Prof. Rodrigue Tremblay
14 Luglio 2011
dal Sito Web GlobalResearch

traduzione Nicoletta Marino

Versione originale

 

 

 

Il dr. Rodrigue Tremblay è professore emerito all’Università di Montreal e ex ministro dell’Industria del governo del Quebec. E’ l’autore del “Code for Global Ethics,: ten humanist Principles”.
Guardate il libro nel sito TheCodeForGlobalEthics.com/
Inviate contatti, commenti o richieste di riproduzioni commerciali (in inglese, o in francese) a: bigpictureworld@yahoo.com

 

 

“Se non potete spiegare la cosa con semplici parole, non l’avete ancora capita bene”.
Albert Einstein (1879-1955), fisico tedesco nato in Germania e professore Premio Nobel 1921.

“Comunque vada, ogni nuova generazione paga i propri debiti. Un principio che se attuato potrebbe salvare dalle guerre del mondo”.
Thomas Jefferson (1743-1826), terzo Presidente degli Stati Uniti (1801-09)

"Dopo aver visto la gente di tutte le altre nazioni messi in ginocchio dalle guerre e dalla liberalità dei loro dominatori, io ho coltivato i loro opposti: pace, economia e liberazione dal debito pubblico credendo che queste era la giusta strada per la prosperità pubblica e privata e per la felicità.”.
Thomas Jefferson (1743-1826), terzo Presidente degli Stati Uniti (1801-09)

 

Il 4 luglio, l’agenzia di credito Standard & Poor chiamata Grecia,è un paese de facto in bancarotta.


Nessuna leggerezza, offuscamento, riorganizzazione del debito e nessun salvataggio “innovativo” può nascondere il fatto che il difettoso governo dei 17 membri dell’Eurozona ha permesso ai suoi membri di sottostare al canto delle sirene di un eccessivo ed improduttivo indebitamento, seguito da una mancanza del pagamento dei debiti accompagnato da costi di prestiti altissimi e schiaccianti.

La Grecia (11 milioni di abitanti) infatti ha abusato della credibilità che proveniva dall’essere membro dell’Eurozona. Nel 2004, infatti, il Governo greco intraprese un massiccio sperpero di spese per ospitare I Giochi Olimpici estivi che sono costati 7 bilioni di Euro($ 12.8 bilioni).


Poi dal 2005 al 2008, lo stesso governo di andare avanti con lo sperpero di spese, questa volta acquistando da fornitori stranieri ogni tipo di armamenti di cui aveva estrema necessità. Accumulare un grosso debito estero dell’ammontare di $533 bilioni (2010) sembrava fosse una facile via d’uscita. Ma presto o tardi il conto andava pagato e non si è potuto più nascondere il gravoso debito.

L’odierna situazione difficile della Grecia (e di quegli altri paesi europei come Spagna, Portogallo, Irlanda ed anche Italia) non sono dissimili da quella da cui l’Argentina ha dovuto uscire una decina di anni fa. Ad ogni modo, un membro non in salute in una unione monetaria di qualsiasi tipo, porta ad un eccessivo indebitamento straniero seguito da una fuga di capitali e da una schiacciante rovinosa contrazione monetaria del debito.


Nel caso dell’Argentina, il paese decise di adottare il dollaro americano come sua valuta, anche se i livelli di produttività in Argentina erano un terzo di quelli degli Stati Uniti.


Un tasso fisso artificiale di 1 peso = 1 dollaro ha aiutato a tenere per dieci anni prima dell’inevitabile collasso.


Infatti, l’essere membro di una unione monetaria e l’adozione di una valuta comune per un gruppo di paesi può essere un potente strumento per stimolare la crescita economica e produttiva, con una bassa inflazione, quando quell’unione monetaria sono ben disegnate strutturalmente, ma possono anche diventare un incubo economico quando non lo sono.

fortunatamente per molti membri europei più poveri dell’Unione monetaria europea, le regole per una effettuabile unione monetaria non sono state seguite, e la loro rivelazione con il passare degli anni, altrettanto deplorevole, non avrebbe dovuto essere una grande sorpresa per nessun intenditore di finanza internazionale.

Quali sono queste regole per una unione monetaria stabile e fattibile con una valuta comune?

  1. Per prima cosa e innanzitutto, i paesi membri dovrebbero avere delle strutture economiche e dei livelli produttivi di lavoro che siano paragonabili, per far sì che la valuta comune non sia supervalutata o sottovalutata più e più volte dipendendo dall’economia di ogni singolo membro.

     

    L’alternativa è avere un alto grado di mobilità di lavoro tra le economie regionali in modo che i livelli di disoccupazione non rimangano indebitamente alti nelle regioni meno competitive.


     

  2. Secondo: anche se una sola delle due condizioni sopra citate non sussiste (come di solito avviene, nella vita reale , le unioni monetarie sono raramente “Aree di valuta Ottima”), l’unione monetaria deve essere capitanata da una forte entità politica, possibilmente da un sistema federale di governo, che sia capace di agevoli trasferimenti dei fondi fiscali da un surplus di economie a quelle deficitarie con forme diverse pagamenti.

     

    Questo per impedire distorsioni politiche ed incertezze quando gli standard di vita raggiungano un surplus delle economie regionali e si cada in un deficit regionale delle economie.

     

    Infatti, visto che le valute di cambio regionali non possono essere regolate in più o in meno per indirizzare di nuovo la bilancia dei pagamenti di ogni paese membro, e visto che la legge di un prezzo si applica dappertutto nella zona monetaria, queste si affidano alle fluttuazioni dei livelli di entrate e di impiego come a dei grandi meccanismi di adattamento degli sbilanciamenti esterni.

     

    Questo può rivelarsi un duro rimedio. In verità un sistema così di entrate o di quantità di riadattamenti come adattare i prezzi è qualcosa che ricorda come si era soliti lavorare nel 19 secolo sebbene con una inclinazione alla deflazione, con l’eccezione che ci si aspettava di avere prezzi e entrate con inflazione in surplus nei paesi, e una deflazione di deficit causate dalle espansioni di denaro nelle economie in surplus e contrazioni di denaro nelle economie in deficit.

     

    In una unione monetaria più o meno formale, ci si trova con inflazione nelle entrate e deflazione mentre la banca centrale mantiene il controllo del livello di tutti i prezzi.


     

  3. La terza condizione per il funzionamento di una unione monetaria è di godere di movimenti liberi del capitale finanziario e bancario all’interno della zona. Questo per assicurare che le valute interessate siano coerenti all’interno della zona stessa, regolato per un fattore di rischio, e che i progetti produttivi abbiano accesso alle sovvenzioni dovunque essi si attuino.

     

    Negli Stati Uniti per esempio, il mercato dei più alti fondi di liquidi permette alle banche temporaneamente in deficit un controllo di compensazione per prendere in prestito fondi a breve termine da banche che si trovano in una posizione di surplus.

     

    In Canada, le grandi banche nazionali hanno filiali in tutte le province e possono facilmente trasferire i fondi dalla filiali in surplus a quelle in deficit senza incidere sui loro crediti o operazioni di prestito.


     

  4. Una quarta condizione è avere una banca centrale in comune che tenga conto non solo dei livelli di inflazione ma anche della reale crescita e dei livelli di impiego nelle sue decisioni riguardo alla politica monetaria.

     

    Questo tipo di banca centrale dovrebbe essere atta ad agire come un prestatore in ultima analisi, non solo alle banche ma anche ai governi della zona.

Sfortunatamente l’Eurozona ha fallito spesso incontrando alcune delle più fondamentali condizioni per il funzionamento di unione monetaria.

Guardiamole una ad una.

  • Primo, i livelli di produttività lavorativa (produzione per ora di lavoro) varia sostanzialmente tra gli stati membri. Per esempio nel 2009, se il livello dell’indice di produttività in Germania era 100, in Grecia era solo il 64,4, quasi un terzo più basso. In Portogallo ed Estonia per esempio, era rispettivamente anche più basso tra il 58 e il 47. Questo significa che l’euro, come valuta comune, può sembrare svalutata in Germania ma sopravvalutata per molti altri membri dell’Eurozona, stimolando la rete delle esportazioni nel primo caso ma andando a colpire male la competitività degli altri paesi membri.
     

  • Secondo, e possibilmente uno dei più importanti requisiti, l’Eurozona non ha il sostegno di una forte e stabile unione politica e fiscale. Questo permette trasferimenti fiscali tra gli stati membri che devono essere fatti con decisioni politiche ad hoc, e questo crea incertezza. Infatti, no ci sono dei meccanismi permanenti di pagamenti equanimi tra forti e deboli economie all’interno della zona. Perciò possiamo dire che non esiste una solidità economica permanente all’interno della zona.
     

  • Terzo: i progettisti eletti dell’Eurozona per limitare la Banca Centrale Europea ad un suo ruolo strettamente definito, hanno come principale obbligo quello di mantenere la stabilità dei prezzi mentre non hanno responsabilità nella stabilizzazione di tutta la macro economia della zona e di prevenirla se fosse il caso se i governi creassero denaro. Per questa ragione possiamo dire non c’è nell’Eurozona una solidarietà finanziaria istituzionale.
     

  • Infine, anche se la mobilità ed il lavoro dell’Eurozona è alta, storicamente è molto meno sicura rispetto al caso della unione monetaria americana.

Guardando indietro, sembra che la creazione dell’Eurozona nel 1999 sia stata più una mossa politica che un progetto monetario economico ben pensato.
 

Grande sfortuna perché una volta i membri più della zona iniziavano la loro morosità con i loro debiti ed avevano la possibilità di riconvertire le loro valute; lo shock finanziario avrà delle reali conseguenze economiche non solo in Europa ma in tutto il mondo.

Molti economisti pensano che la migliore cosa per la Grecia e per il resto della UE sarebbe progettare una” regolare default” del debito pubblico greco che permetterebbe agli Ateniesi di allontanarsi dall’Eurozona e simultaneamente di reintrodurre la loro valuta nazionale, la dracma, ad un tasso rivalutato. Questo per prevenire una prolungamento della depressione economica greca.

Rifiutando di accettare l’ovvio, i.e. un ” regolare default”, si compiacerebbero i creditori bancari della Grecia, ma si danneggerà fortemente la sua economia, i laboratori ed i cittadini. E’ per questo che esiste la legge sulla bancarotta, i.e. per liberare i debitori dall’impossibilità di ripagare i propri debiti.

comunque, la nazione più indebitata del mondo non è la Grecia, ma gli Stati Uniti.

Permettetemi per concludere di dire quanto segue:

se i politici americani non smettono di fare giochi politici con l’economia, un gran numero di Americani nei prossimi mesi ed anni andranno a soffrirne e questo coinvolgerà altri paesi.

Europa e Stati Uniti, ambedue in subbuglio, questa sì sono brutte notizie per il mondo economico.