazione degli interessi strategici vari della Russia che può entrare in conflitto con Washington.

 

Il problema è che la stasi purtroppo non è un pronostico particolarmente attrattivo, il che significa che non è qualcosa che si è fatto con frequenza. Ci sono due ragioni: primo fra tutti è che non si comprendono bene le sfumature del governo russo.

 

La maggioranza degli esperti conoscono la democrazia liberale e - se crediamo nella democratizzazione delle borse di studio (e ci sono buone ragioni per lo scetticismo, soprattutto nell'epoca di Trump) - che le democrazie una volta "consolidate" sono forti e durature, capiamo anche perché le autocrazie possono essere ragionevolmente stabili.

 

Basta vedere la longevità del regno di Fidel Castro a Cuba o la dinastia Kim nella Corea del Nord.

 

Però è più difficile comprendere un sistema di governo come quello della Russia attuale che non è totalmente democratico né autocratico.

 

Per lungo tempo, i teorici della democratizzazione hanno avuto difficoltà questo tipo di sistema che non è né "democrazia non liberale" né "regimi autoritari competitivi" come la Russia che combinano elementi democratici e non.

 

Se la democrazia liberale è intesa come un ottimo punto di fine, allora è comprensibile supporre che la Russia è solo "bloccata" in una transizione invece di aver raggiunto un qualcosa come un equilibrio stabile.

 

Poi, essendo perseguitati dalla leggendaria impossibilità di previsione dei cremlinologi, uno degli eventi geopolitici più significativi del 20 secolo - il collasso del comunismo e dell'Unione Sovietica - gli osservatori della Russia adesso sembra che siano ipersensibili a qualsiasi pista economica o sociale che possa far presagire problemi per il regime di Putin.

Con un nuovo protagonismo della Russia nel discorso politico degli Stati Uniti, è necessario contare su una sobria valutazione delle capacità e limitazioni del paese.

 

La Russia non è né il mostro né il grande canestro che vogliono far apparire.

 

Occorre una politica ben ragionata sulla Russia per soffocare l'isteria il tempo sufficiente per riconoscere tutto questo e poi partecipare di conseguenza.