di Robert Temple New Dawn Magazine No. 65 Marzo-Aprile 2001 dal Sito Web NewDawnMagazine traduzione di Nicoletta Marino
Gli antichi Pitagorici greci del V secolo a.C., credevano che il Sole fosse una gigantesca bolla di vetro, più grande della Terra, che riuniva la luce dell’ambiente che circondava il cosmo, la rifletteva sulla Terra agendo come una lente gigante.
Una lente gigante? Nel V secolo a.C.?
Forse perché nessuno fino ad ora è stato disposto a riconoscere che le lenti esistevano nell’antichità e che l’idea del sole di cristallo non è stata presa in considerazione e non è mai stata descritta in nessun libro di storia, scienza o filosofia. Appare, però, nel mio libro The Crystal Sun.
Allora perché tutto questo parlare delle antiche lenti? Un Errore?
Il fatto è che ho localizzato più di 450 lenti antiche nei musei di tutto il mondo, e proprio io possiedo una lente di vetro greca del VI secolo a.C.. Nel mio libro compaiono foto di molte di queste antiche lenti.
Chiunque sia interessato ai dettagli delle lenti dovrebbe avere l’edizione in copertina dura del mio libro, perché nei tascabili sono state omesse dieci appendici complete riguardo questa informazione dettagliata poiché il libro è molto voluminoso.
Lenti antiche! Ebbene a quando risalgono?
Le lenti più antiche che ho incontrato sono di cristallo e risalgono alla IV dinastia dell’Impero Antico d’Egitto, siamo attorno al 2500 a.C.; si trovano nel Museo del Cairo e due si trovano nel Museo del Louvre a Parigi.
Trecce archeologiche rinvenute in Abido nell’Alto Egitto dimostrano che, comunque, devono essere esistite almeno 700 anni prima.
Una tomba di un re predinastico conteneva il manico di un coltello di marmo che ha una dentatura microscopica che avrebbe potuto essere fatta grazie ad un considerevole ingrandimento (e quindi questo, oggi, si può vedere solo con una grande lente d’ingrandimento) Pertanto sappiamo che la tecnologia d’ingrandimento visiva si utilizzava in Egitto nel 3300 a.C.
Ecco le due foto e i disegni di questa prova importante.
La tecnologia d’ingrandimento, però, non riguardava solo il fare e vedere piccoli intarsi.
Il suo uso più importante riguardava i telescopi. Sulla copertina del mio libro, infatti, il lettore troverà un’antica immagine di una persona che osserva con un telescopio.
Questa è una foto che ho preso da un frammento di un vaso greco ritrovato venti anni fa negli scavi dell’Acropoli di Atene, e data VI secolo a.C. circa.
Sé ci sono tante testimonianze, perché nessuno ne ha parlato prima?
La risposta sembra essere questa: la capacità unica per la stupidità che distingue la specie umana causa ostinazione e determinazione nel non vedere. Io la chiamo cecità consensuale.
Tutti sono d’accordo nel non guardare le cose che ci fanno sentire scomodi o che pensano che non dovrebbero esistere. Il fatto, quindi, che più di 450 lenti antiche sono rimaste nei musei del mondo per tutti questi anni e sono rimaste invisibili, si spiega solo con la teoria che la gente inconsciamente cospira per non vedere quello che non vogliono vedere.
Non è come se io me ne fossi uscito con qualche prova vaga col desiderio di volerla utilizzare per costruire una teoria pazza.
C’è un gran numero di persone che vomitano teorie basate su una quantità misera di prova controversa. Questo non è assolutamente il caso del mio libro. Sono al posto giusto al centro della piazza circondato da una montagna di prove che si possono ignorare solo se le persone sono disposte a guardare dall’altro lato o disposte a camminare con collo girato dall’altra parte.
Ho assistito al Congresso Internazionale di Egittologi al Cairo nella primavera del 2000 e mi preparai a consegnare un documento sull’antica tecnologia ottica egizia. Non mi fu permesso. Mi dissero che in quel contesto non c’era “nessuna categoria appropriata corrispondente”.
Infatti, una categoria del genere non c’era visto che io ero l’unico storico scientifico presente in un Congresso di 1500 persone, fatto che mi parve piuttosto deprimente.
Varrebbe la pena rivedere perché le mie scoperte sono importanti per l’egittologia e tutte le persone che hanno un interesse per le piramidi devono conoscerle. Al primo posto si trova la famosa questione dell’orientamento della Gran Piramide .
Essa è così perfettamente orientata secondo i punti geografici della bussola che nessuno è stato capace di capire come fu fatto poiché l’esattezza supera qualsiasi tecnologia conosciuta fino ad oggi sull’antico Egitto.
Poi c’è la ugualmente famosa domanda su come fu possibile usare quell’estrema precisione per costruire la Grande Piramide.
Nel 1925, J.H. Cole scoperse studiandolo che la grande piattaforma dove riposa la Grande Piramide e che la circonda è piana con una precisione di 15 mm. Studi precedenti avevano riportato che la precisione della superficie della Grande Piramide era equivalente alla precisione del meccanismo di uno specchio riflettente ottico di un moderno telescopio gigante. I lati della pietra originale (adesso distrutti in gran parte) della carcassa della struttura sono stati paragonati per la loro precisione con lo specchio del Monte Palomar.
Come si ottennero risultati così audaci?
Negli anni ’60 e ’70 il fisico argentino José Alvarez López affermava già, che era fisicamente impossibile che la Grande Piramide fosse stata costruita senza tecniche molto precise di topografia ottica come sono utilizzate nei teodoliti. Ho conosciuto Lopez negli anni ’70 ed egli stesso mi disse questo risvegliando il mio interesse su questo tema per la prima volta.
Lopez, però, tristemente mi disse che non aveva potuto trovare nessuna prova di nessuna antica tecnologia ottica, per cui tutto era un mistero. Adesso non è più un mistero.
La Grande Piramide fu osservata chiaramente con le prime forme di strumenti di misurazione ottica che potremmo definire preteodoliti. Tutto ciò è descritto nel mio libro in dettaglio e insisto che lo legga chi è interessato alle piramidi.
Con la prova archeologica, ho dimostrato che la tecnologia per la topografia della Grande Piramide esisteva almeno già nel 3300 a.C. e senza dubbio prima ancora poiché il manico del coltello di marmo fu il primo di tali oggetti a esistere poiché è molto sofisticato e suggerisce essere figlio di una lunga tradizione.
La cosa che mi ha sorpreso è che passeggiando in tutti i musei del mondo e vedendo lenti antiche esposte al pubblico con descrizioni di ogni tipo di cose pazze – come qualsiasi cosa, meno che come lenti!
Quando andai a studiare antiche lenti greche presso il Dipartimento delle Antichità del Museo Britannico, ha conosciuto un membro del personale che insisteva che non c’erano mai state antiche lenti greche.
(Questo nonostante Aristofane ne descrive una delle sue opere Le Nuvole ed esistono numerosi riferimenti antichi alla tecnologia ottica nella letteratura antica che ho inserito e descritto esaurientemente nel mio libro).
Poi ho fotografato e misurato alcune lenti antiche greche in quella stessa sala, dove l’interessato negò di riconoscere le cose e mi sembro altro che ironico dicendo che c’era una vetrina vicino alla porta del salone che contenevano lenti greche descritte come “contatori” mentre si può vedere chiaramente che ingrandiscono la stoffa posta sotto di loro.
Quando mi trovavo nel Museo Archeologico di Atene a studiare lenti micenee, ovviamente esposte nel salone miceneo (dove hanno una descrizione non corretta) non potevo non essere cosciente del fatto che un vicedirettore dello stesso museo aveva scritto un articolo su una lente di vetro che aveva trovato egli stesso a Creta; ma non menzionò nel suo articolo che il suo Museo possedeva molte di quelle lenti nelle vetrine e che chiunque entrasse nel museo avrebbe potuto vederle in qualsiasi giorno della settimana.
Le lenti antiche erano di solito di cristallo di rocca fino al tempo dei Cartaginesi e dei Romani, agli inizi del IV secolo a.C., dopo che lenti di cristallo iniziavano a essere più comuni (molto meno care) quelle di cristallo divennero più scarse.
Ho scoperto un certo buon numero di antiche lenti britanniche, mal catalogate tra le collezioni dei minerali. Erano state messe nei musei geologici dalle collezioni archeologiche originali e si crede che siano “campioni di cristallo”!
Alcune erano molto ingegnose e avevano quelli che si chiamano “punti di riposo” che fuoriuscivano dai lati dietro la lente in modo che quella potesse avere un appoggio su una superficie e un artigiano poteva raggiungere la parte dietro con il suo strumento da taglio senza doverla tenere in mano.
Nell’antica Troia una lente di vetro ritrovata da Schliemann aveva al centro un buco. Alcune persone pensarono che così non fosse niente o un oggetto “inutile” perché era perforato al centro e quindi non era una lente.
Eppure, il buco centrale non interferisce affatto con l’ingrandimento e offre una maniera molto intelligente per un artigiano poiché egli può inserire il suo strumento da taglio direttamente al centro della lente d’ingrandimento e avere un ingrandimento del lavoro tutt’attorno.
Schliemann trovò a Troia circa 48 lenti di cristallo, ma durante la II Guerra Mondiale scomparvero tutte; rimasero solo delle descrizioni del catalogo e una foto unica di quattro lenti in un gruppo (riprodotte nel mio libro).
Heinrich Schliemann e una delle varie lenti trovate a Troia.
Per molti anni ho cercato di trovare le lenti perdute e a un amico che si avvicinò molte volte al Museo di Berlino Orientale, dove si sapeva che avevano immagazzinato le lenti, mentirono ripetutamente dicendogli che le lenti,
Tutto questo, però, era una spudorata menzogna.
Quando finalmente venne alla luce la verità sull’oro perso di Troia trovato da Schliemann e che l’Armata Rossa se ne era impossessata e lo aveva portato in Russia, io sospettavo che le lenti erano insieme all’oro. Infatti sono lì.
Non mi hanno concesso mai di vederle; i Russi hanno paura che i Tedeschi li reclamino di nuovo e così non permettono agli studiosi di avere l’opportunità di studiarle.
Per tornare al tema delle antiche lenti britanniche devo menzionare che forniscono la prova fisica che manca, che il defunto Alexander Thom stava cercando affermando chela precisione delle osservazioni astronomiche degli antichi Bretoni supera la capacità dell’occhio umano e prese a interrogarsi sulla tecnologia ottica.
Adesso abbiamo lenti che sembrano soddisfare Thom. Di fatto, ci sono buone ragioni per sospettare che il vero proposito degli architravi trilithon di Stonehenge era quello di poggiare una piattaforma di legno per osservare la Luna con il telescopio. Vi porto tutte le prove in maniera più estesa nel mio libro.
L’unico gruppo di archeologi che ha aderito totalmente e con entusiasmo alle mie conclusioni sui principi dell’ottica, sono stati gli scandinavi, in particolare gli archeologi svedesi. Invece di scartare le mie conclusioni, ne erano incantati. Feci degli studi molto lunghi sulle lenti vichinghe e recentemente uno dei miei articoli è stato pubblicato in svedese nel Dizionario Svedese archeologico annuale Gotlдndskt Arkiv (Vol. 72 per l’anno 2000).
I Vichinghi furono gli ultimi tra gli antichi a occuparsi di tecnologia ottica e ottennero miracoli dell’ingegneria di vetro. Produssero lenti di vetro piccole come gocce d’acqua con la capacità di ingrandire fino a tre volte. Io definisco i loro successi “tecnologia micro ottica”.
Nonostante le mie scoperte sull’antica tecnologia ottica cinese sono stati abbastanza limitati (estratti d antichi resti, più rapporti su sei lenti ritrovate negli scavi che non ho potuto ispezionare personalmente, in un caso, dovuto alle inondazioni che mi hanno impedito di arrivare al museo provinciale), Il Sole di Vetro si sta traducendo in cinese e mi hanno chiesto di dare una conferenza sul tema nell’Università tecnica principale della Cina, l’Università Tsinghua a Pechino dove sono membro.
Poiché i miei mezzi non sono illimitati, non ho mai viaggiato in Messico e in Perù per visionare le antiche lenti di vetro che pare stiano lì, perciò il Nuovo Mondo nel mio studio non è ben rappresentato.
Spero che un giorno altri rimedino a questa mia mancanza.
Comunque ho una cura particolare del cosiddetto “Cranio del Destino”, un teschio di cristallo a grandezza naturale di origine Maya poiché è il primo oggetto antico di cristallo che ho studiato quando avevo 18 anni.!
Nel mio libro c’è molta saggezza altrui, al punto tale che non tutto piò essere assorbito come una lettura casuale. Ho scritto un lungo capitolo sul tema “il tuono” e un altro sulle allucinazioni della meditazione, ambedue legati in maniera meravigliosa alle antiche idee ottiche.
Presto molta attenzione alle tradizioni religiose associate alla luce, dall’antico Egitto fino alla “teologia della luce” dei cristiani come Robert Grosseteste del Medio –Evo.
Non prendo in considerazione, nel mio libro Il Sole di Vetro, solo la luce. Le ombre anche sono importanti. Nell’Antico Egitto, la scienza delle ombre era molto avanti e molto precisa. E qui ho fatto una grande scoperta dimostrata da una fotografia presa il 21 dicembre.
Ho riscontrato che c’è un’ombra particolare al calar del sole nel Solstizio d’Inverno che si proietta sulla faccia della Grande Piramide, che nessuno ha mai osservato prima nonostante sia chiaramente visibile una volta l’anno da almeno 3500 anni.
3500 opportunità perse!
Come al Vangelo gnostico di Tommaso, piace dire,
Mi piacerebbe ampliare questa frase e dire:
E’ un’ombra proiettata dalla seconda piramide (conosciuta come la Piramide di Kefren, che è la forma greca del suo nome) sulla Grande Piramide al calar del sole il 21 di dicembre.
Il fatto che una piramide proietti un’ombra su un’altra, non è quello che ci interessa. Ciò che è importante è la natura di quest’ombra. E la cosa diventa interessante. Qualsiasi persona che abbia studiato l’interno della Grande Piramide, sarà cosciente che i corridoi ascendenti e quelli discendenti hanno la stessa pendenza, un curioso angolo di poco più di 26 gradi.
Tutto ciò può apparire strano, ma tenendo presente come piacesse agli antichi Egizi fare un bello scherzo, mi sono divertito molto e sorpreso nello scoprire che durante il solstizio d’inverno essi avevano scelto di proiettare un’ombra gigante all’esterno della struttura stessa che ha la stessa pendenza dei corridoi nascosti all’interno.
Hanno giocato un poco indubbiamente: ciò che si vede all’esterno, è ciò che si trova all’interno, ma ve ne potete rendere conto solo se lo sapete in anticipo! Per usare altre parole: era solo per gli iniziati. Essi potevano sorridere di se stessi, m nessuno sapeva quello che stava succedendo.
Sono anche riuscito a dimostrare che anche il passaggio in salita che porta alla strada del tempio della valle insieme alla Sfinge ha la stessa pendenza che non era mai stata considerata e misurata.
Il fatto che la sua pendenza fosse uguale a quella dei corridoi in salita e in discesa della Gran Piramide sicuramente è indice di un canone comune del disegno delle due strutture.
Se gli Egiziani avessero avuto realmente l’intenzione di proiettare un’ombra all’esterno della grande Piramide prendendo come indice il carattere segreto delle pendenze che si trovano nascoste all’interno, allora si deve tener presente che ci sono degli effetti importanti:
E solo per proiettare un’ombra c’è voluta tutta quella quantità di pietra!
Ci sarà qualcos’altro oltre all’angolo della pendenza comune? In effetti, sì.
Il fatto è questo strano angolo di poco più di 26° è l’unico angolo possibile per formare un triangolo rettangolo che è conosciuto come “il triangolo d’oro” poiché incarna la famosa Proporzione Aurea che è anche la base di tutto il canone dell’antica arte egizia e dell’architettura come è anche spiegato nel mio libro in maniera ampia.
Quindi, se l’ombra è tagliata da una linea verticale che passa sulla metà della facciata sud della Grande Piramide, non forma un triangolo aureo quello che è riflesso all’interno, perché è un triangolo aureo simile quello che determina il punto esatto di partenza della Grande Galleria all’interno della piramide, come potete vedere in un disegno del mio libro.
E per quello che riguarda la linea verticale che passa per la piramide, che è anche reale ed è stato dimostrato da una fotografia aurea, anche se è invisibile a occhio nudo o da un mezzo qualsiasi di percezione a livello del terreno.
In proposito c’è una piccola fenditura di alcuni centimetri nella costruzione di una parte della piramide, scoperta con le misurazioni fatte da Petrie. Questo “apotema” come lo chiamano i geometri simili linee verticali, forma un angolo retto per trasformare l’ombra del solstizio in un perfetto triangolo d’oro.
Gli Egizi così portavano agli occhi del mondo le loro ossessioni geometriche proiettando ombre gigantesche con la proporzione aurea, ma per almeno 3500 anni nessuno se ne rese conto! Questo è non voler vedere!
Di che altro ancora non ci siamo resi conto?
Spero che le persone entrino un poco, anche se non leggono totalmente Il Sole di Vetro poiché questi risultati sono importanti e devono essere conosciuti. Ero deluso per non aver parlato alla Conferenza del Cairo per rivelare alcuni di questi risultati agli egittologi.
Per esempio ho avuto l’opportunità di dimostrare l’esistenza e l’uso di trapani a punta di diamante in Egitto, ma sono così piccoli che possono essere tralasciati facilmente com’è stato fatto con le lenti che sono molto più grandi.
Volevo avvertire i ricercatori che questi sporchi piccoli oggetti che possono sembrare piccoli ciottoli scuri potrebbero essere punte da perforazione di diamante. Sfortunatamente ancora non lo so.
Una delle lezioni impartitemi da tutto questo è la necessità, senza dubbio, che gli archeologi non chiudano gli occhi davanti alle materie scientifiche. Sono sempre stati riluttanti allo studio delle basi dell’astronomia poiché il campo dell’archeo-astronomia è fatto di lotte e di fatica, il che rende relativamente difficile e laborioso il loro avanzamento nella comunità accademica nonostante gli eroici sforzi da parte di alcuni di questi studiosi.
Per quanto riguarda “l’archeo ottica”, come suo unico ricercatore, temo che si prospetti un lungo cammino da percorrere prima che le sue implicazioni abbiano impatto sugli altri studiosi.
E così vi chiedo in qualità di lettori, che aiutino richiamando l’attenzione di persone che conoscete su queste cose con risonanza nell’ambiente in cui viviamo.
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