di Marko Kovic
04 Dicembre 2018

dal Sito Web AEON

traduzione di Claudiordali

Versione originale in inglese

 

 

Marko Kovic è il co-fondatore e CEO della società di consulenza Ars Cognitionis, il presidente della think tank no profit ZIPAR e l'ex presidente dell'associazione per il pensiero critico Swiss Skeptics. Originario della Croazia, vive a Zurigo, in Svizzera.

 





Impressione artistica di una colonia a cilindro.

Vista con ponte sospeso.

Opera di Don Davis, anni '70.

Immagine NASA Ames Research Center
 

 


Se non inventiamo un contesto giuridico

per la colonizzazione dello spazio
le conseguenze potrebbero essere catastrofiche:

è giunto il momento di agire ...
 

 


E' l'anno 2087...

Grazie a una serie di rivoluzionarie scoperte tecnologiche avvenute pochi decenni fa, è diventata fattibile la creazione su larga scala di habitat umani autosufficienti al di fuori della Terra.

Ci sono già quasi mezzo milione di persone che vivono su Marte, molti dei quali sono nati sul pianeta.

La colonia di Marte è composta da due habitat principali: uno creato e gestito dagli Stati Uniti, l'altro dalla Cina. Gli habitat sono stati avviati come missioni scientifiche e da allora si sono espansi attraverso operazioni civili e commerciali.

A tutti gli effetti, sono dei territori stranieri degli Stati Uniti e della Cina, dove le persone vivono e lavorano essenzialmente come sulla Terra.

In un recente e controverso referendum marziano, la maggioranza degli abitanti ha espresso il desiderio di ottenere l'autonomia politica: non vogliono più essere gli avamposti di paesi lontani dalla Terra, ma vogliono invece diventare un pianeta unito e indipendente.

Non sorprende che sia il governo degli Stati Uniti che quello della Cina non abbiano riconosciuto il referendum.

Mentre il governo degli Stati Uniti sta ancora deliberando una linea d'azione appropriata, la Cina ha già inviato le sue navi da guerra su Marte per sopprimere la "insurrezione" con ogni mezzo necessario, compresa l'invasione armata sia dell'habitat controllato dagli Stati Uniti che quello della Cina.

Potreste perdonarmi per aver pensato a questo scenario assurdo:

  • Sicuramente non potrà mai avvenire una simile situazione monumentale di colonizzazione dello spazio?
     

  • Sicuramente esistono le leggi e le istituzioni che regolano ciò che può e non può accadere durante la colonizzazione dello spazio?
     

  • Sicuramente, l'incertezza, l'illegalità e il caos in materia di espansione e colonizzazione, sono spettri del passato e non il modus operandi della nostra futura espansione nello spazio?

La risposta è no. Non esiste alcun contesto significativo di governo per la colonizzazione dello spazio.

Fino ad oggi, anno 2018, la colonizzazione dello spazio è veramente aperta a tutti e proprio questa assenza di un lungimirante quadro di governo sull'argomento, potrebbe avere delle conseguenze disastrose.

Al giorno d'oggi, quasi ogni tipo di attività umana è incorporata in uno o più contesti giuridici, e maggiore è la dimensione dell'attività, più il contesto tende a essere complesso ed esteso.

In termini giuridici, costruire una casa privata è relativamente più semplice che costruire un grande grattacielo commerciale, e costruire un grattacielo è relativamente più semplice che costruire un ponte transcontinentale, e così via ...

Anche se le persone tendono a non gradire le labirintiche vie della procedura legale e la realtà frustrante della burocrazia, una governance è sia necessaria che una benedizione.

Le regole che governano l'attività umana riducono i costi di transazione, creano una pianificazione sicura e aumentano la probabilità di ottenere dei buoni risultati in contesti decisionali incerti. Il progresso epistemico e morale della civiltà umana sembra, per lo meno, correlato al progresso di una governance collettiva.

Viviamo in un mondo basato su leggi e regole, e stiamo meglio per questo.

La colonizzazione dello spazio creerà una nuova serie di sfide di governo. Anche se queste sfide non sono fondamentalmente diverse dai problemi già esistenti, hanno una portata mai vista in tutta la storia umana.

Ecco perché la regolamentazione della colonizzazione dello spazio dovrebbe essere una priorità globale persino oggi, prima che sia tecnologicamente possibile.

Se non creiamo un'adeguata struttura giuridica per la colonizzazione dello spazio, rischiamo degli,

  • esiti negativi (come il rallentamento delle opere di colonizzazione)
     

  • esiti pessimi (come fallire completamente nell'opera di colonizzazione)
     

  • esiti catastrofici (come una galassia popolata da persone sofferenti e in guerra tra loro)

Esiste una quantità quasi infinita di specifici possibili scenari di governance, in cui un particolare tipo di attività di colonizzazione spaziale potrebbe causare un particolare tipo di problema.

Per cui, speculare sugli scenari specifici e i modi spettacolari in cui le cose potrebbero andare storte, è una sorta di storia infinita.

Tuttavia, da un punto di vista panoramico e concettuale, i possibili problemi di governance riguardo la colonizzazione spaziale, rientrano in quattro categorie generali.

Questi quattro problemi saranno le conseguenze dirette delle quattro più importanti pietre miliari della colonizzazione, basate su una linea temporale che inizia oggi (nessuna colonizzazione) e termina con gli esseri umani che abitano uno o più habitat indipendenti e sovrani su larga scala (per esempio, l'esistenza di Marte come pianeta indipendente).

Per prima cosa, dobbiamo rispondere a una domanda apparentemente semplice:

a chi è permesso far parte delle attività di colonizzazione?

Quando avanzeremo la nostra cronologia di colonizzazione e stabiliremo con
successo i primi habitat preliminari (su Marte o altrove), sorgerà un secondo problema di governance:

che tipo di regole e leggi applichiamo su queste colonie pionieristiche?

Quindi, quando una o più colonie diventeranno veramente sostenibili, emergerà una terza domanda:

cosa facciamo con le colonie che vogliono separarsi e diventare indipendenti?

Infine avremo bisogno di dare una risposta alla quarta domanda:

esattamente in che modo i diversi habitat umani indipendenti, come la Terra, Marte, Venere e altri, potranno interagire tra loro?

In teoria, la prima domanda, ovvero chi è autorizzato a far parte della colonizzazione dello spazio, è stata affrontata nel Trattato sullo Spazio Extra Atmosferico del 1967, che è l'attuale fondamento della governance extraterrestre, nonché una notevole pietra miliare storica.

Redatto dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica dopo una scia di scontri quasi disastrosi, stabilisce che lo spazio e i corpi celesti naturali non possono essere posseduti o rivendicati dai governi e, più in generale, lo spazio può essere esplorato e utilizzato solo per scopi pacifici.

Anche se il trattato è davvero notevole, si tratta più di un accordo simbolico che di una struttura governativa dettagliata.

In realtà non risolve il problema di chi è autorizzato a prendere parte nella colonizzazione spaziale.

Ad esempio, ai sensi del Trattato sullo Spazio Extra Atmosferico, le agenzie private tipo SpaceX possono svolgere delle attività di colonizzazione, ma non è chiaro se siano consentiti tutti i tipi di attività commerciali:

Una compagnia mineraria operante sulla Luna sarebbe in violazione della clausola di non appropriazione esposta nel Trattato sullo Spazio Extra Atmosferico?

Inoltre, anche se la clausola contro l'occupazione sembra essere ragionevole, non è chiaro cosa significhi nella pratica.

Se la NASA dovesse installare un habitat su Marte,

potrebbe de facto rivendicare una parte di Marte, semplicemente occupandola fisicamente?

Anche il secondo problema, quello della governance all'interno delle prime colonie, è stato toccato dal Trattato sullo Spazio Extra Atmosferico.

Il trattato stipula che la giurisdizione di qualsiasi veicolo spaziale e di tutto il personale a bordo, è quella del paese di origine del veicolo spaziale e / o del personale.

Il principio è semplice e si è dimostrato praticabile per le missioni internazionali complesse tipo la Stazione Spaziale Internazionale.

Tuttavia, la governance all'interno delle prime colonie non potrà basarsi solo su questo principio, per due ragioni.

Il primo è la distanza:

gli habitat su Marte e persino sulla Luna, saranno così lontani dalla Terra che l'applicazione delle leggi del rispettivo paese di origine potrebbero essere logisticamente impegnativa.

Per esempio, se un abitante di una colonia di Marte commette un omicidio, non sarebbe ottimale aspettare diverse settimane o mesi, prima che le forze dell'ordine terrestri arrivino per svolgere le indagini.

Il secondo motivo,

ovvero perché la governance della colonia debba essere più sofisticata, è la complessità del processo decisionale all'interno delle colonie.

La governance nelle colonie non riguarda solo i "grandi" problemi come la legge penale, ma anche quelli piccoli e banali, ma che richiedono dei processi decisionali complessi.

Prima o poi, anche i coloni meglio addestrati e più disciplinati avranno dei conflitti interpersonali, come è stato osservato per decenni tra gli astronauti (Psychology and Culture during Long-Duration Space Missions).

Nel contesto delle missioni nell'orbita terrestre bassa, la risoluzione dei conflitti può funzionare attraverso dei comandi diretti o facendo interrompere la missione, ma per quanto riguarda gli habitat lontani, i coloni dovranno disporre di mezzi locali.

Le colonie non sono solo delle missioni – sono delle comunità.

Per far in modo che queste comunità prosperino, avranno bisogno di regole di governo ben ponderate, per cui il principio del paese di origine è troppo semplicistico per essere utile e utilizzabile.
 


Non c'è alcun buon motivo
per pensare che le future colonie spaziali

potrebbe effettivamente essere

delle "democrazie" dirette...
 


Come potrebbe essere un buon sistema di governance in una delle prime colonie?

Elon Musk, fondatore e CEO di SpaceX, ha proposto la democrazia diretta come sistema di governance per una futura colonia su Marte, in cui tutti i coloni esercitano direttamente il potere legislativo invece di nominare degli appositi rappresentanti.

La vera democrazia diretta significa:

nessun parlamento, nessuna élite politica e, idealmente, poca o nessuna influenza da parte dei gruppi di interesse - e nessuna corruzione.

Sembra ottimo come principio, tuttavia la democrazia diretta porta con sé grossi problemi.

In primo luogo, i coloni in questione dovrebbero adottare un sistema democratico diretto a tutti gli effetti, tuttavia i paesi non democratici che, come la Cina, prenderebbero parte alla colonizzazione spaziale, è improbabile che adottino la democrazia diretta nei loro progetti di colonizzazione, poiché "la rifiutano" sulla Terra.

Inoltre, le realtà pratiche di una vera democrazia diretta sono molto impegnative.

Come osservò il filosofo Jean-Jacques Rousseau nel 1762, la vera democrazia diretta è adatta agli dèi, non a noi umani fragili e propensi a sbagliare, perché la democrazia diretta richiede una quantità impossibile di risorse:

se tutti noi dovessimo essere dei legislatori e degli amministratori per tutto il tempo, non avremmo le risorse per perseguire altri obiettivi, il che porterebbe a una situazione assurda in cui tutti prendono parte a un governo nel quale non c'è nulla da governare.

Nel mondo d'oggi non esiste una vera democrazia diretta, per cui non ci sono buone ragioni per pensare che una qualsiasi futura colonia spaziale di dimensioni consistenti potrebbe effettivamente diventare una democrazia diretta.

Se la democrazia diretta non dovesse essere la soluzione per governare le prime colonie,

significa che dovrebbero spostarsi nella direzione opposta adottando una sorta di contesto autoritario al semplice fine di portare avanti le cose?

L'approccio autoritario potrebbe sembrare allettante, dato che la reputazione della democrazia come struttura di risoluzione dei problemi ha sofferto parecchio negli ultimi tempi (visto anche l'enorme progresso economico e tecnologico che la Cina ha vissuto negli ultimi decenni).

Ad onor del vero, alcuni aspetti dei primi tentativi di colonizzazione si trasformeranno automaticamente in qualcosa di simile a delle decisioni autocratiche, dato che i passeggeri delle astronavi in rotta verso le loro destinazioni dovranno sottomettersi agli ordini dell'equipaggio (proprio come fanno oggi i passeggeri civili degli aeroplani).

Eppure è improbabile che l'autoritarismo sia una valida struttura di governance per le prime colonie.

Dotare un singolo colono o un gruppo di coloni di poteri decisionali immutabili, è alquanto dubbio. Il potenziale beneficio di una dittatura benevola e competente è controbilanciato dai rischi di una dittatura abusiva e incompetente. A lungo termine, l'autoritarismo è una scommessa sbagliata.

La governance delle prime colonie è un problema spinoso. Se provassimo a modellare una governance intracoloniale sotto forma di una democratica diretta utopistica, quasi sicuramente falliremo.

Se dovessimo modellare la governance intracoloniale come un regime autoritario, rischieremmo di commettere dei pessimi e incorreggibili errori. Idealmente, la governance all'interno delle prime colonie dovrebbe trovare una via di mezzo tra il solido processo decisionale democratico e le competenze tecnocratiche.

Sarà difficile trovare quella via di mezzo, tanto quanto capire in che modo e quando le prime missioni esplorative dovranno trasformarsi in modelli di governo più complessi e autonomi.

Il terzo problema della colonizzazione, che è quello della secessione e dell'indipendenza, potrebbe rivelarsi un punto cruciale per il futuro dell'umanità.

Anche se riuscissimo a portare avanti i primi tentativi di colonizzazione con schemi imperfetti di governance, la cosa diventerà molto più critica una volta che le colonie diventeranno più grandi e più autosufficienti.

Prima o poi, nelle colonie si radicherà l'idea di secessione e indipendenza, come è giusto che sia: se tutta la questione della colonizzazione spaziale fosse che l'umanità esista in sicurezza oltre la Terra, allora andrebbe bene che le colonie più grandi e mature non siano controllate indefinitamente dalla Terra.

L'obiettivo è che l'umanità si diffonda oltre la Terra, non che i terrestri spediscano dei servi obbedienti nello spazio.

Quindi, perché la colonizzazione spaziale abbia davvero successo,

le future colonie dovranno essere degli habitat indipendenti e autosufficienti, non dei semplici avamposti coloniali controllati dalla Terra.

Tuttavia, non è chiaro come si possano realizzare degli habitat indipendenti.

Immaginatevi che, a un certo punto, 100 milioni di persone vivano su un Venere terraformato (la gravità di Venere è vicina a quella terrestre, il che lo rende, in linea di principio, un habitat appetibile).

La colonia è completamente autosufficiente e sostenibile, per cui attraverso un referendum i venusiani optano per la secessione dalla Terra.

La secessione è immensamente impegnativa anche nel contesto dell'avanzata democrazia occidentale. Sebbene la sovranità e l'autodeterminazione siano diventate un principio generalmente riconosciuto dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Concessione dell'Indipendenza ai Paesi e ai Popoli Coloniali del 1960, la realtà è sempre stata complicata.

Al di fuori della Terra, l'autodeterminazione è probabilmente ancora più complicata e, di conseguenza, ancora più difficile da governare. La struttura di governance per l'autodeterminazione coloniale dovrebbe coprire almeno tre aspetti.

Dobbiamo definire i prerequisiti per la secessione:

dovrebbero esserci alcuni criteri universalmente condivisi, secondo i quali la richiesta di indipendenza è legittima.

Dobbiamo definire l'obiettivo del sistema politico degli aspiranti che ambiscono all'indipendenza:

dovrebbero esserci alcuni criteri universalmente condivisi su quale sia il tipo di sistema politico a cui dovrebbero aspirare gli habitat indipendenti.

Infine, dobbiamo definire il reale processo di separazione in modo che la transizione da colonia ad habitat indipendente sia la più agevole e pacifica possibile.

 


Se non riuscissimo ad arrivare

a una secessione pacifica,

rischieremmo gli orrori
dei precedenti movimenti indipendentisti
su scala ancora più vasta...



La diversità dei sistemi politici sulla Terra rende estremamente difficile raggiungere un accordo sui tre aspetti dei criteri di secessione.

È difficile immaginare che gli Stati Uniti, un paese "democratico" e la Cina, un regime "autoritario", possano essere prontamente d'accordo sul protocollo di secessione per le future colonie spaziali:

sarebbe molto improbabile che gli Stati Uniti permetterebbero agli habitat che ispirano all'indipendenza, di diventare dei regimi autoritari illiberali, proprio come sarebbe davvero improbabile che la Cina li autorizzasse a diventare delle democrazie liberali.

E qui sta il problema:

se non riuscissimo a definire e ad attuare un protocollo di secessione consensuale all'interno di un contesto di governance che offra un percorso pacifico, rischieremmo di ripetere gli orrori dei passati movimenti indipendentisti, ma su una scala nuova e immensa.

Siamo ottimisti e immaginiamo che i primi tre problemi principali riguardanti una governance, siano stati superati nel migliore dei modi possibili.

Ora abbiamo due habitat umani indipendenti e sovrani, Terra e Venere, che si trovano su un piano reciproco di parità.

In un tale contesto, sorge la quarta e forse la più grande sfida di governance per la colonizzazione spaziale:

il problema di una governance pan-umana.

I benefici di una governance pan-umana durante l'era della colonizzazione spaziale, sono gli stessi benefici della governance globale di oggi:

quando ci sono delle regole di governance globali e idealmente sensate che abbracciano tutta l'umanità, allora cooperare, pianificare e risolvere i problemi è logicamente più facile.

Nel caso della colonizzazione spaziale, la governance pan-umana avrebbe anche l'ulteriore vantaggio di controbilanciare l'effetto centrifugo, che probabile viene creato dalle grandi distanze in termini di traiettorie culturali e morali all'interno di habitat diversi.

Non è auspicabile un futuro colonizzato in cui non esista una governance pan-umana e in cui gli habitat disparati se ne vanno ognuno per la propria strada, non da ultimo perché un simile sviluppo potrebbe aumentare il rischio di separazione totale dei diversi filoni di razza umana, con il rischio di un eventuale conflitto (Space Colonization and Suffering Risks - Reassessing the "Maxipok Rule").

A cosa potrebbe assomigliare una governance pan-umana con habitat umani indipendenti nel sistema solare (e sperabilmente oltre)?

Un buon approccio potrebbe essere quello di continuare ad usare il sistema che abbiamo ora, e provare ad estenderlo per incorporare un nuovo livello di espansione extra- terrestre.

Ciò potrebbe significare che i nostri attuali e normali livelli di politica e governance a livello locale, regionale, nazionale e internazionale verrebbero ampliati per includere qualcosa come un livello interplanetario o inter-habitat.

A livello organizzativo, potrebbe essere realizzato creando un'istituzione simile all'ONU, in cui tutti gli habitat sono rappresentati per creare insieme le politiche.

Ovviamente, l'introduzione di questo livello sovra-planetario di governance non sarebbe così banale e senza fronzoli come potrebbe suggerire la descrizione di cui sopra.

L'introduzione di nuovi livelli di governance di solito significa erodere la sovranità ai protagonisti dei livelli inferiori, e sarà quasi certamente impossibile provare a far riconciliare il livello più piccolo di sovranità, libertà individuale e capacità decisionale con il nuovo livello superiore di sovranità, ovvero la Federazione degli habitat umani.

Tuttavia, se i dati storici ci offrissero un indizio su cosa potrebbe accadere, potrebbe benissimo essere che la creazione e l'espansione dei livelli di sovranità di ordine superiore non eliminino necessariamente le sovranità di ordine inferiore. In effetti, l'adozione di livelli di sovranità di ordine superiore potrebbe comportare un guadagno netto in alcune forme di sovranità ai livelli di ordine inferiore.

Un esempio (State Sovereignty and International Human Rights) per questo effetto controintuitivo è stata la codificazione e la proliferazione (almeno formale) dell'idea riguardante i diritti umani.

Come possiamo affrontare efficacemente queste quattro sfide di governance?

Naturalmente, anche se siamo ancora lontani dall'avere delle soluzioni dettagliate per ciascuna sfida, possiamo e dovremmo iniziare a pensare delle strategie generali su come arrivare a una soluzione specifica. A mio parere, ci sono tre strategie.

La prima che chiamo "in attesa del ponte"...

Potremmo decidere di non fare nulla in particolare e lasciare che la storia faccia il suo corso, con l'idea che quando sarà il momento attraverseremo con successo il ponte in questione.

Dopo tutto, in passato ha funzionato. Questa posizione è comprensibile ed è probabilmente piuttosto prevalente.

Ad esempio, Steven Pinker, un instancabile sostenitore della scienza e della ragione, sembra rifiutare la nozione di una catastrofe esistenziale, in quanto la storia della civiltà umana è stata finora una storia di progresso, non di catastrofi. Tuttavia, l'approccio di rimanere "in attesa del ponte" è pericoloso.

Anche se, nel suo complesso, la storia dell'umanità è proseguita sempre verso il meglio, semplicemente non significa che le cose migliorino in modo uniforme.

In effetti, la governance globale è un triste esempio di ciò che segue:

le Nazioni Unite (ONU) sono state create in risposta alla seconda guerra mondiale: l'odierno ordine internazionale è la fenice che sorse dalle orribili ceneri del mostruoso conflitto.

Se adottassimo l'approccio di rimanere "in attesa del ponte", rischieremmo potenzialmente dei futuri eventi disastrosi; rischieremmo che la storia si ripeta.

E poi c'è la cosiddetta survivorship bias (distorsione della sopravvivenza)...

Sì, fino ad ora tutto è andato bene, ma questo non garantisce affatto che le cose continueranno ad andare così. Forse siamo stati solo fortunati. Ad esempio, considerando i numerosi rischi di guerra nucleare durante la Guerra Fredda, sarebbe saggio non riporre troppa fiducia nella nostra capacità di cavarcela.

La seconda strategia riguardo le soluzioni alle sfide della governance potrebbe essere etichettata col nome di incrementalismo.

Potremmo valutare l'ordine cronologico delle sfide di governance e cercare di trovare delle soluzioni in base a esso. In contrasto con la strategia del "restare in attesa", potremmo cercare di anticipare le cose prima di raggiungere il proverbiale ponte.

Questo tipo di strategia è preferibile anche perché consiste in una forma di pianificazione invece di lasciare che le cose accadano.

Se le comunità scientifiche e politiche internazionali adottassero l'incrementalismo, ci sarebbe la possibilità non solo di porre le basi per ciascuna delle pietre miliari della colonizzazione a venire, ma creeremmo degli incentivi positivi per la colonizzazione; dopo tutto, le regole per una buona governance possono incentivare un comportamento buono e desiderabile.

L'approccio all'incrementalismo non è privo di una serie di problemi.

  • In primo luogo, se speriamo che possa essere efficace, potremmo chiederci perché la politica spaziale internazionale (International Law-Making for Outer Space), che è stata per lo più perseguita seguendo l'incrementalismo sin dal Trattato sullo Spazio Extra Atmosferico del 1967, non abbia già generato dei notevoli progresso nel dominio della governance per la colonizzazione dello spazio.

    In altre parole:

se l'incrementalismo funzionasse, avrebbe già funzionato.

  • In secondo luogo, anche se potessimo ragionevolmente prevedere la cronologia generale delle sfide per la governance della colonizzazione dello spazio, non potremmo essere troppo fiduciosi sulle specifiche della timeline.

    I progressi nella colonizzazione dipendono dal progresso tecnologico e quest'ultimo non avviene in modo lineare e prevedibile.

    La nostra migliore pianificazione per ottenere delle soluzioni incrementali alle sfide per la governance della colonizzazione dello spazio, potrebbe essere disturbata da improvvise innovazioni tecnologiche.
     

La Federazione pan-umana

potrebbe decodificare
le soluzioni di governance
per le sfide che ne derivano...

 

  • La terza strategia è l'approccio di ingegneria inversa, che mira anch'esso a, pianificare in anticipo, ma in modo opposto all'incrementalismo.

    Qui si tiene conto del probabile ordine cronologico delle sfide di governance, ma il punto di partenza è l'obiettivo finale di ciò che potrebbe produrre uno sforzo riuscito di colonizzazione spaziale:

un sistema istituzionalizzato per una pacifica governance pan-umana.

La logica di questo approccio inverso consiste nel creare lo stato finale desiderato nella timeline idealizzata per la colonizzazione spaziale, e procedere a ritroso da lì.

Creare un'organizzazione che abbia l'autorità politica e la legittimità di agire come una Federazione pan-umana, significherebbe creare un ente che abbia il compito di trovare le soluzioni per i problemi tassonomicamente inferiori rispetto a quelli di una Federazione per la governance della colonizzazione spaziale.

In altre parole, la Federazione potrebbe usare l'ingegneria inversa per trovare le soluzioni alle sfide che derivano dal trovare una governance. Potrebbe dare il via da sola a una governance di successo per la colonizzazione spaziali.

Ovviamente, per un po' di tempo l'unico membro della Federazione pan-umana sarebbe la Terra, ma non sarebbe necessariamente un problema.

Se la Federazione pan-umana si basasse su una costituzione sufficientemente ragionevole e avesse un approccio adeguato alle sue procedure, le decisioni di un membro della Federazione pan-umana non saranno dannose per i futuri habitat che si creeranno al di fuori della Terra.

Al contrario:

l'atto stesso di creare una Federazione pan-umana come organizzazione politicamente legittima, sarebbe il riconoscimento delle sfide che ci attendano per la colonizzazione spaziale e la necessità di trovare soluzioni che andranno a beneficio delle future generazioni di esseri umani sulla Terra e altrove.

Creando questa Federazione proto pan-umana, riconosceremmo automaticamente il diritto delle future colonie di perseguire l'autodeterminazione e l'indipendenza.

Gli aspetti specifici della secessione e dell'indipendenza delle colonie devono ancora essere risolti, ma si potrebbe agevolarli concordando in primo luogo l'obiettivo generale a lungo termine della colonizzazione spaziale.

Come potremmo fare per creare una Federazione pan-umana? In termini pratici, stiamo parlando della creazione dell'organizzazione rappresentativa per un nuovo livello di governance sovranazionale.

Per dare vita a questo nuovo livello di realtà politica ci vuole la leadership di una o più superpotenze.

L'avvio di una Federazione pan-umana guidata dagli "Stati Uniti" (e dai paesi partner) probabilmente attirerebbe anche altri paesi, sia perché i benefici della cooperazione sono evidenti, sia perché ogni paese ha il desiderio strategico di non rimanere indietro in materia di governance per la colonizzazione dello spazio.

La creazione della Federazione pan-umana potrebbe essere "canalizzata" attraverso le Nazioni Unite...

Al di là di quello che è, l'ONU ha una ragionevole esperienza nel far riunire i paesi del mondo per lavorare sui problemi che riguardano la pan-umanità.

Ovviamente, la Federazione pan-umana non può essere una mera agenzia delle Nazioni Unite, tuttavia l'ONU potrebbe agire da balia istituzionale per assistere la nascita della Federazione pan-umana nel mondo.

C'è un ulteriore vantaggio molto importante derivante dal creare ora una Federazione pan-umana.

Una governance, per sua stessa natura, è un argomento piuttosto noioso e astratto: la maggior parte della gente non si entusiasma davanti alla prospettiva di complessi problemi politici.

Creando ora una Federazione pan-umana, per noi individui le sfide della governance diventerebbero molto più concrete e quindi più significative.

 

Si offrirebbe all'umanità qualcosa che nella nostra epoca di politica concreta è diventato raro:

un ideale.

Non un'immagine di ciò che noi come umanità siamo oggi, ma un'ispirazione per ciò che potremo essere domani.