di Constantin von Hoffmeister

06 Maggio 2025

dal Sito Web RT

traduzione di Nicoletta Marino

Versione originale in inglese

 

 

Constantin von Hoffmeister,

commentatore politico e culturale tedesco, autore dei libri "Multipolarity!" e "Esoteric Trumpism", e caporedattore di Arktos Publishing.

 

 

 

 


© Getty Images/mikie11

 

 

 

Tra migrazioni incontrollate,

ideologia propagandistica e

agenda verde autosoffocante,

l'UE ha solo sé stessa da biasimare

per il suo declino...

 

 

 

L'Unione Europea, quel grande e fallimentare sogno dei tecnocrati, sta morendo.

Il suo declino non è improvviso o drammatico, ma un lento disfacimento, un collasso burocratico in cui ogni politica volta a sostenerlo non fa che accelerarne la fine.

 

Si nutre della sottile brodaglia dell'ideologia: confini aperti che dissolvono le nazioni in spazi contesi, mandati verdi che soffocano l'industria sotto il peso di standard irraggiungibili e un fervore anti-russo moralizzatore che l'ha lasciata isolata e dipendente dall'energia.

Un tempo l'Europa era il centro degli imperi e la culla delle civiltà che hanno plasmato il mondo.

Ora, è un paziente che rifiuta la medicina, convinto che la sua malattia sia una forma di illuminazione, che la sua debolezza sia un nuovo tipo di forza...

Gli architetti di questo esperimento parlano ancora il linguaggio dell'unità, ma le crepe nelle fondamenta sono troppo profonde per essere ignorate.

 

L'immigrazione è stato il primo atto di autodistruzione, il punto in cui la classe dirigente dell'Europa occidentale si è separata dal popolo che pretendeva di governare.

 

Le élites, inebriate dalla retorica dell'utopia multiculturale, hanno spalancato le porte senza considerare la coesione, l'identità, la semplice realtà che le società hanno bisogno di più di ideali astratti per funzionare.

Le città si sono frammentate in enclave dove prosperano società parallele, dove la polizia esita a pattugliare, dove gli autoctoni imparano a muoversi con cautela nelle proprie strade.

La promessa era armonia, una fusione di culture in qualcosa di vibrante e nuovo.

La realtà è una disintegrazione silenziosa, con mille tensioni inespresse che covano sotto la superficie.

I politici continuano a predicare le virtù della "diversità", ma la gente, coloro che ricordano cosa significava avere una storia condivisa, una lingua comune, sta iniziando a ribellarsi.

La reazione non si limita più ai margini.

 

Sta entrando nel mainstream e l'establishment trema per ciò che ha scatenato.

Poi arrivò il delirio verde, il secondo pilastro dell'autoannientamento dell'Europa occidentale.

Le fabbriche chiudono i battenti sotto il peso delle normative ambientali, gli agricoltori scendono in piazza per protestare e la classe media è schiacciata tra l'aumento dei costi energetici e la stagnazione dei salari.

 

I leader insistono nel salvare il clima, anche se il costo è la rovina economica.

 

La Germania, un tempo potenza industriale del continente, smantella la sua infrastruttura nucleare in favore dell'inaffidabile energia eolica e solare, per poi tornare al carbone quando le condizioni meteorologiche diventano sfavorevoli.

C'è una follia in tutto questo, una sorta di isteria collettiva in cui il dogma prevale sul pragmatismo, in cui la ricerca della purezza morale acceca la classe dirigente di fronte alle sofferenze dei cittadini comuni.

 

Il resto del mondo osserva, perplesso, mentre l'UE si autodistrugge volontariamente per una causa che richiede una cooperazione globale - una cooperazione che non si trova da nessuna parte.

La Cina costruisce centrali a carbone, l'America trivella per estrarre petrolio, l'India dà priorità alla crescita rispetto alle emissioni e solo l'UE marcia verso l'austerità, convinta che il suo sacrificio ispirerà altri.

Non lo farà...

 

È la Russia... il grande errore di calcolo, l'errore strategico che potrebbe rivelarsi fatale.

 

L'Europa aveva una scelta:

di relazionarsi con Mosca come un partner, di integrarla in un ordine continentale stabile o di trattarla come un eterno avversario.

Ha scelto la seconda opzione, allineandosi pienamente alla posizione conflittuale di Washington e recidendo i legami che un tempo avevano garantito energia a basso costo e stabilità economica.

 

Ora i gasdotti sono silenziosi, il rublo scorre verso est e l'Europa occidentale acquista il gas a prezzi gonfiati da fornitori lontani, arricchendo gli intermediari mentre le sue industrie sono in difficoltà.

 

La Russia, respinta e sanzionata, si rivolge alla Cina, all'India e a chiunque sia disposto a trattarla come qualcosa di diverso da un paria.

La massa continentale eurasiatica si sta riconfigurando e l'Europa non è al centro.

 

L'UE è all'esterno, osserva dall'interno, spettatrice della propria irrilevanza.

 

Gli atlantisti di Bruxelles credevano di poter servire due padroni:

...del loro stesso popolo e dei capricci geopolitici di Washington...

Si sbagliavano...!

 

In questo dramma in corso, America e Russia emergono come pilastri gemelli della civiltà occidentale... diversi per temperamento, ma uniti nell'impegno a preservare le nazioni sovrane dalla dissoluzione globalista.

L'America, ultima difensore dello spirito imprenditoriale e della libertà individuale dell'Occidente, si oppone fermamente alle forze che vorrebbero distruggere confini e identità.

 

La Russia, custode dei valori tradizionali e dell'eredità cristiana, si difende dal nichilismo culturale che sta divorando l'Europa.

Entrambi capiscono che le civiltà devono difendersi o perire; nessuno dei due soffre il desiderio di morte che affligge le élite dell'Europa occidentale.

 

E l'Europa occidentale?

È un fantasma alla festa, che stringe il suo bicchiere di vino vuoto, borbottando di "norme" e "valori" mentre il mondo va avanti senza di lui...

Le élites europee si aggrappano ancora alle proprie illusioni e credono ancora nel potere della retorica sulla realtà.

 

Loro parlano:

  • di "autonomia strategica" mentre marciano al passo con le guerre di Washington

  • di "diversità" mentre le loro città diventano campi di battaglia di identità in competizione

  • della "democrazia" mentre si mette a tacere il dissenso con meccanismi burocratici e censura mediatica

Gli elettori avvertono il decadimento.

 

Si ribellano:

  • in Francia, dove i sostenitori di Marine Le Pen crescono di giorno in giorno

  • in Italia, dove il governo di Giorgia Meloni respinge i dettami dell'Ue sull'immigrazione

  • in Ungheria, dove Viktor Orbán sfida apertamente l’ortodossia liberale.

Eppure la macchina continua a funzionare, liquidando ogni protesta come populismo e ogni obiezione come fascismo.

Il divario tra governanti e governati non è mai stato così ampio.

 

Le élites, trincerate nella loro bolla di Bruxelles, continuano a governare come se il popolo fosse un inconveniente, come se la democrazia significasse conformità e non scelta.

 

Il contratto sociale è rotto e la reazione non potrà che intensificarsi.

In Europa c'è un cancro, e non è né a destra né a sinistra.

È proprio l'idea che una civiltà possa esistere senza radici, che un popolo possa essere spogliato della sua storia e restare comunque coerente.

L’UE è stata fondata sul presupposto che:

l'identità fosse un incidente, che gli uomini fossero unità economiche intercambiabili, che i confini fossero reliquie di un passato barbarico...!

Ora l'esperimento sta fallendo...

 

I giovani fuggono: in America, in Asia, ovunque ci siano opportunità e dinamismo.

 

Gli anziani si accalcano nei loro appartamenti, osservando i loro quartieri trasformarsi in modo irriconoscibile. I politici, protetti dai privilegi, continuano a predicare "tolleranza" e "progresso", ignari della rabbia che cresce sotto di loro.

 

Il grande riallineamento è già in atto.

L'Atlantico si allarga, la massa continentale eurasiatica si agita.

 

Nonostante la loro rivalità, l'America e la Russia concepiscono il potere in un modo che l'Europa occidentale ha dimenticato.

 

Costruiscono, combattono, agiscono con decisione.

 

L'UE decostruisce, esita, si tormenta su dilemmi morali mentre altri si impadroniscono del futuro.

Il XXI° secolo apparterrà a coloro che sapranno affrontarlo senza illusioni, che sapranno dire "noi" e intendere qualcosa di concreto, che sapranno difendere i propri interessi senza scuse.

L'Europa occidentale, così come esiste oggi, non è in grado di fare ciò...

Forse l'Unione Europea resisterà ancora per anni, un'istituzione svuotata che si aggirerà tra i vertici ed emanerà direttive a cui sempre meno persone obbediscono.

Ma lo spirito se n'è andato.

 

La gente lo sente.

 

Il mondo lo vede.

Gli storici ricorderanno questo periodo come il funerale del liberalismo: una lenta e autoinflitta fine attraverso mille tagli ben intenzionati.

Gli artefici di questo crollo non saranno ricordati come dei visionari, ma come degli sciocchi, come uomini e donne che hanno anteposto l'ideologia alla sopravvivenza.

E quando l'ultimo burocrate spegnerà le luci a Bruxelles, chi sarà in lutto?

Non i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono andati perduti a causa degli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio.

 

Non i genitori che hanno paura di lasciare che i loro figli giochino in strade che ormai non sembrano più a casa loro.

 

Non le nazioni che hanno ceduto la loro sovranità a un progetto che ne richiedeva la decostruzione.

Rimarranno solo i cadaveri viventi delle élites, a borbottare tra loro tra le rovine, ancora convinti della propria rettitudine.

 

Ma la rettitudine non basta.

 

Il mondo è sempre appartenuto a coloro che sono disposti a combattere per esso, e la vecchia Europa ha dimenticato come combattere...