28 Gennaio 2015 dal Sito Web GazzettaDelApocalipsis traduzione di Nicoletta Marino
Oggi mi è successo qualcosa di orribile.
Mi hanno detto che sono una pera. Si, si, proprio così. Sono una povera pera.
Sembra che noi donne siamo classificate secondo la forma del nostro corpo e delle sue proporzioni.
Se hai spalle larghe e fianchi stretti, sei una mela. Se invece hai poco seno e fianchi larghi sei una pera. Se sei magra e sei una donna con poche curve allora sei …una banana!
E se hai seni e fianchi di misura media e un giro vita molto marcato, allora sei una clessidra!
Quindi, risulta che dopo decine di millenni di evoluzione umana, secondo questo dire, una cameriera non è altro che una volgare pera!
E colmo dei colmi… essere una pera non va bene! Molto male! L’ideale è essere una clessidra. Quindi devo vestirmi per dissimulare e “nascondere” la vera forma del mio corpo e apparire come una clessidra (che è quello che va bene).
Allora devo usare reggiseni imbottiti, giacche con spalline, scollature a V ed evitare pantaloni o gonne strette.
Il mio ragionamento sembra assurdo no?
Però per me, per molti anni, è stata una verità assoluta che era indice di come mi vedevo nello specchio, di come mi vedevano gli altri e di quale abito dovevo indossare ogni giorno. Credevo proprio che era veramente una pera, è ho impiegato tempo a ripristinare la salute mentale e a rendermi conto che ciò che credevo non aveva nessun senso.
Per prima cosa, non sono un frutto, sono una donna, una donna con le sue virtù, i suoi difetti, i suoi dubi, la sua personalità, la sua storia e le sue idee.
La seconda cosa:
Se fossi nata all’epoca del Rinascimento, il mio corpo rientrerebbe perfettamente nel canone della bellezza del tempo.
Gli artisti dell’epoca pagherebbero oro per dipingere il mio corpo a pera nella sua nudità, natura e splendore; e le “clessidre” morirebbero di invidia e cercherebbero di apparire una pera come me, indossando stretti corsetti e voluminose crinoline.
Con questo esempio non sto dimostrando quanto siano stupidi i canoni di bellezza o le infinite forme con cui cercano di creare complessi nelle donne.
Dico quanto sia facile metterci un’etichetta e di come lo permettiamo, di come interiorizziamo e assimiliamo quest’etichetta per poi passare ad un’altra e un’altra ancora.
Puttana, negro, checca, calvo, fallito, povero, coglione, ciccione, volgare, vecchio, casalinga stupida, terrorista, pidocchioso, camionista, brutta, effeminato.
Senza dubbio fa male essere etichettati con uno di questi appellativi che non ti fanno ricordare chi dovresti essere o come dovresti essere; che dovresti sembrare un’altra persona o un’altra cosa.
Però in fondo è molto più triste e patetica la reazione che siamo soliti avere di fronte a questi attacchi.
Pensiamo per esempio ad un uomo etichettato come “fallito” che nel linguaggio del nostro Sistema significa “non aver denaro o potere”.
Quale sarebbe la reazione più logica?
La cosa più logica sarebbe che quest’uomo, in un modo o nell’altro, si difendesse dicendo
Eppure, questa reazione non è la più abituale.
In questo caso, la cosa più probabile è che questo nostro ipotetico fallito corra a richiedere un prestito e a comprare qualche oggetto che lo faccia apparire più di successo, più potente; che lo faccia imitare a un giocatore di calcio o a un fortunato uomo d’affari.
In realtà continua ad essere un triste mortale, uno schiavo con l’illusione che il nuovo Iphone X lo farà sembrare un uomo libero.
E cosa succederebbe con una ipotetica donna che è definita “puttana” perché usa a suo piacimento il sesso? Mi farebbe piacere ascoltare questa donna rispondere con fermezza, che il suo corpo è suo e che il valore di una donna non dipende da quello che decida di fare della sua vita sessuale e personale.
Eppure è probabile che la donna in questione reagisca chiamando altre donne puttane, cagne e troie nell’intento di dimostrare quanto lei sia decente e santa. Si , I due casi che ho riportato sono molto semplici e sembrano due autentiche stupidaggini.
Però queste stupidaggini hanno delle conseguenze gravi e profonde…
Il comportamento dell’uomo del primo esempio, riportato su larga scala, genera ingenti benefici alle corporazioni, che raggiungono quote di denaro e potere inimmaginabili grazie ai nostri complessi, ai nostri mezzi e al nostro affanno di apparire ciò che non siamo.
E la reazione della donna del secondo esempio, ripetuto a livello di massa, si auguro solo che le donne continuino a essere divise e nemiche tra loro; e ciò che è peggio è che ci giudichiamo l’una con l’altra per qualcosa di così sacro come la libertà sessuale.
Questo ci impedisce di non essere più in secondo piano e di abbandonare la posizione di schiave sottomesse ed obbedienti dove la società ci ha sempre tenuto relegate.
Sia chiaro che non sto colpevolizzando nessuna di queste persone.
Sia lui che lei, come la maggior parte di noi, è cresciuto sotto la pesante pietra di chi ci circondava e hanno una programmazione mentale forte che li fa reagire in quel modo. Inoltre hanno una autostima troppo ferita che non rende chiara la visione di una persona e impedisce di ragionare correttamente.
Però la realtà è che quest’uomo e questa donna, senza esserne coscienti, e senza nemmeno volerlo, stanno alimentando due bestie: il potere delle multinazionali e il macismo.
E la cosa peggiore è che queste due conseguenze sono solo la punta dell’iceberg.
Perché le etichettature ci rendono deboli, codardi, ci dividono, mentre cambiare questo mondo che nemmeno ci piace richiede coraggio, forza e unione.
La cosa peggiore è che: ci spersonalizzano, ci tolgono quel poco che abbiamo di esseri umani. Ci trasformano in caricature, in archetipi, in satirici personaggi di questo assurdo e burlesco teatro che è la società in cui viviamo.
Senza un patrimonio, senza un passato, un presente e un futuro. Senza identità, senza idee proprie, senza personalità, senza sogni, senza libertà, senza amore, senza volontà, senza destino.
E così
Facciamo allora uno sforzo collettivo.
Abbandoniamo questo uragano di stupidità e di ipocrisia e smettiamola di mettere un’etichetta sull’altra che ci hanno affibbiato o mettendole agli altri. Dobbiamo strapparle, buttarle per terra, pestarle con tutte le nostre forze e bruciarle per sempre.
Togliamoci questa benda fatta di pregiudizi e apparenze che portiamo sugli occhi, e guardiamo il mondo reale, il nostro mondo:
Per quel che mi riguarda, già da molto tempo mi sono risvegliata da quell’insana cecità e ho smesso di vedere me stessa come una pera.
E ho smesso anche di guardare le altre donne come banae, mele o clessidre. Ho iniziato a vederle solo come donne, o meglio come persone.
Ho iniziato a vedere sguardi, sorrisi, tenacia, energia, forza; compagne di lotta per cambiare la direzione deviare di fronte a questo macello dove ci stanno portando silenziosamente.
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