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La natura di associazione mafiosa era stata negata in primo grado, ma riconosciuta in Corte d'Appello, con sentenza dell'11 settembre 2018, a riprova dell'esistenza di un contrasto interpretativo non ancora sufficientemente definito.
Ne sono segno evidente le polemiche seguite alla sentenza della Cassazione, anche per il tipo di pronuncia adottata, l'annullamento senza rinvio, se non per la rideterminazione della pena, che sarà necessariamente più lieve in conseguenza della meno grave tipologia di reato.
Polemiche dettate anche dalla indiscussa presenza, all'interno della complessiva attività di quella associazione di episodi, oltre che di corruzione di pubblici funzionari ed esponenti politici, anche di intimidazione e di violenza ad opera del suo protagonista, Massimo Carminati, di cui è ben nota la pregressa appartenenza criminale alla banda della Magliana.
Altra conseguenza di non
poco rilievo è la sopravvenuta carenza delle condizioni normative
che legittimano l'applicazione del regime detentivo speciale
previsto dall'art. 41 bis dell'ordinamento penitenziario, riservato
ai soli indagati e condannati per reati di mafia e terrorismo.
Sarà necessario pertanto ritornare sull'argomento per un più approfondito esame della questione, mentre si può sin da ora affrontare il problema di una rivisitazione critica della legislazione adottata nel settembre del 1982 con la legge 13 settembre n. 646, (legge meglio nota come Rognoni-La Torre), che fece seguito agli omicidi dell'on.
Pio La Torre del 30 aprile e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa del 2 settembre di quell'anno.
Il termine mafia entrò per la prima volta nel nostro codice penale e, da allora, caratterizzò la nostra legislazione in tema di contrasto alle associazioni mafiose e di tipo similare:
La nuova norma servì sicuramente a definire un fenomeno associativo che, oltre agli aspetti organizzativi e finalistici, si giovava del "metodo mafioso" costituito,
...metodo sicuramente
estraneo a quello delle comuni associazioni a delinquere, operanti
al fine di commettere serie indeterminate di reati di qualsiasi
genere.
Oggi al controllo del territorio si accompagna e spesso si sostituisce il controllo "funzionale" di settori di attività (ad esempio quello del ciclo del cemento) di settori merceologici:
Ne sono esempio le nuove definizioni di "agromafie", "ecomafie", e via dicendo.
Oltre a ciò, nel corso degli anni Novanta le mafie di matrice italiana, si sono diffuse su tutto il territorio nazionale, prima, e su quello europeo ed internazionale dopo.
Oggi sono presenti in
ogni parte del mondo, e dominano dal mercato delle droghe di
qualsiasi tipo, a quello delle armi, delle scorie tossiche e
nucleari, a quello, più recentemente, della tratta degli esseri
umani.
Le une e le altre, nel
giro di qualche decennio, si sono collegate e diffuse in Europa e
nel mondo con grande rapidità, hanno affiancato, senza indebolire e
tanto meno sostituire, le mafie tradizionali, hanno insomma
"unificato" il mondo, secondo la logica della globalizzazione
criminale, favorite in questo dalla caduta del Muro di Berlino e
dalle conseguenti liberalizzazioni, dall'espansione delle
comunicazioni e da strumenti informatici via Internet.
I caratteri comuni della
criminalità transnazionale mafiosa e terroristica, divennero più
evidenti e la ricerca di punti di contatto assai più agevole, a
differenza di quando i fenomeni tradizionali di tipo mafioso degni
di questo nome erano limitati alla nostra penisola, mentre quelli di
tipo "terroristico", accomunati da matrice e finalità di tipo
politico, al di là delle diversità anch'esse profonde di
organizzazione, di metodo, di finalità, che pure caratterizzavano
ciascuna di loro, si manifestavano in tempi, circostanze ed
intensità diverse, tanto da impedire un'analisi congiunta in grado
di coglierne le analogie strutturali che pure esistevano.
L'atto di intimidazione mirata è usato sempre meno e solo in casi di stretta necessità.
Serve ancora come richiamo alla memoria storica della tradizionale capacità di intimidazione (una sorta di capitale sociale, facilmente spendibile, già sufficiente a piegare la resistenza delle vittime.
Si tratta in questo caso di quella che può definirsi "intimidazione ambientale").
Molto più efficace risulta essere l'uso della corruzione; è meno eclatante, non desta allarme sociale, crea cointeressenze con le vittime. Ricatto, usura ed altri tipi di violenza ne sono il versante economico, non più a vantaggio, ma in danno delle vittime.
A scanso di equivoci, non si intende con questo sottovalutare l'attuale capacità intimidatoria delle mafie, ché anzi quanto più sono silenti, tanto più sono pericolose.
Sono infatti esse stesse ad avere interesse a "non alzare i toni", ad assimilare i metodi, anche quelli di lotta, del capitalismo finanziario e imprenditoriale, spesso non meno feroci e aggressivi.
Si aggiunga ancora come con tali metodi sfugge la possibilità di applicare il modello mafioso a fenomeni del tutto originali, come,
Come spesso accade nel mondo del diritto, l'eccesso di caratteristiche definitorie di una fattispecie normativa (penale o civile che sia) ne riduce inevitabilmente l'applicazione, conseguenza di non poco rilievo in presenza di mutazioni, che in materia di fenomeni criminali sono assai frequenti, in parallelo al rapido adattamento che essi sono in grado di assumere.
Inoltre, non sempre è
possibile inseguire tali mutamenti mediante continui aggiustamenti
normativi, sia per l'inevitabile scarto temporale della risposta
legislativa, sia perché nocivi per la certezza del diritto e la
stabilità della giurisprudenza.
Ed è da qui che occorrerebbe muovere per offrire una soluzione anche al problema sollevato con la sentenza della Corte di Cassazione e, nel contempo, sprovincializzare la nostra legislazione nella prospettiva della auspicabile edificazione di un diritto penale europeo, comune e condiviso.
Sotto questo riguardo, appaiono auspici senza fondamento quelli di alcuni magistrati che spingono per una "esportazione" del modello normativo italiano nel resto dell'Europa, senza sapere che già da tempo il reato associativo è stato introdotto in alcuni paesi, sia pure in forme compatibili con la tradizione e l'ordinamento giuridico di ciascuno di essi.
Introdurre il termine
mafia equivarrebbe peraltro all'ammissione della sua presenza
anche in altri stati; ammissione inaccettabile anche laddove la
cronaca ne dà frequente conferma.
Singolare era poi
l'adozione da parte delle mafie di operazioni di tipo terroristico
(la stagione stragista di Cosa Nostra, quella continua e ancora più
cruenta dei narcos messicani), e, per converso, l'utilizzo da parte
delle organizzazioni terroristiche (l'ISIS in primo luogo, oltre
IRA, ETA, AL QAEDA e altre ancora) di reati di tipo comune, come
sequestri di persona, traffici di droga, di armi, di esseri umani,
di reperti archeologici, di petrolio a fini di autofinanziamento.
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